L’arte di Vasari torna a risplendere a Venezia

  • Pubblicato in Cultura

Pezzi di un vaso antico andato in frantumi  che si riuniscono per noi, come un lampo in un ciel sereno, per svelare una narrazione che si era perduta. Icone dorate della pittura trecentesca e Madonne dentro nicchie e fra la vegetazione di un paesaggio che palpita del respiro della Natura, dentro il quadro, fino a mostrarci la strada per immergerci in esso, ci hanno accompagnato nella mattinata di oggi, fino alla scoperta  della straordinaria e inedita ricomposizione del soffitto ligneo dipinto da Giorgio Vasari, per Palazzo Corner Spinelli, sul Canal Grande a Venezia.

Un evento che si lega alle celebrazioni per la ricorrenza dei 450 anni della morte dell’artista, lo scrittore anche delle Vite che  hanno permesso  una più precisa e approfondita conoscenza  dell’arte del Rinascimento.  Egli, nel suo trattato,  ha disegnato  un’architettura della storiografia dell’arte che è stata adottata per secoli. Firenze, Roma e Venezia sono stati i luoghi della sua formazione e dove si è distinto  come artista.

Egli fu disegnatore, pittore, incisore, architetto, scenografo e storico dell’arte, disciplina che con lui assunse connotati scientifici. Vasari dipinse ispirandosi ai principi della Maniera da lui teorizzati e che egli, come dimostra l’opera composta e svelata stamani, esporta anche nella città di Venezia. Il modello espressivo suggerito, fa propria la lezione di Leonardo, Raffaello, Polidoro, Andrea del Sarto, Baldassare Peruzzi e, soprattutto Michelangelo.

L’opera presentata stamani alla stampa, alle Gallerie dell’Accademia,  in una sala interamente dedicata, situata lungo la loggia palladiana e a soffitto, in un ambiente che ripropone con acribia la camera di Palazzo Corner cui era destinata, restituisce  al  visitatore le sensazioni provate con buon probabilità,  al suo svelarsi ai veneziani del tempo.

La presenza del Ministro della Cultura, accanto alle altre cariche istituzionali, ha evidenziato l’importanza di questo accadimento, che come ha spiegato, lo stesso  Sangiuliano, permette di riunire un prezioso manufatto andato disperso nelle sue componenti sul finire del Settecento.  Grazie ad un’attività di intense  collaborazioni   fra Stato ed enti privati, iniziata sul finire degli anni ’80 e  grazie al restauro di valenti collaboratori, si ricompone ora, anche il significato della stessa opera.

Come è emerso dagli studi, Vasari ideò infatti delle varianti rispetto al tema classico del Trionfo delle Virtù,  avvicinando al soggetto centrale nelle cinque tavole, un esempio positivo che rafforza ed esprime il concetto della virtù e, uno negativo che contrasta e si oppone al soggetto stesso.  Questo dettaglio ha rilevanza poiché è proprio la corretta attribuzione di un esempio negativo, il Giuda che si toglie la vita, per anni ritenuto un brano indipendente dall’opera del Vasari per Palazzo Corner,  ad aver fornito la chiave interpretativa dell’iconologia dei singoli comparti, attribuendo nuovo significato all’intera composizione.

Nel 1541 Vasari giunse a Venezia con l’incarico di dipingere il soffitto a cassettoni di una sala, la cosiddetta camera nova, del palazzo che Giovanni Corner, appartenente a una delle famiglie più influenti e nobili di Venezia, aveva da poco acquistato dalla famiglia Lando sul Canal Grande.
 
Vasari realizzò una animata e varia composizione costituita da nove scomparti, corrispondenti alle cinque Virtù e a quattro Putti destinati agli angoli della sala, per un totale di 12 metri quadrati di tavole dipinte. Al centro, nel comparto rettangolare, si staglia la Carità, a cui guardano, in un gioco di rimandi, le altre virtù: la Speranza e la Fede, sui lati più lunghi, la Pazienza e la Giustizia, su quelli più corti.

