Donne da palcoscenico... sono trascorsi 10 anni

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La storica compagnia Minimiteatri, festeggia, tra settembre e dicembre 2024, i dieci anni della rassegna Donne da Palcoscenico, format teatrale dedicato a personaggi e personalità femminili che ha ricevuto anche  il Patrocinio del Parlamento europeo, del Senato della Repubblica Italiana e della Camera dei Deputati.

Minimiteatri è nata nel 2005 dall’incontro di personalità artistiche provenienti da diversi ambienti, quali: Conservatorio, Teatro, Università e Accademia di Belle Arti. Dal 2015 la direzione artistica è affidata a Letizia E. M. Piva che ha preso il testimone dal fondatore della compagnia Gabbris Ferrari.

Si inizierà lunedì 16 settembre, intorno alle 17.30,  con un approfondimento letterario/artistico, a cura di Micol Andreasi su Eleonora Duse di cui si celebra il  centenario della scomparsa e alla quale è dedicato il Concorso Corto Teatrale Site-specific, denominato Donne da Palcoscenico: Nel chiostro, storia e bellezza negli occhi delle donne che si propone di selezionare progetti artistici rappresentabili dal vivo, utilizzando come scenografia il Secondo Chiostro del complesso monumentale dell’ex Monastero degli Olivetani di Rovigo, edificato nel 1200.

Nel Chiostro degli Olivetani, alle 18.45, verrà inaugurata, anche una mostra fotografica cura di Raffaella Benetti, sui momenti salienti/protagoniste delle passate edizioni e sull’essenza di “Donne da Palcoscenico”. L’ingresso agli eventi è gratuito fino ad esaurimento dei posti.

Oggetto del bando 2024 è l’ideazione e la produzione di corti teatrali site-specific, incentrati sulla celebrazione del centenario della scomparsa di Eleonora Duse – tra le più celebri e significative “Donne da Palcoscenico” della storia del Teatro, adattati e ambientati allo spazio del chiostro. Sarà il pubblico a decretare la classifica finale, nella serata di premiazione degli spettacoli.

 

Donne da palcoscenico proseguirà domenica 22 settembre alle  ore 21.00, a Palazzo Nagliati, con il melologo in prima assoluta per voce, oboe e controfagotto: I racconti dell’Acqua – parlar suoni e risonar parole,  su testo di Marco Schiavon con il contributo di Letizia E. M. Piva e con la voce di Letizia Piva. Parole che sgorgano dalla voce dell’acqua che per sua natura  fluisce libera creando un legame naturale tra gli esseri viventi e mentre scorre inarrestabile attraverso di noi, ci trascina nella sua infinita danza di libertà in un salto nel vuoto che è l’incontro con l’altro. Le isole sonore in cui approda questo viaggio spaziano dalle suggestioni di Ovidio a cui Britten si ispira, alle musiche originali di Carlo Galante scritte appositamente per questo spettacolo, al Ritratto malinconico di Lodi Luka e alla travolgente Lamentatio di Giovanni Sollima.

Ancora una prima assoluta, domenica 13 ottobre, ore 21.00, nella sala Flumina del  Museo dei Grandi Fiumi per lo spettacolo Cassandra, forse… con Lucia Lavia, il performer Thierry Parmentier, i musicisti Gessica Rampazzo (flauti), Marco Schiavon (oboe). Musiche a cura di Nuova Fucina Musicale.

Cassandra è la profetessa inascoltata e la donna che sa vedere il futuro. Dal punto di vista del femminile  rimanda ai  sinistri di cronaca, causati da   denunce ignorate o da violenze non ritenute reali, ma a questi si aggiungono  anche gli allarmi globali ancora non presi in sufficiente considerazione.  Un personaggio mitico capace di mantenere un significato in ogni tempo.

Venerdì 15 novembre, alle ore 17.30, a Palazzo Cezza, in collaborazione con l’Accademia dei Concordi di Rovigo, verrà presentata la pubblicazione Gigio Artemio Giancarli: un rodigino nel ‘500 – una rilettura della Zingana tra il teatro, la scena e le arti, sostenuta dalla Fondazione della Banca del Monte di Rovigo, con la narrazione visuale della vicenda in otto scene, raggiungibili su pubblicazione cartacea con QR Code e con URL su pubblicazione digitale.

