Vedere la musica

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Il ritmo del tempo è cadenzato dentro la tavolozza dei colori, lungo le linee che diventano sinuoso arabesco o solide forme per catturare il genio della creatività o ancora meglio, il mistero dello svolgersi della vita. VEDERE LA MUSICA, L’ARTE DAL SIMBOLISMO ALLE AVANGUARDIE è il titolo della rassegna che sarà visitabile nella sale di Palazzo Roverella, a Rovigo, da lunedì 26 aprile al 4 luglio 2021, promossa dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, con la partecipazione istituzionale del Comune di Rovigo e dell’Accademia dei Concordi. Il curatore dell’esposizione Paolo Bolpagni fornisce una sintetica, ma efficace riflessione del progetto, nelle prime pagine del catalogo della mostra, edito da SilvanaEditoriale, dove emerge l’intento di  far scoprire i  molteplici rimandi al mondo musicale presenti nelle arti visive europee in un arco di tempo compreso  fra il 1880 e il 1940 circa, nonché le parentele e le comunanze estetiche, talora i paralleli sviluppi delle due sfere espressive e disciplinari. In ogni periodo storico le correnti o ideologie  hanno saputo cogliere e combinare sfumature di suoni, luci e colori e letture del mondo sensibile. Compositori come Richard Wagner, Sebastian Bach, Ludwig Beethoven li possiamo trovare “citati” o meglio si legano  in diversa maniera alle arti figurative. Beethoven fu il soggetto iconografico  preferito di molti artisti e Wagner ispirò una vera corrente artistica, fra gli anni ottanta dell’Ottocento e lo scoppio della Prima Guerra Mondiale, che favorì la traduzione  dei drammi del musicista tedesco  in quadri, stampe, incisioni e sculture. L’armonia dei contrappunti di Bach, a partire dal primo decennio del Novecento, diventerà la guida ideale di artisti come Vasilij Kandinskij, Paul Klee e Félix Del Marle nel loro percorso verso l’astrattismo. Accanto a loro: Gluck,  Schubert, Mendelssohn, Chopin, Brahms, Verdi, Boito, Musorgskij, Debussy, Ravel, Puccini, Busoni e Stravinskij sono gli altri musicisti a cui pittori, scultori, incisori e cartellonisti attinsero in maniera diversa per le loro creazioni. Il suono delle Immagini. La musica nell’arte del XX secolo è stata la prima grande antologica, curata nel 1985 da Karin von Mauer, alla Staatsgalerie di Stoccarda   che si è occupata “dei rapporti fra arte figurativa e musica in maniera ampia e complessiva”, specifica Bolpagni. La rassegna a Palazzo Roverella con le sue 160 opere in mostra, dalla stagione simbolista alle creazioni delle avanguardie storiche, dal Cubismo al Surrealismo, permette  una visione  nuova e più capillare delle relazioni esistenti fra queste due discipline. Si possono scegliere fra alcuni autori e opere  che la mostra comprende,  per cominciare a  capire la profondità della ricerca che ha preceduto questa esposizione e che ha visto la collaborazione di studiosi come Fabio Benzi, Jolanda Nigro Covre, Philippe Junod, Francesco Parisi, Benedetta Saglietti, Alessandra Tiddia, Pierre Guénégan e Monica Vinardi.  Grafica, poesia e musica, richiamano la sinestesia, la nozione baudelairiana delle correspondances,  unendosi nelle  composizioni delle riviste illustrate come nel settimanale Jugend, uscito  nel 1896 a Monaco. “In area austriaca, dove vi era una ancor più consolidata egemonia della musica, l’opera grafica di molti artisti veniva a saldarsi con gli stimoli poetici colti dalle opere di Anton Bruckner, Gustav Mahler, Richard Strauss e Arnold Schönberg” spiega nel catalogo, Francesco Parisi.  