È intorno alla metà del Settecento che le opere vengono smontate dal soffitto di palazzo Corner-Spinelli e trasferite altrove. Sul finire del XVIII secolo comincia la vera e propria dispersione e i singoli pezzi furono divisi fra collezioni private italiane ed estere.

 Le tavole di Fede e Speranza vengono ridotte di dimensione e dall’Allegoria della Speranza viene addirittura ricavato un soggetto autonomo: il cosiddetto Suicidio di Giuda. Quest’ultimo è il primo frammento riacquistato dallo Stato, nel 1980, e destinato al Museo di Casa Vasari ad Arezzo poiché non si riteneva all’epoca facesse parte del complesso di Casa Corner a Venezia.

Nel 1987 comincia la lenta, ma continuativa acquisizione dei comparti a partire dall’Allegoria della Giustizia e Allegoria della Pazienza e due Putti con Tabella che vengono acquistati dallo Stato e destinati al patrimonio delle Gallerie dell’Accademia.

 Nel 2002 si ottiene di un ulteriore Putto con Tabella e, nel medesimo anno, nel patrimonio delle Gallerie entra il comparto con l’Allegoria della Carità, appartenente dall’Ottocento alla Pinacoteca di Brera, ma depositata dagli anni Settanta del Novecento nel Museo di Storia Patria di Gallarate.
 
Nel 2013 viene acquistata a Londra l’Allegoria della Fede e nel 2017 si perfeziona l’acquisto dell’ultimo frammento, l’Allegoria della Speranza.
Gli unici frammenti al momento dispersi sono il quarto Putto con Tabella e due frammenti resecati dal comparto con l’Allegoria della Fede.

Diverse sono le parti che, in accordo con il Ministero della Cultura e la Soprintendenza per il Polo museale veneziano, hanno reso possibile questa straordinaria iniziativa. In particolare, Venetian Heritage, che ha sostenuto le Gallerie dell’Accademia dal punto di vista economico e organizzativo e ha finanziato il volume dove si ripercorre la storia del soffitto. Ad essa si aggiungono Venice in Peril Fund, Pro Venezia Sweden, Fondazione di Venezia, Vela SpA, MSC crociere, SAVE SpA, Consorzio Venezia Nuova e Fondazione Veneto. L’Ambasciata italiana a Londra e il Consolato hanno reso disponibile la sede per sottoscrivere il contratto d’acquisto dell’Allegoria della Fede.

 Marsilio Arte ha pubblicato  un piccolo, ma prezioso volume curato dal direttore delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, Giulio Manieri Elia che presenta un saggio che ripercorre le vicende critiche e collezionistiche delle tavole fino alla riunione e all’allestimento museografico. Troviamo all’interno anche  l’intervento di Rossella Cavigli dedicato al restauro dell’opera e il contributo di Luisa Caporossi che ci restituisce una  lettura iconologica del soffitto Corner.

Patrizia Lazzarin, 12 settembre 2024

Leggi tutto...

Luca Signorelli, pittore di luce e poesia

  • Pubblicato in Cultura

Luca Signorelli ha illuminato il percorso creativo dei grandi pittori del Rinascimento come Michelangelo e Raffaello. La sua parabola artistica si costruisce sulla lezione pierfrancescana con i suoi insegnamenti sull’uso della luce e, acquisisce forza dalla frequentazione della bottega di Andrea del Verrocchio, dove apprende il gusto per una linea dei corpi scattante. Attento alle novità degli ultimi tre decenni del Quattrocento studia la  produzione del Pollaiolo e di Benedetto da Maiano e osserva la pittura fiamminga giunta a Firenze. Sui ponteggi della Cappella Sistina incontra Perugino, Bartolomeo della Gatta e in particolare ha l’occasione di conoscere la pittura di  Botticelli, Ghirlandaio, Rosselli e Pinturicchio.

