Arte e genio, il grande Raffaello alle Scuderie del Quirinale

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La mostra  dedicata a Raffaello che apre  oggi i battenti  al pubblico, alle Scuderie del Quirinale,  è un viaggio nella vita dell’artista per cogliere la bellezza della sua pittura, il genio delle sue invenzioni e l’amore che egli nutrì per il mondo classico che  si rivela, come una grande passione capace di permearne l’intera vicenda biografica. Raffaello 1520 – 1483 è un percorso a ritroso in tutti i sensi, che inizia da quel momento ricco d’emozione che segna il commiato, da questa terra, del tanto osannato pittore e architetto della fabbrica di San Pietro, sepolto nel Pantheon, e giunge all’inizio della sua carriera, quando il padre, anche lui  artista, accortosi delle capacità straordinarie del figlio undicenne, lo affida al Perugino. L’efficacia  di questa rassegna  si misura sicuramente nell’accostare le opere ricche di colore dell’urbinate, dove  ammiriamo gli incarnati delle bellissime Madonne  e  dei loro  giocosi bambini, i volti  pensosi dei Papi, dei  cardinali e di letterati famosi, assieme  alla filigrana degli oggetti e degli abiti condensati  in prismi di luce capaci di riflettere gli stati d’animo, alla potenza e all’aurea  magica che si sprigionano dalle antiche testimonianze  del mondo classico greco e romano. Nel rimbalzare ai nostri occhi, questi confronti suggestivi, rivelano, come con una cartina al tornasole, quello che già un trattatista del Cinquecento, Ludovico Dolce, a metà di quel secolo, scriveva: fu tanto ricco d’invenzione che faceva a quattro e sei modi, differenti l’uno dall’altro, un’istoria, e tutti avevano grazia e istavano bene.  Giorgio Vasari, l’autore delle Vite dei più eccellenti, pittori, scultori ed architetti, che coprono un arco di tempo che va dal Trecento al Cinquecento, lo descrive come da subito un pittore divino.  La sua intelligenza e modernità è sicuramente leggibile nella lettera del 1519 scritta a quattro mani, dopo la nomina avvenuta  nel 1513 a Conservatore delle antichità romane, con il noto letterato Baldassarre Castiglione ed indirizzata al Papa Leone X. In essa, che si ammira  in mostra nella versione del prezioso manoscritto dell’Archivio di Stato di Mantova,  si sottolinea la necessita di salvaguardare e di studiare i monumenti antichi contro il dilagante degrado. Un documento che è una pietra miliare nella disciplina della tutela e della  conservazione del patrimonio storico ed artistico e che rivela la comprensione, agli albori del pensiero moderno, della necessità, allora non comunemente condivisa,  di questa azione. Un’installazione multimediale, dedicata alla ricostruzione della pianta di Roma antica e curata da Alessandro Viscogliosi, permetterà di comprendere il significato ed il plusvalore dell’impresa di rilievo archeologico ed architettonico, lasciata interrotta a causa della sua scomparsa improvvisa. Apprezzato ed amato dai suoi contemporanei, morto assai giovane, a soli trentasette anni, attento alle invenzioni dei suoi colleghi come Leonardo da Vinci, Michelangelo e Frà Bartolomeo, progetterà ed eseguirà ad un ritmo vertiginoso, assieme alla sua bottega,  opere che  come diceva ancora nel 1830, il famoso pittore francese, Eugène Delacroix,  emanano un’armonia che incanta. La mostra in corso fino al 2 giugno a Roma, città  nella quale Raffaello  ebbe modo di esprimere  nella pienezza della sua maturità, il suo talento artistico e alla quale deve la  fama destinata a superare i confini temporali, è un’occasione imperdibile per studiosi ed amanti dell’arte di toccare, quasi con mano, la sua grandezza, attraverso centoventi delle sue opere, fra dipinti e disegni, in dialogo con quasi altrettanti manufatti antichi e rinascimentali, sculture, codici, documenti e capolavori di arte decorativa. Le prevendite che hanno già registrato un record di 60.000 richieste provenienti da tutto il mondo sono una testimonianza felice di un progetto che si è avvalso dei prestiti dei maggiori musei italiani, spagnoli, francesi, inglesi, statunitensi ed austriaci. Un programma realizzato grazie alla  collaborazione fra le Scuderie del Quirinale e le Gallerie degli Uffizi e curato da Marzia Faietti e Matteo Lafranconi assieme a  Vincenzo Farinella e Francesco Paolo di Teodoro. Sono chiare   le dichiarazioni di Marzia Faietti: avvicinarsi a Raffaello è una cosa facilissima, e questo perché l’urbinate è autore di un’arte complessa ma allo stesso tempo capace di comunicarsi a tutti. La sua pittura è talmente meditata, ponderata, sublimata, contiene tanti livelli di lettura che ogni osservatore  … ha la possibilità di ammirarla e di ammirarne aspetti e qualità diverse. Le precisazioni di un altro curatore Matteo Lafranconi, Direttore anche delle Scuderie del Quirinale, aggiungono ulteriori significati: si è voluto cercare di restituire, almeno per approssimazione, la qualità, la varietà, la grazia, la cultura e l’intelligenza del pensiero creativo raffaellesco. Un’opportunità unica per Eike Schmidt,  Direttore delle Gallerie degli Uffizi, almeno per questa generazione, per immergersi completamente nel meraviglioso universo dell’arte di Raffaello, raccontato da un percorso inedito, ricco di oltre 200 opere. Ci sono, infatti, dipinti straordinari qui riuniti, entrati nell’immaginario, come la Madonna del Granduca e la Velata delle Gallerie degli Uffizi, o creazioni mai tornate in Italia come la stupenda Madonna d’Alba della National Gallery di Washington, la Madonna della Rosa dal Prado e la Madonna Tempi dalla Alte Pinakothek di Monaco di Baviera. Ci sono i ritratti di Giulio II della National Gallery di Londra  e quello di Giulio de’ Medici con i cardinali Giulio de’ Medici e Luigi de’ Rossi degli Uffizi dove la bellezza del colore si affianca al sapore di una ricostruzione storica e filologica di Papi che hanno segnato un’epoca storica. Percorriamo un viaggio nella mente di Raffaello: nell’ideazione di opere importanti come la decorazione delle Stanze Vaticane, nei disegni dei cartoni degli arazzi con le storie dei Santi Pietro e Paolo per la Cappella Sistina, nella decorazione della Loggia di Psiche per la Farnesina di Agostino Chigi e nei progetti  delle Logge Vaticane. Il bellissimo catalogo della mostra è edito da Skira e nelle quasi cinquecento pagine abbiamo modo di apprezzare l’arte e la scienza di Raffaello e di avvicinarsi ad essa con più consapevolezza.