Nelle tele e nelle grafiche: violini, arpe, lire e liuti,  suonati da giovani donne, in paesaggi densi di mistero, evocano mondi onirici dove  il sogno sembra confondersi,  a volte, con il sentimento del desiderio. Il segno grafico nero diventa efficace nell’accostare la giovinezza e la morte, come nell’acquaforte di August Brömse, Eine Todte, da Der Tod und das Mädchen, o assume un tocco lieve nel  Concert mystique della litografia a colori di Paul Berthon.  L’angelo che suona di Odilon Redon nelL’art céleste, una litografia su china, sembra  far sentire le note della sua, a noi lontana, melodia, mentre risulta intrigante l’immagine  del Suonatore di Chitarra di Arturo Martini, una  cheramografia a stampata in nero su carta avorio. La produzione pittorica del francese  Henri Fantin-Latour, sia nelle sue tele sia nelle litografie, realizza compiutamente i drammi wagneriani. La realtà sembra sfaldarsi nelle emozioni che evocano  storie come in quella della visione subacquea delle figlie del Reno, Woglinde, Wellgunde e Flosshilde  che si divertono sotto la superficie dell’acqua, mentre le guarda, minaccioso, Alberich. Epiche e dense di luci e colore sono le tempere su carta con  Scene del Tannhäuser di Lionello Balestrieri.  Nel XIX in Italia  le scenografie  dei melodrammi sono realizzate da grandi pittori come  Francesco Hayez che collaborò a lungo con la Scala di Milano, mentre l’importanza della musica nella cultura contemporanea appare evidente  dallo sviluppo del filone della ritrattistica di musicisti famosi, diventati quasi icone di una sensibilità condivisa. Sia nell’opera lirica, come in pittura e scultura, le ricostruzioni storiche espressioni peculiari del Romanticismo italiano cedono il posto,  tra la fine del XIX  e l’inizio del XX secolo, alla “verità degli affetti” resa con potente teatralità nell’olio su tela Mimì… Mimì… di Lionello Balestrieri ed espressione del nuovo modo di percepire le emozioni e di trasmetterle. Cartelloni e manifesti  nell’eleganza e nelle sfumature dei colori ci recano la temperie culturale di un periodo storico che sta mutando pelle. Il movimento del Futurismo ci lascia espressioni dove la componente sonora ha un rilievo determinante.  Leonardo Dudreville, ritratto da Gino Severini nel 1907  mentre ascolta la musica con gli occhi quasi coperti dal palmo delle mani, lavorerà nel 1913 sul concetto di ritmo combinato agli stati d’animo e ai colori. Il futurista Luigi Russolo  fu compositore, pittore e incisore e Umberto Boccioni realizzò il ritratto che risente degli echi di Paul  Cezanne, del pianista Ferruccio Busoni, con cui ebbe un rapporto di amicizia e  di cui fu ospite, spesso nella sua villa a Pallanza sul Lago Maggiore. La  distinzione tra arti del tempo e dello spazio, che risale al Lessing del Lacoonte del 1766,  tra la musica che è signora del primo e la pittura del secondo, viene superata da Kandiskij e Klee e, in modi sempre differenti, da  molti altri astrattisti come Josef Albers, Romolo Romani, Aleksandra Exter, László Moholy-Nagy, František Kupka e Luigi Veronesi, come potremmo osservare in mostra. Nel Cubismo e nel successivo Purismo gli autori come  Pablo Picasso, Geoges Braque, Albert Gleizes, Amédée Ozenfant e Charles-Edouard Jeanneret,  inseriscono nelle loro opere violini e chitarre a significare la vibrazione dei suoni e del trascorrere del tempo. Scopriamo infine nelle sale di questa mostra mentre camminiamo, accompagnati dalle note dei grandi compositori, l’arte dello svizzero Charles Blanc-Gatti, basata sulla trasposizione di brani strumentali e orchestrali, dal Cigno di Camille Saint-Saëns alla Suite bergamasque di Claude Debussy e le creazioni di  Luigi Veronesi che realizzava, nel 1936, le 14 variazioni di un tema musicale che saranno lodate da Gino Severini e che ispirarono  Riccardo Malipiero junior.

