Le allegre comari di Windsor a Venezia

Le allegre comari di Windsor a Venezia

Le allegre comari di Windsor andate in scena al Teatro Goldoni di Venezia nelle scorse serate e, ancora in cartellone oggi e domani, è uno spettacolo che libera l’ilarità. La commedia scritta da William Shakespeare e recitata probabilmente per la prima volta nel 1597 ci restituisce il vecchio Falstaff dell’Enrico IV del drammaturgo inglese mettendolo alla berlina con un humor tipicamente anglosassone.  Nella versione di Angela Demattè  e che ha la regia di Andrea Chiodi, in  questi giorni nella città veneziana, si avverte la lezione dell’antica commedia greca che si lega con i canti fallici.

Sono infatti forti  e pregnanti i riferimenti alla sfera sessuale che Falstaff ostenta sicuro di sé ed essi si  uniscono alla sua  presa in giro dei presunti e futuri mariti cornuti.  L’ilarità scoppiettante si sviluppa in un crescendo però, dalle due comari di Windsor che orchestrano consecutive beffe nei confronti del “cavaliere” sbruffone che ha scritto loro due lettere d’amore perfettamente identiche, pensando ingenuamente, con focose lusinghe, di poter approfittare dei loro quattrini.

Nei panni di Madame Quickly la locandiera che gestisce la Taverna Boar's Head, nella quale si riuniscono Sir John Falstaff e i suoi poco raccomandabili amici, vediamo l’attrice Eva Robin’s. Le due comari, Madame Margareth Page e Madame Alice Ford, impersonate rispettivamente da   Sofia Pauly  e da Francesca Porrini,  si mostrano  donne libere e disinibite, capaci di trovare da sole le soluzioni ai loro problemi. La Mimica con la maiuscola accompagna le battute, le prese in giro e i progetti di rivalsa verso Falstaff.

Revenge, revenge. Le parole degli attori erano tradotte in inglese e francese su un nastro che scorreva in alto sopra il  palco e fuori, durante lo spettacolo del 30 dicembre, i performer di Malmadur diventavano spettatori-traduttori di ciò che avveniva dentro il teatro.

Da un palchetto osservavano la commedia e la traducevano per chi era fuori dal teatro.  

Daniele D’Angelo che si è occupato della progettazione del suono racconta: quando Andrea Chiodi, il regista, mi chiese di partecipare a questo progetto mi assalirono due ricordi distinti: la commedia, che avevo rivisto l’estate prima nella versione di Edoardo Siravo, e il Falstaff verdiano ... dell’opera, inutile dirlo, ricordo tanta musica divertente e piena di guizzi.

Non sapevo bene cosa proporre finché Andrea mi raccontò la sua visione. Ne fui subito entusiasta. Usare la musica per descrivere un mondo di uomini e donne leggeri e violenti mentre quel che li circonda ricorda l’origine e la tradizione. Allora ho creato delle atmosfere dance, da sabato sera, utilizzando stralci e lacerti dall’aria di Verdi Quell’otre, quel tino! oppure la voce di Orson Welles che fu un grande Falstaff.

Nella dinamica della commedia hanno avuto un significato complementare ed efficace, quasi suadente, i movimenti degli attori curati  da Marta Ciappina che ha giocato con l’ambiente scenico come in una scacchiera, dove i corpi destinati a procedere con un andamento orchestrato tessevano una ragnatela empatica. Essi si vedevano muoversi  con cadenze capaci di disegnare paesaggi dell’anima, interpretando e suscitando in chi guardava  sentimenti ed emozioni. Motivi cadenzati, pensati, o a anche improvvisi come la mossa di un pezzo sulla tavola quadrata della scacchiera.

Non si possono spendere poi almeno alcune parole per quel fanfarone di Sir John Falstaff impersonato da Davide Falbo che nel suo corpo imponente e nell’esibizione della sua carnalità ha saputo interpretare anche il bullismo e la superbia audace e ostinata che individua lo spaccone o, guardando alla nostra contemporaneità, l’uomo insicuro ed arrogante.

Patrizia Lazzarin, 31 dicembre 2023

Newsletter

. . . .