Il Rinascimento a Ferrara con de’ Roberti e Costa

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Quale Rinascimento a Ferrara? Una nuova prospettiva per permettere una percezione più completa del clima culturale della corte estense, dalla seconda metà del Quattrocento ai primi decenni del Cinquecento, ponendo l’attenzione su due artisti Ercole de’ Roberti e Lorenzo Costa, distingue la rassegna che si è aperta in questi giorni a Ferrara nel rinnovato Palazzo dei Diamanti. La mostra fa parte di un progetto più ampio, che porta il titolo: Rinascimento a Ferrara 1471-1598 da Borso ad Alfonso II d’Este, cominciato idealmente con l’esposizione Cosmè Tura e Francesco del Cossa. L’arte a Ferrara nell’età di Borso d’Este, tenutasi a Palazzo dei Diamanti nel 2007. Il programma intende analizzare e far conoscere la vicenda storico-artistica della città nel periodo compreso tra il suo divenire ducato e il successivo passaggio sotto il diretto controllo dello Stato Pontificio. Ferrara già dagli anni Quaranta del Quattrocento è un crocevia di influssi e scambi culturali. Contatti e influenze che si spingono fino al Nord Europa, se si considera che la sua manifattura di arazzi è in continuo rapporto con le Fiandre e  diventa occasione per un soggiorno del fiammingo Roger Van der Weyden nella città. La bellezza dei manufatti, dipinti e sculture realizzati si alimentarono nel corso degli anni della conoscenza della pittura pierfrancescana e della sua limpidezza e cromaticità e fecero propria la  lezione di Donatello attraverso la scuola squarcionesca.  Non fu assente la percezione del mondo artistico lagunare, maturata  sulla  visione di  opere belliniane.

Borso D’este acquisisce  il  titolo di duca di Ferrara da  papa Paolo II nel 1471, dopo che era stato insignito nel 1452, del titolo di duca di Modena e Reggio dall’imperatore. Nella gerarchia nobiliare questo riconoscimento è fra i più elevati, essendo inferiore solo a quello di principe. Nell’Italia del Nord in quel periodo solo i Visconti e poi gli Sforza di Milano goderono del titolo ducale. Grazie al suo sviluppo dal Mare Adriatico fino  quasi al Tirreno, lo stato estense aveva acquisito  un ruolo strategico controllando buona parte delle vie che congiungevano il Nord a Roma. Gli anni del regno di Borso coincisero con la giovinezza di Ercole de’ Roberti, uno dei principali protagonisti della rassegna in corso  e che farà il suo “ingresso ufficiale” nella corte ferrarese nel 1469, affrescando  sulle pareti del Salone dei Mesi di Palazzo Schifanoia, il mese di Settembre, dove il suo stile si caratterizza, da subito, per un accentuato dinamismo e  un senso plastico non comune. In questo cantiere dove si sviluppa il nuovo linguaggio di Ercole lavorarono  Francesco del Cossa, autore dei mesi di Marzo, Aprile e Maggio, Gherardo da Vicenza e il Maestro dagli occhi spalancati, chiamato così per le fisionomie dei suoi volti. La mostra ha dunque il suo prologo ideale a Palazzo Schifanoia, dove il giovane Ercole  aveva esordito nel Salone dei Mesi  e prosegue  nelle sale della Pinacoteca Nazionale di Palazzo dei Diamanti, dove viene approfondito un itinerario tematico che analizza il contesto artistico in cui de’ Roberti e Costa si mossero.