Patrizia Lazzarin – 26 aprile 2021

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Amedeo Modigliani e la sua amica polacca Lunia

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Il volto delicato e appena inclinato di Lunia, grande amica di Modigliani, sintetizza l'arte di questo importante artista livornese in mostra alla Fondazione Magnani-Rocca di Mamiano di Traversetolo, a Parma, nell'anno che ancora consacra la città, capitale della cultura italiana. Gli occhi azzurri e apparentemente vuoti, dipinti da Modigliani non permettono una facile lettura del mondo interiore della giovane, mentre la linea arabescata, al contrario, sembra andare alla ricerca della profondità della sua anima. Lunia Czechowska era l'amica della moglie del mercante d'arte Léopold Zborowski che viveva a Parigi in un albergo, dove aveva risevato una stanza atelier per Modì, cosi affettuosamente soprannominato, che dal 1906 si era trasferito nella citè de la lumière, immerso in quel clima bohèmien, dove la pittura, la musica e la scultura riempivano la vita degli artisti. Una fotografia lo mostra, a chi lo osserva negli spazi della mostra, descritto nel fascino di una posa elegante, emblema essa stessa di un uomo che, pur nelle difficoltà economiche, seppe mantenere uno stile conforme al suo spirito. Il medesimo alone, quasi un respiro che diventa segno, matita o pennello, tratteggia i volti e i corpi delle donne e degli uomini da lui incontrati e che noi riconosciamo nei disegni presenti in mostra assieme al dipinto di Lunia, intitolato Femme au col blanc, un olio eseguito nel 1917. Tutti provengono dal Musée de Grenoble che è stato uno dei primi musei ad avere nel suo catalogo le creazioni del pittore. Un'eleganza che sembra far proprie linee essenziali come quelle che ammiriamo nelle maschere di etnia Gouru, popolo del Mali, emigrato nella Costa d'Avorio. Le sculture africane cominciavano a circolare con una certa facilità nel mondo europeo in seguito alla colonizzazione di quei territori e molti pittori, come ad esempio Pablo Picasso, ne avevano tratto linfa ed insegnamento, interpretandole in nuove forme e dando loro altri significati. In Modigliani quell'umanità essenziale viene ripresa per consegnarci un archetipo, quasi una forma originaria da cui sembra nascere un'immagine dell'uomo da lui condivisa, per tipo di sensibilità. La sua ricerca diventa stringente forse ancora di più nei volti di donna che accolgono la lezione quattrocentesca delle Madonne con il bambino della tradizione toscana e in particolare senese, come nelle opere di Simone Martini e nella tavola in mostra di Giovanni Ambrosi. Il pittore sembra riallacciarsi idealmente anche alla Madonna con il collo lungo di Parmigianino, dipinta proprio a Parma fra il 1534 e il 1540, in quei tratti che sembrano ancora adombrare significati filosofici più profondi. Nell'opera "Timeo," Platone descriveva il collo come un istmo che collegava l'anima immortale che stava nel cervello a quella mortale che risiedeva nel petto. La vita di Modigliani si spezza per una meningite di origine tubercolotica a soli trentacinque anni, nel 1920, e nel centenario della sua morte, come ha precisato anche il curatore della mostra Stefano Roffi, durante la conferenza d'inaugurazione, questa rassegna "fa emergere ricerche e parallelismi su questa originale figura di artista, approfondendo e andando a scavare nella sua vita che, nonostante la brevità, possiede le caratteristiche di una compiuta parabola artistica". Povero in vita, mentre ora le sue creazioni sono quotate centinaia e decine di milioni di dollari, inseguito dai falsari che cercarono e vogliono ancora oggi spacciare in modo fraudolento alcune opere come sue originali, specialmente i disegni che lui spesso realizzava e regalava senza firmarli, Amedeo Modigliani dipinse sempre con grande passione, riflettendo nella pittura il suo tormentato mondo interiore. Le amicizie e gli amori furono profondi. La giovanissima e bella moglie Jeanne Hèbuterne, anche lei brava pittrice, la cui relazione con Modì, era stata fortemente osteggiata dalla famiglia, si uccise, incinta, dopo la repentina morte del compagno, gettandosi dal balcone. Il ritratto di Lunia in mostra ci svela altri aneddoti su Modigliani, noto, come sappiamo, per la scia di artista maledetto che lo circonda. Un sentimento d'amicizia lo legò a Lunia e lo leggiamo nelle pagine presenti nel catalogo della mostra, tratte dall'intervista che il giornalista e scrittore Aldo Santini le fece nel 1985 e pubblicò sul "Tirreno" nel 1990, pochi giorni dopo la sua morte . A lui aveva permesso di incontrarla, cosa che non faceva di solito, come anche quella di autenticare i falsi di Modigliani che le presentavano. Viveva all'ultimo piano di un palazzo della vecchia Nizza. "Il suo sguardo rimaneva giovanile" e il giornalista aveva ritrovato quegli occhi azzurri del quadro, nella loro freschezza. Lunia aveva conosciuto Modigliani nel 1916, diciottenne, quando era sposata da due anni con un connazionale polacco. Forse il pittore e scultore si era anche innamorato di quella giovane donna, ma lei fu per lui un'amica, "la più vicina, la più affezionata". Al contrario dei luoghi più comuni, lei sosteneva: "egli anche se beveva, non era un ubriacone e neppure un drogato". "Modì le fece quattordici ritratti e un'infinità di disegni, ma non posò mai nuda, per quello c'erano le modelle professioniste che costavano cinque franchi per seduta e che l'artista pagava con i quindici franchi che gli dava ogni giorno il mecenate e amico Zborowski". Alla domanda se Lunia era la protettrice di Modì, lei rispose: "Eravamo molto legati. Ricordo le nostre passeggiate nel Giardino del Lussemburgo. O quando mi portava al cinema. O la volta che andammo a vedere La Goulue, la modella preferita di ToulouseLautrec. Ne aveva di cose da raccontarmi. Di Livorno, della sua vita di ragazzo, di sua figlia Jeanne." La mostra che durerà fino al 18 luglio 2021, attende di aprire non appena il governo lo consentirà.