Possiamo considerare Signorelli uno degli artisti che più ha amato il gusto della sperimentazione e anche fra i più longevi del nostro Rinascimento. Egli torna protagonista nella sua città natale mentre sembrano risuonare i rintocchi di una campana lontana nel tempo. Quest’anno ricorrono infatti i  500 anni dalla sua morte e Cortona celebra l’artista con una  mostra che ripercorre la parabola pittorica del Maestro, affiancata a itinerari tematici in città e nelle località tosco umbre di riferimento.Il padre del pittore Raffaello, Giovanni Santi, suo contemporaneo, racconta che l’artista modificava spesso i suoi disegni e i progetti preparatori come mostrano anche le radiografie e le foto agli infrarossi di oggi. Questo modo di operare gli permise di inventare anche nuove disposizioni e tipologie di figure.

La fortuna postuma del pittore si costruisce tuttavia grazie alle considerazioni dello storiografo Giorgio Vasari nelle due edizioni dell’opera delle Vite dove si legge: “Pittore eccellente … fu nei suoi tempi tenuto in Italia tanto famoso e l’opere sue in tanto pregio, quanto nessun altro in qualsiasi voglia tempo sia stato giammai … Nell’opere che fece di pitture mostrò il modo di fare gli ignudi, e che si possono, sebbene con arte e difficoltà, far parere vivi.”

Per quanto riguarda le ragioni dell’importanza di Luca Signorelli – scrive Tom Henry, il curatore della mostra,  nel saggio introduttivo al catalogo edito da Skira - la risposta breve è che egli merita un posto di rilievo nella storia della pittura del Quattrocento grazie alle sue grandi qualità di colorista, pittore scultoreo e iconografo altamente originale... Per questo riveste un ruolo importante nello sviluppo dell’arte italiana del Rinascimento. L’arte di Raffaello e Michelangelo si sarebbe sviluppata in modo diverso senza lo stimolo di Signorelli; il fascino di una mostra monografica consiste proprio nella possibilità di evidenziare questo dato.”

In questo discorso che ci porta ad approfondire l’arte del Maestro, utili sono anche le osservazioni della studiosa statunitense Claire van Cleave che ritiene che per comprendere i nudi di Michelangelo è utile “prima apprezzare le anticipazioni tecniche di Signorelli disegnatore e comprendere quanto sia radicalmente diverso dai suoi contemporanei “…

Nella città natale a cui Signorelli fu sempre legato, rivestendo anche numerosi incarichi pubblici nonostante i viaggi e la ripetuta lontananza, sarà possibile ammirarlo ora fino all’otto ottobre, a Palazzo Casali, nella preziosa rassegna intitolata Signorelli 500. Maestro Luca da Cortona, pittore di luce e poesia”. Essa è stata  promossa dal Comune di Cortona, dal MAEC–Museo dell’Accademia Etrusca e della Città di Cortona, sotto l’egida del Comitato Nazionale per le celebrazioni istituito dal MIC ed è stata  organizzata da Villaggio Globale International.

La lunga carriera di  Signorelli  durata sessant’anni  e che si è avvalsa delle commissioni  di mecenati  famosi  come Pandolfo Petrucci il Magnifico, Lorenzo de’ Medici, Papa Sisto IV e Papa Giulio II  era priva di una visione d’insieme a causa soprattutto della dispersione dei lavori dell’artista cortonese in tanti luoghi, in Italia e all’estero, a partire dagli importanti cicli di affreschi che lo hanno reso famoso e che non sono amovibili.

Dopo settant’anni dalle mostre del 1953 a Cortona e a Firenze, una trentina di opere dell’artista provenienti da prestigiosi musei italiani e stranieri offrirà l’opportunità di consacrare definitivamente Luca da Cortona tra i grandi artisti del tempo, grazie anche agli studi degli ultimi anni.

La rassegna prosegue poi nel territorio con gli “Itinerari di Signorelli”  in città, in particolare al Museo Diocesano e nella chiesa di San Niccolò.