I due protagonisti sono avvicinati nel percorso della mostra ad artisti contemporanei, “compagni di viaggio”, quali Mantegna, Cosmè Tura, Niccolò dell’Arca e Marco Zoppo. Altri come Antonio da Crevalcore, Guido Mazzoni, Boccaccio Boccaccino, Francesco Francia e Perugino costituiscono  un’occasione di dialogo e di confronto. Negli anni Settanta del Quattrocento l’artista di maggior successo a Ferrara era allora Cosmè Tura, il cui linguaggio ricercato e fantasioso, dal quale Ercole de’ Roberti trarrà ispirazione, è nell’esposizione reso visibile da due preziose tavole raffiguranti la Madonna dello Zodiaco. Francesco del Cossa e  Ercole de’ Roberti lavorarono insieme anche a Bologna al Polittico Griffoni, dove Ercole realizza la predella e poi affrescarono la cappella Garganelli della cattedrale di San Pietro. Quest’ultima impresa, apprezzata con grandi elogi anche da Michelangelo, sopravvive ora solo grazie a un bellissimo frammento con la Maddalena, nel quale ritroviamo la drammatica espressività e l’intensità delle opere  dei maestri emiliani Niccolò dell’Arca e Guido Mazzoni. Giovanni II, signore di Bologna, si rivolse a de’ Roberti per avere il proprio ritratto e quello della consorte Ginevra Sforza. Il legame con il dittico raffigurante Federico da Montefeltro e Battista Sforza, sorella naturale di Ginevra, di Piero della Francesca è chiarissimo nella luminosa geometria delle fisionomie. I ritratti che giungono in prestito da  Washington sono una delle venti opere che  i visitatori possono ammirare. Per la prima volta vengono così riuniti un numero cospicuo di lavori dell’artista permettendo di approfondire la sua carriera dagli esordi alla compiuta maturità. Dal 1486 al 1496, anno della morte, de’ Roberti fu il pittore di corte degli Este.

Dei cicli di affreschi nei palazzi e nelle residenze dei duchi nel territorio, dei  dipinti, della decorazione di oggetti e dei disegni di elementi architettonici quasi nulla si è salvato. Fanno eccezione le preziose testimonianze visibili nella rassegna, fra cui  vi sono il dittico della National Gallery di Londra, che era appartenuto alla duchessa Eleonora d’Aragona, le tavole con la Raccolta della manna e l’Istituzione dell’Eucarestia che, assieme a una terza formavano un complesso unitario, e i pannelli con Porzia e Bruto e Lucrezia, Bruto e Collatino, parte di una serie dedicata a figure esemplari di donne dell’antichità. L’altro protagonista della rassegna, Lorenzo Costa apparteneva a una famiglia di artisti: il padre e suo nonno erano  pittori e tali saranno i suoi figli e i suoi nipoti. Arriva  a Bologna nel 1483, quando in città operava ancora de’ Roberti che, all’inizio sarà il suo principale punto di riferimento, come possiamo capire osservando le Storie degli Argonauti e l’ambientazione architettonica del dipinto con La lapidazione dei vecchi. Lorenzo  è il solo che riesca a cogliere l’eleganza del linguaggio di de’ Roberti e la sviluppi in termini più nuovi per il suo tempo. Con il ritorno di quest’ultimo a Ferrara nel 1486, Costa  subentra a lui  presso committenti importanti, come i Bentivoglio a Bologna. Nel 1492 dipinge la grande pala per la famiglia Rossi dove la lezione ricevuta da Ercole si unisce all’evocazione della maestria di Giovanni Bellini. Tale dipinto è stato cos’ valutato da Vasari: «la quale opera è la migliore e di più dolce maniera di qual si voglia altra che costui facesse già mai».  Accanto a essa in mostra potremmo vedere  alcuni capolavori “da stanza”, nei quali unisce dolcezza e precisione come l’Adorazione del Bambino di Lione, la Madonna col Bambino di Philadelphia e il San Sebastiano degli Uffizi.

Nell’ultimo decennio del Quattrocento Lorenzo matura una sua personale interpretazione del classicismo come dimostra il Ritratto di Giovanni II Bentivoglio, il signore di Bologna che al maestro ferrarese si rivolse  anche per ornare la cappella di famiglia nella chiesa di San Giacomo. Nel percorso della mostra si riconoscono le due tendenze dell’artista  che in parte sono contrastanti. Da un lato  la pala per la chiesa di Santa Tecla  del 1496 che nelle sue linee  sembra segnare un avvicinamento definitivo all’arte centroitaliana e dall’altra, un  dipinto d’altare per la famiglia Ghedini, realizzato l’anno successivo, dove invece si mostra ancora legato all’esuberante ornamentazione  di de’ Roberti.  Nel 1496, alla morte di Ercole, i duchi d’Este assumono come nuovo pittore di corte, Boccaccio Boccaccino. A Bologna la personalità di Francesco Francia veniva tenuta in grande considerazione e verso il 1500 giungeva in città una pala del Perugino. Questi   due artisti, secondo  Vasari, sono i primi esponenti della “terza maniera”, ovvero dello stile del pieno Rinascimento. Nel 1499 Costa lavora con Francia per la pala commissionata dai Bentivoglio per Santa Maria della Misericordia e affresca di seguito con Boccaccino gli affreschi, ora perduti, dell’abside del duomo di Ferrara, rivelandosi capace di aggiornarsi alle nuove sensibilità, pur mantenendo la sua autonomia stilistica. Dopo la cacciata dei Bentivoglio da Bologna nel 1506 e la sua stessa fuga dalla città, egli vi ritorna alla vigilia del Natale dello stesso anno, per ricevere il saldo dell’Assunzione della Vergine per la chiesa di San Martino, ultima opera eseguita in Emilia, sormontata dalla cimasa con il Cristo risorto esposta in mostra. In questi anni realizza capolavori di nitido e pacato classicismo come la pala con lo Sposalizio della Vergine, la luminosa Sacra famiglia di Toledo e il magnetico Cristo alla colonna della Galleria Borghese.

