Il surrealismo e l'Italia

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1924 -2024: il Surrealismo compie cent’anni. Di esso si è discusso e si parla quest’anno nei cenacoli culturali, nelle università e nei musei. Nella Villa dei Capolavori, sede della Fondazione Magnani-Rocca a Mamiano di Traversetolo,  fino al 15 dicembre 2024, vicino alle sale che ospitano  opere rappresentative  del nostro patrimonio artistico, si festeggia questo Movimento, una delle avanguardie più originali e longeve del XX secolo,  rileggendone anche il complesso rapporto con gli artisti e la scena culturale italiana, dalla fine degli anni Venti al termine degli anni Sessanta.

Il Surrealismo, al suo nascere,  aveva ripreso alcune delle fondamentali intuizioni del movimento Dada. Lo caratterizzavano una  spregiudicata libertà e una totale commistione di arte e vita, considerate allora  in una prospettiva di positività e di volontà costruttiva, contro il disimpegno nichilista tanto che il nome del suo organo ufficiale venne mutato da La révolution surréalist a Le surrealism au service de la revolution. La data ufficiale di nascita del Movimento è considerato il 1924, anno del Manifesto di carattere letterario lanciato da Breton, dove è specificato il concetto di automatismo, su cui si fonda la poetica, mentre è successivo di due anni l’articolo dello stesso Breton, dedicato al surrealismo e alla pittura.

Nel 1923 dall’incontro del tedesco Max Ernst con il francese Andrè Masson e lo spagnolo Juan Mirò, presso la galleria Kahnweiler di Parigi, cominciarono ad emergere direttrici comuni di ricerca. In tutti i pittori che si riconoscevano nel pensiero surrealista era sensibile l’influsso delle teorie psicoanalitiche di Freud che chiarivano i meccanismi inconsci della psiche  e assegnavano importanza alle manifestazioni oniriche, alle associazioni incongrue e agli accostamenti solo apparentemente illogici.

La celebre definizione di bellezza, fatta propria da Ernst, recita infatti. “Bello come l’incontro casuale di una macchina da cucire e di un ombrello su un tavolo operatorio,  per spiegare come da l’accoppiamento di realtà inconciliabili tra loro si possano svelare  inedite e intriganti valenze estetiche.

 L’esposizione “Il Surrealismo e l’Italia” è curata da Alice Ensabella, Alessandro Nigro, Stefano Roffi e  attraverso più di 150 opere di Salvador Dalí, René Magritte, Max Ernst, Joan Miró, Marcel Duchamp, Man Ray, Yves Tanguy, Giorgio de Chirico e il fratello Alberto Savinio, Enrico Baj, Fabrizio Clerici, Leonor Fini e altri protagonisti di questa corrente, testimonia la varietà di linguaggi del Surrealismo misurandone anche  l’impatto e la sua evoluzione nel nostro Paese.

Approfondendo l’argomento si scopre che alcuni artisti italiani come Paolo Uccello, Piero di Cosimo e Giorgio de Chirico sono stati di grande ispirazione per la poetica del movimento, altri, invece, come Enrico Baj, creano opere che collimano con le tematiche surrealiste. Inoltre, artisti come Leonora Carrington, Salvador Dalí, Leonor Fini, Edward James, Manina, Matta, Kay Sage e Pavel Tchelitchew vengono influenzati, ciascuno a suo modo, dall’arte e dalla cultura italiana.

Il percorso espositivo si sviluppa in due grandi capitoli, suddivisi in sezioni tematiche.

Il primo intende far conoscere il Surrealismo internazionale e il suo arrivo in Italia,  mediato in un primo momento dall’opera di de Chirico e Savinio, di ritorno da Parigi, negli anni Trenta, poi rappresentato attraverso le opere dei maestri del movimento storico, che evidenziano una profonda eterogeneità estetica e formale, così come una moltitudine dei media utilizzati, dalla pittura al  collage, dall’assemblage alla  fotografia, dal ready-made a objets trouvés. Qui potremmo ammirare le creazioni di Magritte, Dalí, Man Ray, Ernst, Masson, Miró, Tanguy, Duchamp, Matta, Lam e de Chirico.


