Bob Dylan al Maxxi di Roma

Bob Dylan al Maxxi di Roma

Blues, ballate, canzoni di Bob Dylan sono patrimonio comune di intere generazioni. Joan Baez, l’altra cantante folk che divise con Dylan l’idolatria delle larghe minoranze, disse: “Bob esprime ciò che io e molti altri giovani sentiamo, ciò che vogliamo dire. Di solito le canzoni di protesta contro la bomba, contro il pregiudizio razziale e contro il conformismo sono stupide, prive di bellezza, ma le canzoni di Bob sono forti come poesia e forti come musica. E, Dio mio, come sa cantare”! Insieme agli adolescenti, lo applaudirono gli intellettuali che allora si chiamavano hip. Allen Ginsberg, il poeta che negli anni ‘50 aveva portato la poesia dalla campagna agli agglomerati urbani disse: “scrive una poesia migliore di quella che scrivevo io alla sua età. É un genio menestrello dell’età spaziale piuttosto che un vecchio poeta da biblioteca”. Diventa estremamente intrigante e curiosa la mostra che si è aperta in questo mese al MAXXI di Roma dedicata a Bob Dylan e che indaga un aspetto poco conosciuto del suo genio creativo.

Retrospectrum, a cura di Shai Baitel, è la prima retrospettiva in Europa dedicata alle opere di arte visiva di una delle più importanti icone della cultura contemporanea. Dopo essere stata al MAM di Shanghai e al Patricia & Phillip Frost Art Museum di Miami, la rassegna approda a Roma in una versione completamente ripensata per interagire con gli spazi all’avanguardia del MAXXI di Zaha Hadid. Sono esposte oltre 100 opere tra dipinti, acquerelli, disegni a inchiostro e grafite, sculture in metallo e materiale video che spaziano fra oltre 50 anni della sua attività. Dice lo stesso Dylan: “È molto gratificante sapere che le mie opere visive siano esposte al MAXXI, a Roma: un museo davvero speciale in una delle città più belle e stimolanti del mondo. Questa mostra vuole offrire punti di vista diversi che esaminano la condizione umana ed esplorano quei misteri della vita che continuano a lasciarci perplessi. È molto diversa dalla mia musica, naturalmente, ma ha lo stesso intento”.

Le sue opere d’arte visiva raccontano, come egli scrive nel catalogo edito da Skira: “il paesaggio americano come lo si vede attraversando il paese. Restando fuori dalle grandi arterie e percorrendo solo strade secondarie, in totale libertà”. Grandi metropoli, paesaggi brulli e sterminati, binari ferroviari, strade aperte, automobili, camion, pompe di benzina, motel, baracche, bar, negozi, cortili, cartelloni pubblicitari, insegne al neon: come nelle sue canzoni e nelle sue poesie, anche nei suoi dipinti Dylan rende poetica l’America più profonda. “Scelgo le immagini per ciò che significano per me – scrive -. Questi dipinti hanno il realismo dell’istante, arcaico, statico perlopiù, ma comunque percorso da un fremito. Sono il mondo che vedo o che scelgo di vedere, di cui faccio parte o in cui entro”. Con le sue rappresentazioni, dalla grande metropoli alle desolate distese attraversate da strade senza confini, Dylan evoca una visione profondamente americana. I suoi innumerevoli viaggi si traducono non solo in esperienza personale, ma anche in occasione per  raccontare, con le parole e con il disegno, il paesaggio americano e le vite dei suoi abitanti.

L’esposizione si chiude con la serie delle sculture in ferro, strutture funzionali composte da oggetti e attrezzi convertiti a nuovo uso e che richiamano, insieme al ricordo dell’infanzia di Dylan trascorsa nella zona mineraria del Nord del Minnesota, anche il passato industriale degli Stati Uniti. Il percorso di mostra si articola in otto sezioni che ripercorrono il viaggio dell’autore nelle arti visive e, al contempo, ci fanno entrare in contatto con la sua creatività di musicista, poeta e artista: Early Works, The Beaten Path, Mondo Scripto, Revisionist, The Drawn Blank, New Orleans, Deep Focus, Ironworks. Mondo Scripto presenta alcuni dei testi più noti di Dylan, trascritti personalmente dall’artista e accompagnati dai suoi disegni a grafite. Queste combinazioni di parole e immagini sottolineano il legame profondo e diretto tra la sua arte visiva e le sue composizioni scritte e illustrano  quel dialogo fra immagine e testo, passato e presente che ha cambiato il rapporto tra musica e parole.

New Orleans è la serie che immortala il legame tra Dylan e New Orleans, città natale del jazz, situata all'estremità meridionale della Route 61, una delle strade più famose d'America, nota anche come "The Blues Highway", la strada del blues  che attraversa da nord a sud la sezione centrale degli Stati Uniti, passando per i luoghi dell’infanzia di Dylan. I gesti e le abitudini dei suoi cittadini sono per lui fonte di ispirazione che si traduce, sulla tela, in scene di vita quotidiana dove viene privilegiato uno sguardo capace di creare una certa intimità tra i soggetti ritratti e chi li osserva.Il curatore Shai Baitel spiega: “Questa mostra, che abbraccia tutta la carriera di Bob Dylan, presenta il suo approccio unico all'arte visiva e la sua padronanza della pittura, del disegno e della scultura. Offre l'opportunità unica di vedere il viaggio creativo di Dylan attraverso il tempo e i luoghi, tra cui la scalinata di Piazza di Spagna, immortalata nell'opera Quando dipingo il mio capolavoro”. Verrà donata al MAXXI un’opera dell’artista che arricchirà la collezione pubblica del museo. L’opera è nata intorno alla celebre canzone del 1965: Subterranean Homesick Blues che comprende il primo video musicale della storia. Nel video, Dylan fa cadere al ritmo della musica una serie di fogli con il testo della canzone, scritti la sera prima da un gruppo di amici fra cui Allen Ginsberg, riconoscibile nel film. Nel 2018, Dylan ha riscritto questi testi su 64 cartelli, allestiti a comporre una parete di fianco allo schermo. Subterranean Homesick Blues Series unisce così arti visive, parole e musica. La rassegna sarà visibile fino al 30 aprile 2023.

Patrizia Lazzarin, 29 dicembre 2022

Newsletter

. . . .