Patrizia Lazzarin, 5 marzo 2020

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Quel foglio con la caduta di Icaro

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Mantova, capitale della cultura, celebra l'artista Giulio Romano in un evento di respiro internazionale.

Il foglio con la Caduta di Icaro, disegnato a penna ed inchiostro  da Giulio Romano per il soffitto della  Camera dei Cavalli, nell’appartamento di Troia di Palazzo Ducale, proveniente dal Musèe de Louvre di Parigi,  racconta storie del mito,  di lotte impari   fra il genio divino e  quello umano  e   ha il merito, piccolo e grande tassello della rassegna, di esplicare  la fantasia creativa del più rinomato e capace allievo di Raffaello: Giulio Pippi, detto Romano. Il disegno con una cornice assai pregiata dipinta dal famoso storico dell'arte del Cinquecento,  Giorgio Vasari,  è visibile, poco distante da uno specchio,  posto sotto l’affresco dell’infelice Icaro, in un appassionato gioco di rimandi figurativi, nella mostra che si inaugura al pubblico  il  sei ottobre nell’antica Reggia dei Gonzaga, una delle più grandi d’Europa per il numero delle sale e che  appare in tutta la sua maestosità, in una giornata di sole nel suo innalzarsi  sulle acque del lago. Il suo titolo Con nuova e stravagante maniera, dalla definizione  dello scrittore delle Vite degli artisti, Giorgio Vasari, condensa i significati  e soprattutto le modalità espressive della pittura del dopo Raffaello. Sulle  ceneri dell’artista urbinate la capacità creativa del suo  discepolo Giulio Romano cercherà la linfa vitale con cui sviluppare tante nuove idee mediante un recupero dell’antico ancora più pregnante. L'esposizione nata in sinergia e con l’intelligente collaborazione  del  Louvre di Parigi, che per la prima volta presta settantadue opere del genio manierista,   permette così di ricostruire il percorso di un artista che giunto da Roma alla Corte dei Gonzaga, già rivela la consapevolezza del suo valore   sia nei timori del duca che si preoccupa  che alcuni progetti  di Giulio siano stati rubati   sia nelle parole di  Vasari  che lo elogia nella sue Vite e acquista  il disegno che vediamo ora in mostra nella sala dei Cavalli a Palazzo Ducale. Quella sua capacità di disegnare, d’inventare lasciando ai  colleghi il colore delle immagini era una necessità continua per Giulio Romano come si può comprendere anche visitando Palazzo Te a Mantova dove si snoda l’altro percorso espositivo a lui dedicato:  Giulio Romano: Arte e desiderio. Le opere che possiamo ammirare a Palazzo Gonzaga sono propedeutiche, esplicative delle invenzioni che vediamo distendersi sulle pareti  e sui soffitti di Palazzo Te e di Palazzo Ducale. Racconti dell’epopea omerica, di storia romana, tratti dalla poesia antica e dalla fantasia del mito riempiono le stanze   e permettono di mettere a confronto l’idea, il disegno con l’opera pittorica o architettonica conclusa. Un’occasione straordinaria come si intuisce dalle parole del direttore del complesso Museale Palazzo Ducale di Mantova, Peter Assmann, che dall’inizio del suo incarico sognava di concretizzare una mostra sul pittore, architetto e uomo di cultura Giulio Romano. Il progetto elaborato dal comitato scientifico, di cui fa parte assieme a Laura Angelucci, Paolo Bertelli, Renato Berzaghi, Paolo Carpeggiani, Sylvia Ferino-Pagden, Augusto Morari, Roberta Serra e Luisa Onesta Tamassia diventa   un’opportunità anche per rafforzare l’immagine di Mantova come città d’arte in Europa e nel mondo. Nei fogli in mostra, Jean- Luc Martinez, direttore e presidente del Musèe de Louvre indica