Diventato pittore di corte presso i Gonzaga a Mantova nelle opere di quel periodo mostra di essersi aggiornato sulle novità di Leonardo e Correggio.  Sono andati perduti i grandi cicli nei palazzi gonzagheschi, vi sono quindi  poche ma esemplari testimonianze dei quasi trent’anni trascorsi in Lombardia. Tra le opere rimaste  si possono ammirare capisaldi di questo periodo, come la Venere, la Veronica del Louvre, il Ritratto di cardinale di Minneapolis che torna in Italia dopo più di duecento anni e la pala eseguita nel 1525 per la chiesa di San Silvestro, dove dieci anni più tardi il maestro ferrarese sarebbe stato sepolto. La mostra che ha la curatela di Vittorio Sgarbi e Michele Danieli, è organizzata da Fondazione Ferrara Arte e Servizio Musei d’Arte del Comune di Ferrara in collaborazione con la Direzione Generale Musei e Direzione Generale Archeologia, Belle Arti e Paesaggio del Ministero della Cultura e ha  il patrocinio del Ministero della Cultura  e Regione Emilia-Romagna. Rimarrà aperta fino al 19 giugno 2023.

Patrizia Lazzarin, 21 febbraio 2023

 

 

 

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Sinfonia dei morti, “un’elegia sul valore della vita”

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“Una persona finché non legge delle storie non può capire il senso della vita” è la frase densa di sfumature e variazioni musicali che rileggono la sensibilità umana e che il protagonista Aidin pronuncia nel romanzo dello scrittore iraniano Abbas Maroufi, dal titolo Sinfonia dei morti che viene pubblicato in questi giorni da Francesco Brioschi Editore. Sinfonie di voci che appartengono a donne e uomini molto diversi che nel loro alternarsi e nel testimoniare dolori e gioie delle loro esistenze rivelano la forza e la bellezza della poesia e la sua capacita di catturare i significati essenziali. Il paesaggio bianco di neve nella città di Ardabil, nel nord dell’Iran, è lo scenario naturale  dove si  muove il fratello del poeta Aidin, Urhan Urkhani, che come Caino è intenzionato a uccidere.

Ghiaccio e neve riempiono le strade, coprono case e terreni rendendo quasi tutto uguale mentre si confondono i colori del  cielo e della terra. Nella narrazione presente e passato si rincorrono  e si rivelano le anime sensibili della sorella Aida, di Sormeh e il dolore urlato e silenzioso della madre. Siamo nel 1982, quando in Iran un fatto cruento di cronaca nera che riecheggia così nelle pagine dei giornali: uccide il fratello per trentaquattro toman, colpisce  un giovane professore di liceo, Abbas Maroufi e da qui egli matura l’idea per il suo primo romanzo edito nel 1989 e diventato uno dei libri di maggior successo dell’Iran postrivoluzionario. Cinquantasei ristampe ufficiali e tantissime copie pirata nel mercato nero hanno convinto l’attuale editore a segnare le originali con un ologramma.