Patrizia Lazzarin, 15 aprile 2021

 

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Milano, le signore dell’arte a Palazzo Reale

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È un viaggio che si svolge attraverso i colori e le forme dell’arte, dove sono la mente e la mano  femminili a raccontare l’incanto  della vita umana, la mostra Le Signore dell’arte, Storie di donne tra Cinquecento  e Seicento che siè aperta ai primi di marzo a Palazzo Reale a Milano e che, per l’emergenza Covid, è visibile on-line. La rassegna, che è in programma fino al 25 luglio, conclude un progetto ideato dall’Assessorato alla Cultura del  Comune meneghino che reca il titolo i Talenti delle Donne e  rende manifesti l’ingegno e le capacità di trentaquattro  artiste  grazie alle centotrenta opere in mostra. Oggi la terza  visita on-line alle ore 18, seguiranno poi quelle del 18 e del 21 marzo. L’esposizione ha il merito di mettere in luce in alcuni casi, e in altri di approfondire, profili di artiste, siano esse pittrici, scultrici, architettrici, miniaturiste o ricamatrici, grazie ad un lavoro di studio e di seguente mappatura di un mondo artistico, ancora per certi versi patrimonio di conoscenze di specifiche elite culturali, e non bene comune. Nel quadro La partita di scacchi  della pittrice del Cinquecento,  Sofonisba Anguissola, gli occhi e gli atteggiamenti che sprizzano vivacità e curiosità potrebbero essere quelle di alcune giovani adolescenti d’oggi, basterebbe forse sostituire quelle vesti impreziosite da pizzi e di bianche perle  che rivestono i colli morbidi delle fanciulle impegnate nel gioco e negli ammiccamenti tipici dell’età. Il talento non mancava a queste donne. Artiste protagoniste ed interpreti del loro tempo. Esse sono a volte monache come Plautilla Nelli, autrice della tela con L’ultima Cena a Santa Maria Novella a Firenze, recentemente restaurata,  altre volte sono  viaggiatrici o vivono alla corte di re, e spesso diventano imprenditrici come Lavinia Fontana, tessendo una rete di relazioni necessarie a ricevere le commissioni non solo di piccoli quadri, ma di tele di grandi dimensioni destinate a chiese, su richiesta di papi e prelati, o  di ritratti voluti da uomini illustri e sovrani del tempo. Importanti mostre a partire dagli anni 70’ in Italia e all’estero hanno reso possibile la conoscenza dell’universo artistico femminile, spesso fino ad allora sconosciuto. In particolare, a Milano, si possono citare  quella su Artemisia Gentileschi nel 2011 a cura di Solinas e Contini, di  Tamara de Lempicka nel 2006 della curatrice  Gioia Mori e le esposizioni collettive: L’altra metà dell’Avanguardia a cura di Lea Vergine nel 1980 e L’Arte delle donne dal Rinascimento al Surrealismo nel 2007 di Sgarbi, Peters e Buscaroli.  Le Signore dell’arte ha un ulteriore merito: quello di aggiungere nomi di artiste e farne comprendere  soprattutto  la qualità delle opere. Molti hanno avuto modo di apprezzare il pennello e i colori della romana Artemisia Gentileschi in quadri come Lucrezia, Giaele e Sisara, o in molti dipinti di eroine che possono offrire anche un eco del suo vissuto doloroso legato alla vicenda con Agostino Tassi e  nello stesso modo  rivelano  la passione e la forza di una donna  che viene ammessa all’Accademia del Disegno di Firenze e a quella dei Desiosi a Roma. Molto meno nota è la pittrice  Ginevra Cantofoli, i cui volti luminosi delle Sibille, nella morbidezza dei loro incarnati, si lasciano osservare  nella ricchezza di colore  dei loro turbanti. Ancora poco nota è la scultrice Properzia de’ Rossi, anche se protagonista dell’unica vita dedicata ad una donna nella prima edizione delle Vite di Vasari del 1550. La filigrana dello stemma in argento della famiglia Grassi  