Lontano e Vicino. L’arte della preistoria.

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Essa sembra sortire già matura dal nulla. Mancano i reperti che dimostrano lo svolgersi della  lunga evoluzione dell’arte preistorica perché la maggior parte di essa è stata eseguita su supporti deperibili come corteccia di alberi, legno e pelli o pareti esposte alle intemperie. All’inizio  nasce dal bisogno di proclamare il possesso di un territorio: impronte di mani umane al pari di unghiate dell’orso. In seguito i cacciatori arcaici del paleolitico superiore, nelle loro raffigurazioni, cominciano con un’aura  quasi magica a prefigurare lo scontro con l’animale e  a pensare  in questo modo di garantirsi la vittoria.

Quando nel neolitico  i cacciatori si trasformarono in coltivatori, le tecniche e la cultura della caccia decaddero.  L’arte rupestre si ridusse per scomparire con l’acquisizione della scrittura. Il linguaggio visuale delle pitture rupestri appare per noi  una forma di comunicazione pregrafica che costituisce il più prezioso archivio della storia degli albori della comunità.

In essa mancano i paesaggi, ma si trovano delle composizioni topografiche: recinti di animali, “mappe” di villaggi e più tardi di città. In Valcamonica ve ne sono parecchie. Esse costituiscono le più antiche mappe conosciute in Europa.

Nell’arte preistorica si distinguono  alcune particolarità. Sono  rari infatti i ritratti personalizzati, le piante, i  frutti e i fiori. Nei gruppi dipinti con grandi figure di animali  compaiono rare figure umane e al contrario troviamo più esseri umani assieme a piccoli animali. Gli animali predominanti sono il bisonte - cavallo in Europa e l’elefante - giraffa in Africa.

La grande arte nasce  quindi con il paleolitico superiore. Dove la troviamo? La prima tappa è l’Africa, a sud del Sahara e in Tanzania. Nel nord di questo continente pitture e incisioni rupestri si trovano sulle pareti all’aperto, ai piedi dei massicci Tibesti e Tassili, oggi dispersi in vasti deserti. In Europa, dove l’avrebbe introdotta l’homo sapiens proveniente dal continente africano, ci sono 200 grotte e ripari con arte paleolitica noti, di cui 120 in Francia e 55 in Spagna. L’arte parietale è infatti limitata alle regioni ricche di grotte come l’area franco – cantabrica con 123 siti su un totale di 130. Pochi siti esistono  in Italia, Portogallo, Romania e Russia.

All’inizio si ebbero rappresentazioni sessuali realistiche e profili di animali profondamente incisi. Nel dipingere gli uomini di quel tempo usavano ocre di varie tonalità: gialla rossa e violetta assieme al  nero di biossido di manganese.  I colori venivano stemperati in grassi e distesi con le dita, bacchette o altro.

 In Anatolia l’arte naturalistica iniziò presto facendo risalire lo stile sub naturalistico di Karain e Okuzini  a prima del 12.000 a.C.

In Africa ai raccoglitori arcaici seguirono raccoglitori arcaici di frutti spontanei con rappresentazione di umani danzanti, rami, frutti e foglie,  nella fase degli “spiriti”, dal 12.000 al 6.000 a. C. In Europa, soprattutto nel Levante spagnolo e in Italia si sviluppò uno stile naturalistico statico con grandi animali di derivazione africana. In Scandinavia e in Siberia agli animali si aggiunsero i navigli fluviali. In Australia scopriamo le culture “Sidney”,  nei millenni 8000 – 1000 a.C. con i disegni di copulazioni idealizzate.

Nel periodo neolitico, con la coltivazione della terra, migliorò la socialità e ovunque tranne in Australia, l’arte parietale decadde poiché era terminata la sua funzione comunicativa. Tuttavia i suoi stilemi non andarono persi e passarono nell’arte vascolare.

I graffiti più recenti rappresentano cani, mucche, capre e pecore  e questo si fa risalire a quando i raccoglitori e i cacciatori cedettero il posto ai pastori. Fase  a cui risalgono anche le pitture policrome di Tassili del 3000 a. C. Ancora più recenti sono le immagini di cammelli e cavalli con iscrizioni libiche – berbere. In Egitto i graffiti più antichi avevano uno stile naturalistico e mostravano natanti fluviali. Qui nell’8000 a. C. nel periodo calcolitico, ossia del rame,  avvenne l’inizio della grande arte egizia.

Patrizia Lazzarin, 5 maggio 2024

                                                                 

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Un inedito Rothko su carta ad Oslo, in Norvegia

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Mark Rothko è un famoso artista del XX secolo,  particolarmente noto per essere stato uno dei maggiori  esponenti dell'espressionismo astratto, un movimento artistico che emerse negli Stati Uniti dopo la seconda guerra mondiale. Egli nacque il 25 settembre 1903 a Dvinsk, nell'Impero Russo, oggi Daugavpils, in Lettonia, e morì il 25 febbraio 1970 a New York.