Il favore di pubblico e di critica nel suo paese è testimoniato,  come racconta il traduttore del testo in italiano, Giacomo Longhi, dal fatto che Simin Daneshvar, la decana della letteratura persiana del Novecento, dopo averlo letto regalerà a Maroufi la penna del suo defunto marito, Jalal Al-e Ahmad, uno tra i più importanti intellettuali dell’epoca della dinastia Pahlavi, accompagnandola con le seguenti parole: “Ad Abbas Maroufi per aver composto questa Sinfonia. E perché so che lui non si venderà mai a nessuno, né venderà la sua penna”. L’archetipo del fratricidio che ritroviamo nella cultura persiana dalla storia coranica di Caino e Abele fino all’uccisione di Rostam da parte di Shaghad nel Libro dei re di Ferdusi è riletto in chiave moderna da Abbas Maroufi per farci comprendere la realtà dell’Iran nei momenti cruciali del Novecento, dalla rivoluzione costituzionale al colpo di stato contro Mossadeq fino alla Rivoluzione del 1979. Il linguaggio sperimentale dell’autore si arricchisce della conoscenza della letteratura sudamericana dove il reale si mescola e si unisce al sogno e alla magia, ma anche di quella statunitense. Secondo il parere di numerosi critici si sentono gli influssi dell’opera L’Urlo e il furore di William Faulkner.

La vita raccontata nel romanzo fa da specchio a quella dello scrittore. Il libro ci fa comprendere attraverso le figure del poliziotto Ayaz, ma anche di quella di Urhan e del padre, l’ambiente conservatore e tradizionalista dell’Iran che vuole impedire ai giovani l’anelito verso la libertà e la modernità. Il giovane Aidin lotta per i suoi sogni, gli bruciano i suoi libri e lui lavora in condizioni difficili per poterli riacquistare. Due anni dopo la pubblicazione del suo libro Sinfonia, Maroufi è vittima di una campagna denigratoria in cui lo si accusa di aver offeso la religione, il clero e la guida suprema e viene condannato a morte. Per un evento fortuito, il fatto che il futuro ottavo presidente dell’Iran avesse trovato il suo libro fra quelli di un influente religioso,  il suo caso viene trasferito alla corte che si occupa degli organi di stampa e viene assolto. Il giro di vite contro gli intellettuali che ha inizio a fine degli anni Ottanta del Novecento si ripete nel 1996. Maroufi viene condannato allora a due anni di carcere, alla fustigazione e i suoi libri vengono messi al bando. Fortunatamente Günter Strass, l’editore tedesco del romanzo, riesce a farlo giungere a Francoforte. In seguito egli si trasferirà a Berlino con la famiglia e qui nel 2003 inaugurerà la Casa delle arti e della letteratura Hedayat che diventa un punto di riferimento per tutti gli intellettuali e scrittori iraniani in esilio. Riuscirà a far rivivere anche la sua casa editrice Gardun che stamperà più di trecento libri colpiti dalla censura in Iran. Grazie tuttavia all’impegno di un altro editore Qoqnus, il romanzo è tornato nel 2001 nelle librerie iraniane. I colori e i sapori di un Iran, di ieri e oggi riaffiorano nelle pagine di questo suggestivo romanzo che appartiene alla collana Gli Altri della casa Brioschi Editore. Una collana che ci avvicina alla voce narrante originale di autori dei paesi arabi, iraniani, russi, turchi e africani.

Patrizia Lazzarin, 19 febbraio 2023

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Uno sguardo sul mondo dell'editoria per bambini e ragazzi

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Nel 2022 più di un libro su cinque venduto nelle librerie fisiche, online e grande distribuzione è stato destinato a bambini e ragazzi. Lo scorso anno il mercato dei libri per queste fasce d’età in Italia è stato pari 268,4 milioni di euro. Se aggiungiamo anche i fumetti si arriva a un valore  di 283 milioni che, In termini di copie, significa di 23 milioni di libri venduti.

Con questi dati che confermano la centralità del settore per l’editoria italiana, l’Associazione Italiana Editori si presenta alla Bologna Children’s Book Fair,  che quest’anno si svolge dal 6 al 9 marzo, con un cartello di iniziative e di incontri assai curiosi e interessanti.