un’opportunità per conoscere  la trama di relazioni intessute da   Giulio con i  suoi più stretti collaboratori,  a cui affidava le sue “idee” e disegni: Fermo Ghisoni, Rinaldo Mantovani e soprattutto Giovan Battista Bertani che dopo la sua morte  assumerà la direzione dei lavori del Palazzo. Altre collezioni museali italiane e straniere hanno prestato assieme  ai disegni anche dipinti e arazzi come il Victoria &Albert  Museum di Londra e l’Albertina di Vienna. Lungo le sale  dell’antica reggia possiamo ricostruire nella loro fase di progettazione tutte le attività e i cantieri  seguiti dall’artista sia nel territorio mantovano sia in altre regioni, nei palazzi  e nelle chiese o nei disegni per arazzi come i Trionfi di Scipione per il re di Francia, Francesco I, portati oltralpe dal suo allievo Primaticcio. Un tracciato a serpentina  di luoghi e momenti clou   che iniziano dalla sua collaborazione romana con Raffaello nelle Stanze del Vaticano, nella villa del banchiere Agostino Chigi o nella loggia di Villa Madama, commissionata dal papa Giulio II, fino a comprendere l’intero arco  ventennale della sua permanenza a Mantova. Le invenzioni di Giulio Romano si esplicano in  campi diversissimi, anche in quello dell’arredamento  come può essere uno degli oggetti  realizzato per la mostra sull’antico  progetto del pittore. Nell’appartamento   della Rustica vediamo tanti disegni di architetture destinate  alla costruzione  di Palazzo Te dove spiccano nella loro luminosità,  fra la forza espressiva data dal bugnato e dalla solidità delle colonne doriche, la bellezza di  luoghi chiusi che si relazionano in maniera armonica con l’ambiente. Un arazzo  in lana e seta con Giochi di putti svela il nascere progressivo  in epoca rinascimentale di un interesse  per un amore più libero, sciolto dai vincoli dell’idealizzazione  di stampo petrarchesco  che  lascia maggior spazio alle forme d’espressione.  Questo pezzo  è di eccezionale valore storico, come si legge nella scheda dell’opera di Claudia Bonora Previdi, nel catalogo  edito da Skira, perché è il primo soggetto di questo genere voluto da Federico II Gonzaga e disegnato dall’artista Giulio Romano. Una Venere fra mille Amorini intenti a giocare, pescare e cogliere frutti dai rami mentre un Satiro seminascosto la sta spiando. Alcuni acquerelli colorati, uniti insieme, visibili in mostra mostrano la bellezza di puttini che catturano una lepre: sono opera di Giulio Romano che poi vediamo  riprodotta al centro dell’arazzo.  Le sfumature di colore rendono la consistenza della materia: il rosa delle carni, il piumaggio delle ali e il pelo dell’animale. Ancora una volta un’occasione per vedere il processo creativo dall’inizio alla sua realizzazione: dall’arazzo all’acquarello del particolare, dal disegno-progetto d’insieme all’arazzo. A Palazzo Te la mostra Arte e Desiderio, promossa dalla Fondazione Te e Comune di Mantova, in collaborazione con la casa editrice Electa ha come protagonista l’erotismo nell’arte e propone ai nostri occhi modi nuovi di pensare al corpo e alla sessualità nel Rinascimento. La statua di Venere acefala,  emblema dell’amore, appartenuta allo stesso Giulio Romano grande collezionista di opere antiche,  ci introduce nella prima sala alla celebrazione della bellezza femminile e al desiderio che essa  suscita. L’esplorazione del mondo statuario e scultoreo classico favoriva negli artisti la scoperta di nuove forme, di soggetti ed atteggiamenti inusuali che si riflettevano  sul modo comune  di pensare  provocando anche decise reazioni. La storia dei Modi, di cui si riproduce nella mostra una