Le sue opere sono conservate nei musei di tutto il mondo, anche se i principali capolavori si trovano negli Stati Uniti. Il lavoro di Rothko ha subito diverse fasi durante la sua carriera, ma è meglio conosciuto per le sue opere degli anni '50 e '60, caratterizzate da campi di colore intensi e vibranti.

Dal 16 maggio al 22 settembre 2024 la rassegna Mark Rothko. Paintings on Paper aprirà al National Museum di Oslo con oltre 80 dipinti su carta che seguiranno lo sviluppo dell’artista dalle prime opere figurative ai suoi ultimi lavori passando attraverso i celebri dipinti a colori. Sarà la prima grande mostra di Mark Rothko nella regione nordica e presenterà un aspetto meno familiare della produzione del pittore statunitense di origine ebraico-lettone: i dipinti su carta.

Nelle sue creazioni l’artista era ispirato dalla sua filosofia personale e dalle sue riflessioni spirituali. “Mi interessa solo esprimere emozioni umane fondamentali – la tragedia, l’estasi, il destino – e il fatto che molta gente crolli o pianga quando si trova di fronte ai miei quadri mostra che comunico queste emozioni fondamentali. La gente che piange di fronte ai miei quadri vive la stessa esperienza religiosa che ho vissuto io …”

La produzione di Mark Rothko occupa una posizione a sé stante nell’ambito della produzione americana degli anni Cinquanta. Non è simile all’action painting di Pollock, de Kooning, Kline, né alla pittura purista di Barnett Newman (1905 -1970) e di Ad Reinhardt (1913 -1967), ai quali ultimi è tuttavia avvicinabile per la scelta dei color fields. La sua esperienza si colloca forse tra i due estremi, avendo in comune con l’action painting  di Pollock e con l’astrazione di Newman e Reinhardt, un’attenzione al sublime di derivazione romantica.

Egli accarezza la superficie delle sue tele con pennellate morbide, facendo emergere il colore senza bloccarlo in rigidi confini. L’intensità emozionale si rivela nei margini sbavati, in cui un colore cede all’altro con la fluidità propria degli stati d’animo.

Nonostante sia conosciuto per i suoi grandi dipinti astratti su tela, Mark Rothko produsse un migliaio di opere su carta. Queste opere  rivelano un aspetto importante e inedito della sua arte. Il percorso a Oslo, organizzato in collaborazione con la National Gallery of Art di Washington, permette di spaziare dai paesaggi ai ritratti fino ai progetti surrealisti e alle caratteristiche opere rettangolari a campi di colore.

“Rothko - ricorda il curatore Øystein Ustvedt - proveniva da una famiglia ebrea e subì presto la persecuzione e successivamente l'alienazione quando la sua famiglia emigrò dall'attuale Lettonia negli Stati Uniti. Da lontano assistette all'Olocausto. Ciò che emerse da questo background furono dipinti astratti carichi di sentimenti, atmosfere e stati emotivi come il dolore e la tragedia. Questo è ciò che rende i suoi dipinti espressivi in modo indescrivibilmente bello”.

Molti dei suoi lavori sono stati pensati per essere esposti in ambienti silenziosi e contemplativi, incoraggiando lo spettatore a immergersi completamente nell'esperienza visiva.

“Rothko - afferma Karianne Ommundsen, Curator Education al National Museum - voleva essere intimo e umano e comunicare direttamente con lo spettatore. Nell'incontro con i suoi dipinti bisogna trascorrere del tempo davanti ad essi per percepirne tutto l'effetto. Si tratta di opere che hanno una capacità unica di evocare emozioni potenti e affinità”.

Nel 1968, dopo aver subito un infarto, Rothko  iniziò a lavorare con materiali e formati meno impegnativi, aumentando in questo modo la sua produzione di dipinti su carta. Alcune opere di questo periodo ci mostrano una tavolozza cupa dominata dal nero, dal marrone e dal grigio. Furono interpretati come  un presagio del suicidio che sarebbe avvenuto nel 1970. Eppure, in molti dei suoi ultimi lavori, l'artista fa ricorso anche a toni vivaci di viola, rosa e blu che complicano la nostra percezione dei suoi ultimi anni, un periodo che la rassegna approfondisce.

La notorietà di Rothko è stata alimentata anche dalle sue numerose commissioni per opere d'arte pubbliche, tra cui una serie di murales per il Four Seasons Restaurant nel Seagram Building a New York City. Questi lavori, insieme alle sue opere più famose, lo hanno reso una figura iconica nell'arte contemporanea.

Patrizia Lazzarin, 27 aprile 2024

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Una movida Bàrbara di Ouka Leele

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Una movida Bárbara, realizzata per il Museo di Roma in Trastevere, offre un viaggio attraverso la lunga carriera,  dal 1978 al 2014,  dell’artista madrilena  Ouka Leele (Madrid 1957-2022). Si comincia  dalle fotografie con cui ha allestito la sua prima mostra a Madrid, Peluquería (Parrucchiere), fino all'ultima serie realizzata nelle Asturie nel 2014, A donde la luz me lleve (Ovunque mi porti la luce).

