“Il peggiore dei casi” di Helen Fitzgerald

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Appena incontriamo Mary Shields veniamo calati  in uno spazio e in un  tempo dove il confine, quella siepe immaginaria che divide il mondo circostante dalla vita privata, sembra venire sommerso da un maremoto di avvenimenti che ci rende increduli.

Mary è la protagonista del libro di Helen Fitzgerald: Nel peggiore dei casi.  La sua lotta per il vivere quotidiano mostra come  gli estremi del bene e del male, del bello e del brutto, del piacevole e del disgustoso, dell’orrendo e del fantastico e ancora  della giustizia e della criminalità sfumino, confondendo i  contorni della nostra esistenza.

 Alla fine del libro più di qualche lettore potrebbe pensare a quanto dannatamente ironica può essere la sorte.

Mary Shields è un’assistente sociale. Svolge lo stesso lavoro che la scrittrice Helen Fitzgerald nata in Australia, ma ora residente a Glasgow in Scozia, aveva svolto alla HM Prison Barlinnie, prima di dedicarsi alla scrittura a tempo pieno. In Italia è conosciuta per il romanzo Cattivi pensieri, ed ha già ricevuto varie nomination per premi di prestigio. Nel peggiore dei casi  è stato pubblicato da Francesco Brioschi Editore ed è la  sua sedicesima fatica narrativa.

La scrittrice e poetessa Cath Kenneally che ha ricevuto il premio John Bray National Poetry Prize, considera la tecnica di scrittura di Helen Fitzgerald come capace di sostenere materiale audace e potenzialmente scioccante, di “lavorare in blu” con “acume sociologico”.

 La protagonista Mary si confronta con un’umanità variegata che fa i conti con una sessualità spesso distorta, colorata di imprevisti e soprattutto di intoppi. La stessa Mary, operatrice sociale cinquantenne, in menopausa con tutti i problemi legati al suo stato e con qualche maledetto kg di troppo, ma soprattutto con una personalità spesso portata ad operare una veloce equazione: pensiero = azione, soprattutto in momenti cruciali, ci lascerà a volte senza parole per gli effetti da lei  prodotti.

Nella sua vita il lieve filo che separa famiglia e lavoro spesso si attorciglia, non separa, ma confonde e i due spazi si urtano con effetti che come una frana sono destinati nella corsa a raccogliere nuovi pezzi per provocare forse danni irreparabili.

Come nei film del ragioniere Fantozzi in cui  le situazioni giungono al limite dell’inverosimile,  la fantasia narrativa costruisce un mondo che  ha i contorni  dell’incredibile e a volte del  grottesco. Di questo romanzo l’insegnante universitaria di filosofia, Erin Kelly, ha detto: oltraggioso, avvincente e mortalmente buffo. Geniale.

Il romanzo si divide in tre capitoli: l’uxoricida, il teppista e il pedofilo e nell’ultima parte la vita privata di Mary paga un conto forse troppo salato verso quella lavorativa. Mary  è una donna stanca che potrebbe finalmente smettere di svolgere un lavoro faticoso, snervante, dove i minuti fra un appuntamento e quello successivo ritmano incessantemente la sua giornata.

Ora che il marito sta per firmare un contratto  che lo renderà un grafico famoso potrebbe licenziarsi e dopo aver speso tante energie per mantenere la famiglia, far da mangiare …  e molto altro, potrebbe avere un po’ di tempo per sé. Tutto sembrava a portata di mano, ma ancora una volta il limite fra falso buonismo e altruismo, fra gentilezza e animo duro,  fra bontà e cattiveria sembra cambiare i destini.

Mary potremmo pensarla come una donna ciclone, con una sessualità libera e al tempo stesso complicata e che prende a pugni, a volte con eccesiva enfasi, le brutture del mondo.