Sono da segnalare i numerosi importanti restauri realizzati per questa occasione, a partire dal tondo raffigurante La Madonna e il Bambino con santi” dell’Accademia Etrusca di Cortona. Tra  le novità scientifiche si annovera la ricomposizione, per quanto ancora possibile, della straordinaria Pala di Matelica, realizzata nel 1504-1505 per la chiesa di Sant’Agostino a Matelica, smembrata e dispersa  a metà del XVIII secolo.  Abbiamo poi la presenza di due preziosi pannelli con la “Nascita” e “Il miracolo di San Nicola” ( 1508 – 1510 c.), per la prima volta  in Italia dagli Stati Uniti d’America e il ricongiungimento della tavola centrale del Polittico della chiesa di Santa Lucia a Montepulciano - raffigurante la “Madonna e il Bambino in trono” - con la relativa predella, composta da tre pannelli in prestito dagli Uffizi di Firenze, in cui il pittore  mostra tutta la sua vena narrativa.

 Conferenze, concerti, lectio …,  legati a Signorelli e al contesto storico e culturale in cui egli visse e operò, accompagnano la rassegna.

Patrizia Lazzarin, 20 luglio 2023

Leggi tutto...

Bosch e un altro Rinascimento

  • Pubblicato in Cultura

Bosch e un altro Rinascimento è una rassegna di valenza europea in una città come Milano che è uno dei perni storici, sociologici e culturali di questa area geografica. L’artista fiammingo ha un linguaggio alternativo simbolo di un altro Rinascimento che si sviluppa e si arricchisce in modo polifonico nelle relazioni fra diversi centri europei, e non solo lungo l’asse Firenze Roma, ha dichiarato nella conferenza stampa, il noto studioso olandese Bernard Aikema, uno dei curatori della mostra assieme a Claudio Salsi, direttore del Castello Sforzesco e allo spagnolo Fernando Checa Cremades, professore di Storia dell’Arte all’Università Complutense di Madrid. L’artista Jheronimus van Aken, questo era il suo nome di famiglia, a un certo punto della sua vita preferì farsi chiamare Jheronimus Bosch. Era nato intorno al 1450 a Boscoducale, nella regione neerlandese di Brabante, alla periferia dell’impero asburgico. Di lui si possiedono poche notizie biografiche. Seppe distinguersi per una particolare cifra stilistica in cui l’invenzione che si trasforma fino ad indossare le vesti del sogno, assume un ruolo strutturale nella dinamica dell’opera pittorica. Già nella prima sezione della mostra emerge la forza innovativa del suo linguaggio che venne riconosciuto dapprima nel Sud dell’Europa, in particolare in Spagna e in Italia. A Venezia, il cardinale Domenico Grimani, colto e importante collezionista, già cinque anni dopo la morte dell’artista, possedeva tre delle sue opere, come ci racconta Marcantonio Michiel che visita, nel 1521 la sua collezione.

 Mostriciattoli, incendi e visioni oniriche vengono associati da Michiel al pittore fiammingo e spiegano l’esistenza di un Rinascimento diverso, contemporaneo a quello classico: il primo fantasioso, brillante, irregolare, capriccioso, il secondo mimetico, teorizzato da storici come Leon Battista Alberti e Giorgio Vasari e che è stato  privilegiato nei manuali di storia dell’arte. Come ha precisato ancora il professor Aikema, la mostra su Bosch è una seconda tappa, dopo quella su Albrecht Durer, e ha la finalità di provare come un fenomeno locale possa diventare europeo. La rassegna si caratterizza per l’apertura verso altri mondi figurativi e altre concezioni estetiche. L’opera il Trittico delle Tentazioni di sant’Antonio che emerge nello splendore della sua materia pittorica, all’inizio del percorso espositivo, condensa l’imagerie boschiana. Solo a voler cogliere alcuni brani del suo fare artistico come i pesci volanti,  gli uccelli travestiti con indumenti d’uomo e attrezzi da cucina, costruzioni di esseri umani ed animali con effetti curiosi e strabilianti, potremmo scrivere fogli e fogli che narrano episodi sulla varietà e sulla mutevolezza non solo dell’esistere, ma anche dell’immaginabile. Le scene apparentemente irreali condensano significati allegorici e simbolici: un altro racconto che si dispiega nei particolari disegnati e dipinti. Bosch non è un caso isolato e la sua influenza su artisti italiani ed europei è provata. Si veda il suggestivo confronto tra Le tentazioni di sant’Antonio di Giovanni Girolamo Savoldo, ora a San Diego, con Il Giudizio Finale dell’artista fiammingo, oppure  i tanti motivi boschiani che troviamo nell’opera Discesa agli Inferi di Dosso Dossi. Nel paesaggio con corteo magico di Benvenuto Tisi, che possiamo vedere in questa occasione, il gusto per il magico di Bosch lo percepiamo immediatamente negli elementi fantastici di un cammello-cavallo e di una carrozza botte, seguiti da una coppia in abiti eleganti, all’interno di una visione  panoramica di  acque cristalline, nubi come zucchero filato e una ricca vegetazione.