Ideata con l’intento di proseguire la rassegna dei fotografi spagnoli attivi nell’ambito della “movida madrileña” degli anni Ottanta, in continuità con quella di Miguel Trillo già ospitata presso lo stesso Museo, l’esposizione  è promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali ed è  organizzata dall'Ufficio Culturale dell'Ambasciata di Spagna e Caravan. Ha la curatela  di  María Rosenfeldt, figlia di Ouka Leele,  e Silvia Oviaño.

Ricordiamo che la Movida madrileña fu un movimento sociale ed artistico che ebbe inizio  a Madrid, in puerta del Sol, dopo la  fine della dittatura di Franco. Si sviluppò durante i primi anni della Transizione spagnola e durò per tutti gli anni ottanta e oltre, arrivando in molte altre città della  Spagna.  Movida faceva proprie ideologie libertarie  e di sinistra. Esponenti di tale movimento furono, tra gli altri,  in ambito musicale, Joaquin SabinaAlberto Garcia Alix  nella fotografia e  Pedro Almodovar nel cinema.

Ospitata dal museo di Roma in Trastevere fino al 7 luglio 2024, la prima esposizione personale di Ouka Leele in Italia comprende non solo fotografie, ma anche parte della produzione pittorica, come le serie Floreale e El Cantar de los Cantares(Il Cantico dei cantici). In mostra potremmo ammirare circa 100 opere di diverse dimensioni, formati e tecniche, insieme a  materiale documentario, prove di stampa, cataloghi, manifesti e materiale di merchandising prodotto con le sue immagini.

La mostra comprende anche  Menina Liberada (Menina liberata), l'unica opera di una fotografa donna esposta in modo permanente al Museo del Prado e rappresenta uno sguardo panoramico sulla carriera di un'artista, tanto prolifica quanto inclassificabile, che fin da giovanissima è stata una risorsa essenziale dell'arte contemporanea spagnola contribuendo in modo decisivo a collocare la fotografia tra i linguaggi della modernità.

Nel marzo del 1980 comparvero per le strade del centro di Madrid dei piccoli adesivi gialli con la scritta "Finalmente a Madrid le fotografie di Ouka Leele, dal 6 al 29 marzo presso la Galería Redor". Era la prima volta che Bárbara Allende, che poi avrebbe cambiato il suo nome artistico in Ouka Leele, esponeva nella capitale spagnola. Completamente sconosciuta in città, e con alle spalle una sola mostra a Barcellona, si presentò come l'artista più attesa del momento.

Non ci volle molto perché lo diventasse e, nel 1987 il Museo d'Arte Contemporanea organizzò la sua prima retrospettiva. Il suo lavoro suscitava grande interesse in un pubblico desideroso di tutto ciò che rappresentasse una rottura con i codici artistici di un Paese che usciva da quattro decenni di dittatura.

Nel corso della sua carriera Ouka Leele ha mantenuto la stessa ingenuità, freschezza e capacità di provocare con cui aveva inaugurato la prima mostra a Madrid indossando un maialino in testa. Sebbene sia conosciuta come la fotografa della Movida, e sia stata sempre circondata da artisti dell'epoca, come Ceseepe, el Hortelano e Alberto García-Alíx, il suo stile ruppe con le altre visioni contemporanee.

Appassionata di pittura, divenne nota per l'uso della fotografia in bianco e nero che illuminava con una grande varietà di colori,  a volte più forti, a volte più tenui. Tramite questa tecnica univa le sue competenze di pittrice e fotografa e contribuì a elevare la fotografia, ancora considerata un'arte minore in Spagna, al livello delle grandi opere pittoriche che tante volte aveva visitato al Museo del Prado.

Ouka Leele creò la "mistica domestica" trasformando oggetti di uso quotidiano come un ferro da stiro o un rasoio nel centro dell’opera e forgiò uno stile proprio caratterizzato dalla messa in scena delle sue opere e dalla libertà creativa con cui risolveva ogni progetto, sia che si trattasse di una serie di dipinti floreali, di ritratti fotografici o di murales che di illustrazioni per libri, di manifesti istituzionali o di libri di poesie. Nel 2005 ricevette il più alto riconoscimento artistico, il Premio Nazionale di Fotografia, e negli ultimi anni si dedicò principalmente alla pittura.

Fino  20 ottobre 2024  sempre il Museo di Roma in Trastevere ospiterà la mostra dedicata a Dino Ignani e al suo sguardo sulla movida romana degli anni ’80, aprendo un ideale confronto tra i movimenti culturali di quegli anni in Italia e Spagna.

I servizi museali  delle rassegne sono di Zètema Progetto Cultura.

Patrizia Lazzarin, 26 aprile 2024

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