Patrizia Lazzarin, 12 luglio 2023

       

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Metterci la propria immagine

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Sulla pagina di copertina del recente libro di Federico Lazzerini, edito da Mondadori,  spiccano il suo volto e  il mezzo busto con il braccio tatuato. Lo sguardo scruta un probabile lettore che potrebbe venire incuriosito dal titolo scritto in nero e azzurro: The Social Proof, dove il termine social  sembra orientare verso un qualcosa in grado di avere risalto nei media e nella società. Il fatto ci attrae sicuramente in un’epoca dove Facebook, Instagram, Twitter, Linkedin e Tik Tok disegnano i nostri profili e mostrano i nostri gusti e le nostre passioni.

Federico Lazzerini è un esperto di marketing e di pubbliche relazioni e ha co-fondato la società di consulenza Vatican Consulting e l’agenzia di reputazione on line Press Reputation. La rivista Forbes lo ha posto nella classifica dei giovani più influenti in ambito Business e Marketing. Il suo messaggio  si presenta nelle intenzioni dirompente, anche se rispettoso. Il suo mantra potrebbe essere sintetizzato in una delle parole  che compone anche il nome dato alla sua società: Reputation.

Tanti imprenditori famosi riempiono le pagine del libro con le loro storie per confermare attraverso i loro successi e insuccessi, le sue opinioni. Una delle sue affermazioni più esplicative è: “il marketing autoreferenziale è morto”. Non si vogliono comunque nel testo  celebrare i funerali del marketing, ma rileggerlo alla luce di una sua unione con le Public relations digitali, nel cui insieme le PR hanno una funzione trainante. Non si può improvvisare, necessita un piano strategico, dove entrano in gioco diverse componenti.

E la provocazione di mettere sulla copertina, quasi a confermare l’autorevolezza del dichiarante, la propria immagine è il punto di partenza per un discorso che sottolinea l’importanza di una buona reputazione perche  un’azienda possa aver successo. In questa battaglia per ottenere buoni risultati è necessario far “emergere l’anima di ciò che volete comunicare e farlo emergere attraverso la comunicazione, i media, le Pr”, spiega l’esperto.  The Social Proof, o riprova sociale, sottolinea  il ruolo della percezione. “Dobbiamo aspettare l’età contemporanea e gli studi sul corpo, sul cervello e sui sensi per arrivare a una teoria della percezione che consideri l’uomo, la sua emotività, la sua socialità e il suo bisogno di comunicazione”.

L’essere umano  desidera raccontare e raccontarsi. Le sue passioni sono il sale della vita e anche la forza del suo operato. Senza passione, senza reason why anche la comunicazione e il marketing sono contenitori vuoti.  Diventa utile in questo contesto comprendere come gli utenti si approcciano ai messaggi che ricevono anche dal Web. Le emozioni sono spesso una guida che agisce prima della nostra coscienza attiva.

 La meraviglia, la magia e lo stupore diventano una forma di comunicazione. L’esempio riportato dall’autore è quello di Daniel Wellington, un intrigante gentiluomo britannico  che firma con le sue iniziali orologi molto eleganti e raffinati, ma  che  non esiste nella realtà ed è solo un’invenzione pubblicitaria. Potere  della comunicazione.

 Per spiegare  e mostrare come per ogni azienda, anche di medie e piccole dimensioni, possa essere possibile emergere sulla concorrenza, Lazzerini porta ad esempio differenti imprenditori come Brunello Cucinelli che si impegna a fare impresa in modo etico e le cui parole chiave sono Capitalismo umanistico e Umana sostenibilità. Ogni sua attività è in grado di migliorare veramente la condizione della vita umana.

Ma ci sono figure dirompenti come Justin Bieber, un genio delle Pr, ma anche del crisis management che ha saputo risanare la sua reputazione in un modo che oggi fa scuola, tra cui egli cita anche l’assunzione della responsabilità delle sue azioni.

 Un ruolo fondamentale, su cui l’autore si sofferma a lungo, è rivestito  dai  Media che lui definisce il Santo Graal. “ Le notizie generano traffico” … un quesito da approfondire per provare ad avere successo …

Patrizia Lazzarin, 8 luglio 2023

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Quali luci a Pompei e a Roma?