Il suo immaginario vivente, palpitante, fatto anche di grandi occhi umani dentro volti con enormi bocche spalancate pronte ad ingoiare, con atteggiamento quasi distratto, una folla di dannati non spaventa. Esso è uno dei tanti episodi che si dispiegano nell’olio su tavola intitolato Discesa di Cristo al limbo di un suo seguace. Un Rinascimento che diverso, unisce e combina differenti interpretazioni, come nell’olio sempre con il soggetto delle Tentazioni di san’Antonio di Jan Wellens de Cock, dove brilla il contrasto fra i corpi nudi femminili dalle linee classiche e la restante figurazione ancorata al mondo nordico. Una dicotomia tra classico e anticlassico che in quel periodo storico non era così estrema come si ascolta oggi, nel racconto a cui ci siamo abituati. Nel Codice Trivulziano di Leonardo da Vinci  ci sono volti caricaturali non molto differenti da quelli che Bosch raffigura negli stessi anni. Il mondo delle grottesche, un altro aspetto del fantastico di Bosch rimanda poi  alla moda delle grottesche all’antica che si diffuse nei primi anni del Cinquecento in Italia, Spagna e Francia e il gusto boschiano si ritrova anche alla fine del Quattrocento, in Toscana e in Italia settentrionale, nelle incisioni e nei disegni di autori famosi come Marcantonio Raimondi.

Nel Cinquecento nasce poi la passione enciclopedica che si esprime nelle Wunderkammer, parola tedesca che ha concentrato ormai il significato di questi luoghi dove si esibiva la varietà del visibile, soprattutto meraviglie, cose bizzarre e rarità. Lo stesso spirito lo possiamo cogliere nella figurazione di Bosch. Si è voluto così ricreare in mostra una Wunderkammer ideale, assimilabile per varietà ai microcosmi  che l’artista rappresentava, come si vede in una copia del Cinquecento del Giardino delle delizie. Il progetto espositivo comprende un centinaio di opere d’arte tra dipinti, sculture, arazzi, incisioni, bronzetti e volumi antichi e come ha precisato l’assessore alla Cultura di Milano, Tommaso Sacchi, esso è il frutto di un processo di cooperazione internazionale durato cinque anni, … in grado di raccontare un Rinascimento diverso rispetto a quello che ha visto i propri fasti in Italia tra il Quattrocento e il Cinquecento, creando orizzonti nuovi di conoscenza e bellezza. Possiamo ammirare grazie ai prestiti dell’Escorial e delle Gallerie degli Uffizi l’intero ciclo degli arazzi boschiani. I quattro arazzi del palazzo reale spagnolo non sono mai stati esposti insieme, fuori dalla loro sede, e anche il confronto con il cartone dell’Elefante, che si riferisce al quinto della serie ora perduto, è un fatto inedito. La mostra sarà visitabile a Palazzo Reale da oggi fino al 12 marzo 2023. Essa è stata promossa dal Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e Castello Sforzesco, realizzata da 24 ORE- Cultura-Gruppo 24 ORE e ha come principale sponsor il Gruppo Unipol.

Patrizia Lazzarin, 9 novembre 2022

Leggi tutto...
Sottoscrivi questo feed RSS

Newsletter

. . . .