rivela lo spirito e l’arte  di una scultrice, nata intorno al 1490, che vive  un’esistenza estremamente anticonformista sulla scia di quella  del famoso Caravaggio e che riesce a guadagnarsi, per le sue capacità, un posto nel cantiere della cattedrale di San Petronio a Bologna, allora  la seconda città per importanza del regno pontificio. La biografia di Sofonisba Anguissola è ricca di curiosità perché fu non solo pittrice alla corte di Filippo II in Spagna, ma educata assieme alle sorelle alla pittura fin da giovane, continuerà a dipingere lungo tutta la sua lunga vita, anche nelle dimore a Palermo e a Genova, apprezzata ancora giovanissima da Michelangelo e ritratta in segno di riconoscimento del suo prestigio, ormai anziana, dal noto pittore fiammingo Antoon Van Dyck. Vasari, nella sua seconda edizione delle Vite, ricorda il ritratto di Giovanna d’Austria, sorella di Filippo II e il ritratto della regina Isabella di Valois eseguiti da Sofonisba. Fra le monache Orsola Maddalena Caccia, figlia del pittore noto come Moncalvo, che aveva lavorato con Federico Zuccari alla Grande Galleria di Carlo Emanuele I a Torino e a Milano con gli artisti di Federico Borromeo, ebbe dal padre gli insegnamenti di pittura e si esercitò sulle stampe di maestri del Rinascimento presenti in studio. Nel 1620, a ventiquattro anni entrò con le sorelle nel monastero di Bianzè per uscirne dopo cinque anni, quando il padre per avere vicino a sé le figlie, istituì, fra le mura domestiche, il Monastero delle Orsoline. Si trattava di un monastero nato nel segno dell’arte perché al suo interno era stata prevista una stanza dedicata alla pittura. L’attività della pittrice che realizzò pale d’altare,  quadri da camera e   nature morte è nota fino al 1670  ed ebbe vasta eco. Accanto ai ritratti di Studioso e di Carlo Sigonio, i ritratti di gentildonne bolognesi di Lavinia Fontana, capace di cimentarsi anche con il nudo, come nel quadro Minerva in atto di abbigliarsi, possiamo porre l’arte di Fede Galizia, autrice del ritratto di Paolo Morigia. Volti intenti o segnati dalle rughe narrano la storia interiore di uomini e donne. Fede Galizia, figlia del miniaturista Nunzio, dipinse nature morte con pochi oggetti immersi in un’atmosfera silenziosa, dove si leggono influenze lombarde e fiamminghe. Galizia viene citata da Paolo Lomazzo nel suo trattato quando aveva solo vent’anni e paragonata al grande pittore spagnolo Francisco de Zurbaràn. Fra le accademiche la pittrice di Ascoli Piceno, Giovanna Garzoni, che lasciò la sua eredità all’Accademia di San Luca, privilegio che ebbe, come poche, di poter farne parte. I suoi dipinti di fiori e frutta  sono raffinati studi di botanica dipinti a guazzo su pergamena. La mostra che ha la curatela  di Anna Maria Bava, Gioia Mori e Alain Tapiè è formata da opere proveniente da 67 prestatori diversi ed è stata realizzata in collaborazione con  Arthemisia e con il sostegno della Fondazione Bracco. La tavola della Madonna dell’Itria di Sofonisba Anguissola, mai spostata dalla Sicilia dal momento della sua realizzazione avvenuta per ricordare il marito, il nobile Fabrizio Moncada, ucciso nel 1578, durante un assalto di pirati algerini, è stata restaurata in occasione dell’esposizione ed è qui ammirabile. In attesa di restauro  invece la Maddalena di Artemisia Gentileschi, mai prima esposta, ferita dai danni dell’esplosione nel porto di Beirut il 4 agosto 2020 e appartenente alla collezione Sursock, una delle famiglie più aristocratiche del Libano che ha legami di parentela internazionali fra cui i Colonna di Roma e i Serra di Cassano di Napoli.                                                      

Patrizia Lazzarin – 14 marzo 2021

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