La rassegna si concluderà il 28 novembre, ore 21.00, al Ridotto del Teatro Sociale con lo spettacolo Cristina Roccati la Scienza delle donne nel Settecento degli uomini, con la drammaturgia e la regia di Letizia E. M. Piva, con Francesca Tres e Paolo Rossi.

Lo spettacolo, in prima assoluta, è dedicato alla figura di Cristina Roccati (Rovigo, 1732 – 1797), studiosa, in particolare di fisica e poetessa che fu la prima donna a seguire corsi universitari regolari e a laurearsi, dopo tale percorso, all’Università di Bologna, divenendo così la terza donna laureata al mondo, dopo Elena Cornaro Piscopia (Università di Padova, 1678) e Laura Bassi (università di Bologna, 1732) che però avevano seguito studi privati.

La città di Rovigo dedicherà alla Roccati, proprio nel mese di novembre, oltre allo spettacolo teatrale a cura di Minimiteatri, una mostra, che vede la collaborazione tra Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo e Accademia dei Concordi, un ritratto commissionato ad un artista contemporaneo e uno studio approfondito delle sue lezioni autografe conservate nell’Accademia rodigina a cui seguirà una pubblicazione scientifica.

La rassegna è realizzata in collaborazione con il Comune di Rovigo – Assessorato alla Cultura, con il sostegno della Fondazione Banca del Monte di Rovigo, con il contributo della Fondazione della Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, Azimut Group, Banca del Veneto Centrale, Lions Club Rovigo, Carla Import Sementi, Bimi Sushi, con il Patrocinio della Provincia di Rovigo, l’Accademia dei Concordi, Università degli Studi di Trieste, la Fondazione Sviluppo Polesine, CPSSAE, CPO – Ordine Avvocati Rovigo, Acli Padova, Acli Rovigo, Aqua Srl e la Parrocchia di San Bartolomeo.

Patrizia Lazzarin, 1 settembre  2024

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Nella bottega di Rubens, a Madrid

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"Ritrattista, paesaggista, pittore di soggetti religiosi e mitologici, più eloquente di ogni predicatore e più sapiente di ogni archeologo; storico, decoratore incomparabile, animatore delle più vaste superfici e creatore, negli schizzi, delle effusioni più sublimi della pittura pura ..." Così il critico francese, Jacques Lassaigne spiegava nel suo saggio del 1961, la personalità straordinaria di Pieter Paul Rubens, figura chiave della pittura europea e in particolare cardine di quella fiamminga, tanto che alcuni suddividono la storia artistica delle Fiandre in ante e post Rubens.

Rubens fu uno degli artisti più prolifici del Barocco. Di lui si conoscono 1500 opere che realizzo in una vita lunga poco più di sessant'anni. Come ci riuscì? Lo scopriremo in autunno, al Museo del Prado di Madrid che possiede la più ampia collezione di opere del pittore fiammingo. Dal 15 ottobre 2024 al 16 febbraio 2025, l'esposizione La bottega di Rubens solleverà i veli sul metodo di lavoro del pittore: dalle tecniche alla suddivisione dei compiti tra il maestro e i suoi numerosi assistenti.

Cavalletti, tele, colori e pennelli metteranno in scena la bottega, insieme a oggetti originali del Seicento, libri e busti antichi scelti per ricordare la collezione d'arte e gli interessi del maestro.

Saranno sicuramente la gioia del dipingere, l'abbandono senza remore alla felicità data dalla pittura che permisero a Rubens di divenire il capostipite di due scuole apparentemente molto diverse. Da lui trassero ispirazione sia la decorazione e la ritrattistica francese del Settecento, sia l'intensità eroica e cromatica di Gericault e Delacroix.

La ricostruzione della bottega di Rubens sarà talmente realistica da restituire le atmosfere di un laboratorio di allora, compresi gli odori come l'essenza di trementina, oggi non più in uso perché pericolosa per la salute e sostituita da profumi innocui.