L’internazionalizzazione dell’editoria italiana e l’educazione alla lettura dei più giovani sono al centro della nostra missione associativa – ha spiegato il presidente di AIE e della Federazione europea degli Editori, Ricardo Franco Levi – e per questo la nostra collaborazione con Bologna Children’s Book Fair, una eccellenza italiana, cresce anno dopo anno. A Bologna presenteremo sia i nuovi dati della lettura dei più giovani, così importanti per impostare il lavoro su queste fasce d’età, sia l’indagine sull’impatto della presenza dei libri nei nidi, possibile grazie al progetto con Fondazione Cariplo, e concentrato su una fascia d’età poco conosciuta ma con grande potenziale per il nostro settore. Come presidente inoltre, sono fiero di presentare a Bologna il progetto per la distribuzione in Europa di libri bilingue per i giovani rifugiati ucraini, un bellissimo esempio di cosa possiamo fare, come professionisti del libro, per la promozione della pace e del libero confronto tra popoli”.

Anche quest’anno, inoltre, ci sarà la premiazione del BOP, il premio internazionale Bologna Prize for the Best Children’s Publishers of the year, organizzato dalla Bologna Children’s Book Fair e AIE, in collaborazione con IPA - International Publishers Association.

Il cartellone degli appuntamenti comincia il 6 marzo dalle 10.30 alle 11.15, al BBPlus Theatre, con l’incontro Accessible illustrated books and where to find them, organizzato da LIA – Libri italiani accessibili nell’ambito di Aldus Up, programma finanziato dall’Unione Europa e che affronterà il tema di come rendere accessibili diverse tipologie di libri illustrati.

Si prosegue sempre nella stessa giornata, dalle 11.30 alle 12.45 al BBPlus Theatre con The Italian Book Market: facts & figures, la presentazione dei numeri del mercato editoriale italiano agli operatori stranieri. Quest’anno si  prevede anche un breve approfondimento sul mercato editoriale della Grecia, paese ospite d’onore alla Fiera.

Tales of EUkraine: Sharing Stories, il progetto della FEP e dell’Istituto ucraino del libro, finanziato da Europa Creativa e di cui AIE è partner, per la distribuzione ai giovani rifugiati in Europa di libri ucraini in versione bilingue (ucraino e lingua del paese ospitante), sarà presentato il 6 marzo dalle 15.00 alle 15.45 sempre al BBPlus Theatre, in collaborazione con Bologna Children’s Book Fair e BBPlus.

Dalle 14.00 alle 16.00  in Sala Suite, a cura di AIE e Fondazione Cariplo, verrà resa nota la ricerca La lettura dei piccolissimi. L’impatto dei libri nei nidi con #ioleggoperchéLAB-NIDI. In collaborazione con Bologna Children’s Book Fair, Università di Bologna e Nati per Leggere, la ricerca studia l’effetto - in termini di stimolo indotto sugli educatori - dell’arrivo di nuovi libri donati da editori e cittadini in occasione di #ioleggoperché, e delle attività da ciò maturate nei nidi.  Il 7 marzo dalle 9.45 alle 11.15, in Sala Suite, a cura di AIE nell’ambito di Aldus Up, verrà commentata la ricerca: La lettura in Italia da 0 a 14 anni, un modulo di approfondimento realizzato ogni due anni nell’ambito dell’Osservatorio AIE sulla lettura e i consumi culturali e che si propone di indagare quanto e come leggono i bambini e i ragazzi in Italia. Verranno mostrati i dati delle rilevazioni eseguite a febbraio 2023.

Per concludere Il 9 marzo dalle 12.00 alle 12.50 al Caffè Illustratori si tiene l’incontro I mestieri del fumetto: come presentare il portfolio, a cura della Commissione Comics & Graphic Novels di AIE in collaborazione con Lucca Comics & Games nell’ambito di Aldus Up. L’appuntamento fa parte di una serie organizzata per esplorare le professioni editoriali legati al genere fumetto.

Sempre in tema fumetti, infine, approda e verrà esposta a Bologna, dopo aver fatto tappa al Salon du Livre de Montréal e alla Taipei International Book Fair, la mostra: A dive into the sea of new Italian comics, 2019-22. L’esposizione, curata da Marco Pellitteri e composta da una selezione di alcuni dei fumetti più significativi pubblicati negli ultimi anni da venticinque case editrici italiane, è realizzata da Bologna Children’s Book Fair in collaborazione con la Commissione Comics & Graphic Novels di AIE e con il sostegno di ICE - Agenzia e del Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale.

Patrizia Lazzarin, 18 febbraio 2023

 

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