copia, lo spiega. I disegni di pose erotiche realizzati da Giulio Romano, commentati da Pietro Aretino in maniera licenziosa  e infine stampati da Marcantonio Raimondi causarono l’arresto di quest’ultimo. L’insofferenza per un amore platonico e al contrario l’inclinazione verso una bellezza che si traduce in desiderio carnale è anche il fil rouge di questa mostra su Giulio Romano che esplora le diverse inclinazioni del sentire amoroso. Il progetto scientifico curato da Guido Rebecchini, Barbara Furlotti e Linda Wolk-Simon si concentra sul tema della rappresentazione del desiderio che si esplica nel Palazzo Te in più parti, dalla Camera di Ovidio a quella di Amore e Psiche e che culmina nelle sale finali con la visione di quadri straordinari. Quadri che chiudono un’epoca e che precedono  i nuovi dettami della Controriforma del Concilio di Trento di lì a pochi anni. Si “scopre” il corpo femminile sia nel quadro della Fornarina di Raffaellino del Colle sia nella Cortigiana di Giulio Romano. Le due tele appaiate sulla parete fanno emergere una diversa interpretazione del nudo, che nel pittore della corte dei Gonzaga non ha timore di mostrare la naturalezza, quasi invitante, con cui si presenta allo sguardo dello spettatore la donna vestita di trasparenze e gioielli. In maniera diversa nella sanguigna con Venere e Adone destinata alla Stufetta del Cardinale Bernardo Dovizi da Bibbiena nel Palazzo Apostolico, Giulio Romano racconta un eros intriso di passione e bellezza. Dopo la censura dei Modi e il sacco di Roma nel 1527 gli artisti attingono dal mito e in particolare dalle Metamorfosi di Ovidio, per esprimere la potenza della passione amorosa. Michelangelo, di cui si riproduce in mostra una copia del suo disegno di una Leda con Giove trasformato in cigno, accanto all’eros mostra  nella scelta della figura del dio  anche un simbolo del potere apprezzato dalla committenza aristocratica. I nostri occhi si sgranano sulla materia del quadro che sembra sempre più splendente, ne I due amanti di Giulio Romano, opera emblematica del mondo d’intendere  l’ars amandi del pittore, dove giovinezza e piacere erotico dei due amanti  sembrano staccarsi per forte contrasto dalla donna anziana che si nasconde dietro la porta. La tela che proviene dall’Ermitage di San Pietroburgo torna a Mantova dopo trent’anni per questa mostra, dopo essere stata cinque secoli fa l’occasione  per Giulio Romano di farsi apprezzare dal Duca di Mantova. Più vicino ad una sensibilità raffaellesca è invece l’arazzo posto accanto ai Due amanti, Visione di Aglauro nella camera matrimoniale di Erse, del Metropolitan Museum of New York che nella delicatezza delle trame racconta la storia d’amore di Erse  con Mercurio, con un’imagerie e una sensibilità adatta a giovani fanciulle dove  Cupidi e angeli  sembrano confondersi. Le grandi aspirazioni dei Gonzaga e le loro importanti relazioni con l’imperatore Carlo V, si traducono  nella tela con la Danae di Correggio, ultima opera visibile in mostra  e uno dei quattro dipinti regalati al monarca che dominava su un regno su cui  si diceva non tramontasse mai il sole. Qui  la bellezza del corpo femminile si esprime nella straordinaria delicatezza delle forme.  Il  sindaco  di Mantova Mattia Palazzi ha ricordato il conferimento della Medaglia  del Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, all’iniziativa  di portata internazionale che si concluderà il 6 gennaio 2020 e che ha avuto fra i tanti sostenitori come sponsor principale  la Banca Intesa Sanpaolo.

Patrizia Lazzarin, 6 ottobre 2019

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