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Quali sono le luci che illuminavano le notti dei Romani quando non c’era la luna piena? La suggestiva proposta dell’esposizione “Nuova Luce da Pompei a Roma, nella sede dei Musei Capitolini a Villa Caffarelli, dal 5 luglio all’8 ottobre 2023, invita i visitatori a scoprire ciò che non è più visibile: la luce del passato.

Per la prima volta una mostra affronta in maniera organica la tecnologia, la dimensione estetica e le atmosfere della luce artificiale nel mondo romano. Nessun’altra città dell’antichità ci ha permesso di conoscere  tanti sistemi di illuminazione come Pompei.

L’esposizione mostra 150 reperti originali in bronzo delle città vesuvianelucerne ad olio, candelabri, portalucerne assieme a  supporti per lucerne figurative e torce.  

Sono opere solitamente custodite presso Il Museo Archeologico Nazionale di Napoli e il Parco Archeologico di Pompei.  Accanto a  celebri statue e sculture di lucerne, si potranno osservare anche reperti appartenenti al Museo Nazionale Archeologico di Napoli non esposti prima in pubblico, fra i quali,  molti restaurati  per l’occasione della mostra e circa 30 opere appartenenti alle collezioni dei Musei Capitolini.

La luce artificiale romana, che la rassegna invita a riscoprire, è arte della luce. Con le loro forme plastiche e le superfici elaborate, lucerne e candelabri di bronzo creano una spettacolare scenografia di luce e ombra.  L’esposizione è arricchita da riproduzioni fedeli prodotte in cooperazione con la Fonderia d’Arte San Gallo AG e da simulazioni digitali su modelli tridimensionali.

Il tema dell’illuminazione offre una nuova prospettiva per la comprensione delle diverse sfere di vita nell’antica Roma: festa e religione, magia ed erotismo, sogno e notte. L’illuminazione è un prodotto tecnico-culturale che permette, in primo luogo, di creare uno spazio umano di condivisione. Questa prospettiva antropologica sulla luce, intesa come mediatrice sociale fondamentale, serve come linea guida del percorso narrativo.

Per mettere in relazione passato e presente sono state inserite all’interno del progetto espositivo le lampade realizzate dal light designer Ingo Maurer (1932–2019). Le sue creazioni poetiche, ludiche, bizzarre, sovversive, testimoniano la vitalità di un rapporto creativo con la luce che prosegue da duemila anni.

Il percorso espositivo, articolato in 9 sale, ripercorre il ruolo della luce nella vita quotidiana e sociale, in un dialogo degli stessi oggetti archeologici con le fonti letterarie.

Ad accogliere i visitatori un’installazione che contrappone il Sileno, una lucerna antica, all’opera moderna “Remember Yves” di Maurer, una scultura blu di forte impatto estetico che rimanda al salto nel vuoto di Yves Klein (1960) interpretato come incarnazione di luce in movimento.

Nella prima sala un video introduttivo didattico spiega il progetto scientifico “Nuova Luce da Pompei” e segue il percorso della lucerna sontuosa con pipistrello dalla Villa di Arianna di Stabia, dal momento della scoperta nel 1761 alla riproduzione e all'uso sperimentale nel 2022.

Il modello della Casa del Poeta Tragico, presentato nella terza sala,  offre un’idea delle condizioni di luce della domus Romana, luogo caratterizzato dalla semioscurità. A tal proposito, ricerche condotte da Danilo Marco Campanaro dell’Università di Lund rivelano la scarsa quantità di luce disponibile, così come il cadenzare dei ritmi della giornata attraverso la luce solare. 

La "fonderia" della quarta sala mette a fuoco gli aspetti tecnici e estetici del bronzo, materia che modula la luce con i suoi variegati colori e superfici. Qui i visitatori sono invitati a toccare una replica della grande lampada con pipistrello, oggetto iconico della mostra.