Vedremo poi un "maestro" esperto di tecniche antiche intento a riprodurre uno dei quadri di Rubens con attenzione filologica alle pratiche pittoriche dell'epoca, grazie a un video che illustrerà le diverse fasi di un lavoro durato mesi. Scopriremo così i segreti della tecnica veneziana che rendendo più rapide alcune procedure pittoriche aveva già permesso a Tiziano di soddisfare numerosi committenti. Conosceremo poi le sostanze utilizzate dai pittori per produrre basi e pigmenti e vedremo prendere forma gradualmente sulla tela il dipinto di Rubens Mercurio e Argo, attualmente conservato presso il Prado.

Grazie al crescente sviluppo economico in Europa, tra la fine del Cinquecento e l'inizio del Seicento, re, nobili, e mercanti iniziarono a commissionare agli artisti dipinti sempre più grandi e fastosi per ornare i loro numerosi palazzi. Nel 1638 Filippo IV di Spagna incaricò Rubens di realizzare 120 opere in una sola volta. Da subito il pittore disse che avrebbe potuto consegnarne soltanto la metà, pur avendo alle proprie dipendenze 20 aiutanti, tra cui Antoon van Dyck. Alla fine ne firmò 14. Fu comunque un'impresa.

Fino poco prima, uno solo di quei dipinti avrebbe richiesto anche sei anni di lavoro. La mostra spagnola svelerà come e perché Rubens unendo una potente immaginazione con le migliori innovazioni del suo tempo e una perizia tecnica non comune assieme a una buona capacità organizzativa, sia riuscito a far fronte alle commissioni che gli provenivano dai maggiori poteri dell'epoca: la Chiesa e l'Impero spagnolo.

Patrizia Lazzarin, 29 agosto 2024

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Arte del vedere... a Treviso

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Occhiali per guardare il mondo, per essere visti, ammirati in fogge e pose diverse, paesaggi dentro le lenti che appartengono ai nostri sogni. I mondi possibili, gli universi visibili, immagini che diventano realtà tangibili e molto altro. Quando si parla di occhiali si ragiona in primis di visione, ma questa vista sul mondo ha più significati. Le loro forme traducono da subito un ambiente e un luogo, rivelano un momento storico.

Anche oggi, nella giornata di ferragosto,  al Museo nazionale Collezione Salce, potremmo ammirare l’esposizione Arte del Vedere. Manifesti e occhiali dalle Collezioni Salce e Stramare, a cura di Elisabetta Pasqualin e Michele Vello, con la collaborazione di Mariachiara Mazzariol  e, realizzata in collaborazione con Punti di Vista. La rassegna sarà visibile fino a  domenica 6 ottobre 2024 ed è stata allestita  a Treviso, nell’ex chiesa di Santa Margherita. In essa si  esplora il mondo dell’occhiale interpretato attraverso due piani di lettura: la rappresentazione, mediante i manifesti pubblicitari della collezione Salce, e la forma, grazie agli occhiali storici della collezione Stramare.

Le visioni di carta dei manifesti di Ferdinando Salce, accanto alle mille declinazioni del tondo degli occhiali di Lucio Stramare diventano tasselli di  un racconto che si ammanta di storie vissute e sentite ieri. Per la prima volta il Museo espone il suo inestimabile patrimonio grafico a complemento del design.

E andando a cercare nella Storia dei monumenti che abbelliscono e rendono peculiare Treviso, scopriamo che nel 1352 il pittore Tomaso da Modena, nel convento di San Nicolò,  affresca la Sala del Capitolo dei Domenicani  e, fra il gruppo di prelati raffigurati, uno in particolare ci colpisce  perché indossa un paio di occhiali.  Per valorizzare anche questa  antica testimonianza iconografica delle lenti nella cittadina, il Museo Salce ha progettato così un’esposizione che combina l’illustrazione al design.