Nella Sala della Notte è presentato l’originale della lucerna con pipistrello dall’antica Stabia accanto ad altre lampade nonché un prezioso portalucerne a forma di quercia che faceva parte di un'installazione del paesaggio sacro notturno.

Nelle due sale successive, la quinta e la sesta, viene poi proposto un approfondimento della luce legata al riposo e al consumo di cibo che, attraverso lucerne teatrali e giocose, stufe e scaldavivande, permette una ricostruzione della complessa coreografia della luce legata alla convivialità e la sua funzione di “regolatore sociale”. Diverse opere antropomorfe - come la complessa trilichne con figurina di danzatore - mostrano quanto la luce scenica del convivium si concentrasse proprio sui gruppi sociali marginalizzati, responsabili dell'intrattenimento.

Il Triclinio Virtuale riemerge, tramite occhiali 3D, nella luce notturna del 79 d.C. La simulazione virtuale della luce è basata su un'esatta ricostruzione degli affreschi murali e su calcoli dell'intensità luminosa delle fiamme e delle proprietà riflessive dei materiali. I visitatori con una “torcia virtuale” possono accendere delle lucerne esercitando il controllo sulla luce e quindi sulla propria percezione.

Nella sala delle atmosfere, la settima, si apre un ampio spettro di atmosfere diverse. L’aura religiosa viene evocata attraverso gli arredi del larario della Casa della Fortuna di Pompei: il corredo di statuette bronzee e un’elegante lampada a forma di piede umano, esposto per la prima volta nella sua integrità.

Le lucerne falliche, appartenenti a tintinnabula provenienti da taberne e botteghe, ne testimoniano gli aspetti magici. Lucerne dionisiache ed erotiche evocano la sensualità della luce antica.

 Oltre al noto Efebo della Casa dell'Efebo da Pompei, viene presentata una statuina portafiaccola di un fanciullo orientale nudo, un’opera inedita e sconosciuta, scoperta nel 1818 nella clinica del chirurgo Pumponius Magonianus non lontana dal Foro di Pompei.

La sezione sull’estetica della luce presenta la complessa scenografia multiombre delle lucerne romane che si comprende meglio se messa in relazione con le antiche teorie dell’ombra in Platone o Plinio.

L’ottava sala è dedicata alla riscoperta di utensili in bronzo pompeiani nel XVIII e XIX secolo. In quell’epoca le suppellettili romane esercitavano il fascino dell’immediatezza  della vita quotidiana antica. La sala offre sorprendenti risultati e spunti di riflessione sulla pratica del restauro creativo da parte della Fonderia Borbonica prima della musealizzazione dei reperti archeologici fra 1750 e 1820.

La mostra sulle città vesuviane si chiude con l’eruzione del Vesuvio. Non sono i calchi umani, ma gli oggetti in bronzo a raccontare il momento della paura e della fuga dall'antichità ai giorni nostri. Una piccola lucerna a forma di testa di Africano accompagnava due pompeiani durante la fuga. Ma a sopravvivere è stata solo la lucerna.

Infine, nell’ultima sala, dedicata ai reperti di Roma viene proposta l’altra faccia del rapporto tra uomo e luce nell’antichità romana. Luce, calore e fuoco possono generare eventi drammatici che travalicano la sfera privata e investono la vita della città tutta.

Sono così ripercorse le vicende della città in relazione con gli incendi e con le modalità di organizzazione messe in atto per fronteggiare questo fenomeno. Particolare rilievo viene dato alla Caserma (Excubitorium) dei Vigili della VII Coorte in Trastevere, da cui proviene  una fiaccola, raro reperto legato verosimilmente all’illuminazione pubblica.

La rassegna è stata promossa da Roma Capitale, Assessorato alla Cultura, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali in collaborazione con l’Università Ludwig-Maximilian di Monaco di Baviera, ed è stata curata da Ruth Bielfeldt e Johannes Eber, con l’organizzazione di Zètema Progetto Cultura.

Patrizia Lazzari, 4 luglio 2023

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