Tre  sono le parti in cui è suddivisa la mostra e che spiegano l’evolversi   delle forme del vedere. Dalle prime rudimentali creazioni dove l’occhiale era ancora tenuto in mano o fissato al volto con dei cordini di spago, all’invenzione delle asticelle o stanghette  nel Settecento, che hanno segnato la svolta formale di un oggetto che fornisce un valido aiuto nella vita di tutti i giorni sia per vedere e sia per riparare i nostri occhi dal sole e dal vento. 

Per quanti hanno letto Il Maestro e Margherita di Bulgakov non sarà facile dimenticare uno degli accompagnatori che, assieme al gatto parlante, confabulava con il diavolo giunto a Mosca per mostrare l’opprimente realtà sovietica.  Egli indossava i famosi  pince-nez  che noi  ricordiamo  nei ritratti dello statista  Camillo Benso, conte  di Cavour. Pince-nez o, i  fassamani  che erano portati al collo come un gioiello, raccontano un modo di vedere, ma anche di essere nel rapportarsi alla visione.

Lo stile di vita e il progresso industriale hanno, nel corso degli anni, modificato  il design dell’occhiale, e ciò in rassegna sarà  ben rappresentato dai dettagli che negli anni Trenta  prendono ispirazione  dall’oreficeria, o nei colori usati negli anni Quaranta e nelle indimenticabili forme “a gatto” degli anni Cinquanta. Di grande interesse per gli amanti del design sarà la teca dedicata agli occhiali speciali e da lavoro. Troveremo qui quelli preziosi realizzati in  oro e argento,  quelli naturali costruiti con corno, tartaruga, legno e pelle per arrivare   ai primi ritrovati dell’industria chimica che adopera  la bachelite e la celluloide.

I  manifesti  ci indicheranno  nomi arcinoti  del cartellonismo prima e della grafica progettata poi e, non solo italiani. L’euforica Belle Époque mette in scena, ad esempio una seducente figura femminile scrutata dagli ambigui monocoli di un gruppo di elegantoni come nella La vedova Allegra, il capolavoro ancora pittorico di Leopoldo Metlicovitz.  Artisti meno noti come Luigi Enrico Caldanzano ci sorprenderanno con immagini notturne, quasi oniriche e simboliste, che ben si adattano alle inquietanti Lenti radioattive (1912-1915) da promuovere.  Un binomio vincente è l’associazione tra occhiali e velocità: occhiali da protezione e non da vista per gli automobilisti alla guida di bolidi rosso fiammante, con prove d’autore come l’innovativo Dunlop di Marcello Dudovich del 1908.  L’occhiale da sole che vedremo  solo più tardi e al cinema, lo troviamo qui indossato  dall’icona conclamata di stile Grace Kelly in Caccia al ladro (1955). E dal cinema, le lenti scure su montature alla moda, passano a riempire   i manifesti turistici  dei maestri del genere: Mario Puppo e Franz Lenhart. Qui sanno impreziosire di glamour le spiagge assolate e le bianchissime  piste da sci. L’affisso poi   si riduce   nelle dimensioni, diventa locandina o espositore da banco. La grafica si rinnova guardando all’America. Siamo negli anni Cinquanta.

Tra gli  inediti ci sono i manifesti dell’Associazione nazionale per la prevenzione degli Infortuni con una serie di tavole che fanno uso di  una comunicazione emotiva, dai toni cupi e minacciosi.

A completare il percorso espositivo troveremo  una  selezione dei migliori project work degli allievi dell’ITS eyewear product manager. Il corso, promosso dalla Fondazione ITS Cosmo di Padova e l’ente Certottica di Longarone ha come obiettivo  formare i progettisti dell’occhiale del domani.

Il Museo nazionale Collezione Salce è ubicato a Treviso nelle due sedi di Santa Margherita e San Gaetano ed è visibile sempre dal venerdì alla domenica dalle ore 10 alle  18. L’ultimo ingresso è alle 17.30. Il biglietto intero costa € 9 ed è valido per entrambe le sedi del museo. Il costo è € 2  per i giovani dai 18 ai 25 anni e  gratuito fino ai 18. L’entrata è gratuita ogni prima domenica del mese.

Patrizia Lazzarin, 26 agosto 2024

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