Il secondo capitolo individua i protagonisti della scena surrealista italiana, già a partire dagli anni Trenta, al fine di esaminarne i punti di contatto col gruppo francese, ma anche di metterne in luce l’indipendenza e l’originalità. È possibile constatare in Italia il delinearsi di due tendenze principali: da una parte, la nascita di un gruppo che si ispira a pratiche artistiche nuove e che intrattiene rapporti col gruppo francese, come è possibile vedere nelle opere di Sergio Dangelo o di Enrico Baj. Dall’altra, un filone figurativo fantastico, caratterizzato dalla produzione di opere visionarie, a cui appartengono, tra gli altri, Leonor Fini, Fabrizio Clerici, Stanislao Lepri, per cui l’opera di de Chirico e Savinio fu capitale.

Viene anche ricostruito  l’ambito della diffusione del Surrealismo in Italia, mettendo in luce gli attori e i luoghi che ne sono stati gli artefici, in particolare galleristi e collezionisti  come Guggenheim, Passaré …

Patrizia Lazzarin, 12 ottobre 2024

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Villa Bassi, l’arte dentro e fuori il tempo ordinario

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Villa Bassi Rathgeb, un edificio della metà del 500' che sorge nel verde di un parco nel comune di Abano Terme, poco distante da Villa Dondi dell'Orologio, la cui omonima famiglia fu proprietaria anche di questa antica dimora, si anima di un dialogo fitto di rimandi fra le sue pareti affrescate con storie del mito e le opere esposte, appartenute alle raccolte d'arte di due collezionisti lombardi vissuti a cavallo dell'Ottocento e del Novecento: Roberto Bassi Rathgeb e Giuseppe Merlini. Seicento-Novecento: Da Magnasco a Fontana la mostra che è in corso e che rimarrà aperta fino al 5 aprile 2021 affianca e mette a confronto la collezione donata da Roberto Bassi Rathgeb che era legato al Comune di Abano Terme per lunga familiarità con questi luoghi e le cui opere interessano soprattutto il periodo lombardo compreso fra il Seicento e l'Ottocento, e la collezione di arte contemporanea di Giuseppe Merlini. Merlini iniziò intorno agli anni 60' a raccogliere opere dei grandi protagonisti della stagione del 900', diventati ormai icone consacrate del nostro patrimonio figurativo e si appassionò alle espressioni artistiche delle nuove correnti del dopoguerra, mostrando particolare attenzione per la pittura Analitica emersa negli anni 70'. Grazie a questa geniale comparazione sembra ricrearsi nelle sale della villa l'atmosfera che apparteneva un tempo a questo territorio collinare dove si uniscono la bellezza dei paesaggi naturali alla passione intellettuale di molti suoi frequentatori. Il leit motiv è l'armonia di linee e colori che sembrano danzare davanti ai nostri occhi per la piacevolezza del nostro sentire e che al tempo stesso sanno raccontare vicende e correnti artistiche che hanno caratterizzato con la loro impronta ed il loro stile epoche storiche dense di cambiamenti. Quando ci capita di citare alcuni artisti, da Giorgio Morandi a Evaristo Baschenis, da Amedeo Modigliani ad Adolfo Wildt, da Gino Severini a Lorenzo Viani, da Lucio Fontana a Piero Dorazio o Enrico Castellani, da Giorgio De Chirico a Renato Guttuso, da Alessandro Magnasco a Filippo de Pisis, i nostri neuroni ricevono veloci sollecitazioni e si formulano nella nostra mente pensieri che ricostruiscono visioni che ricompongono tasselli dei nostri amati ricordi. Gli accostamenti dei quadri e delle sculture di questi autori e di molti altri in mostra entrano negli spazi della villa per innestare in quei luoghi una linfa vitale e rendere abitabili dal visitatore e vicine quelle sale dipinte con affreschi che contengono paesaggi e favole che ancora incantano per la loro poesia. Passo dopo passo, dentro ogni camera del palazzo antico facciamo conoscenza del Bello, questa categoria o meglio percezione del nostro vivere che induce alla positività e a guardare in modo favorevole quello che ci circonda, come accade nella prima sala di Apollo e Dafne, dove la luce che entra dalle finestre illumina il forte piano realizzato da un maestro viennese dell'Ottocento. Appesa alle pareti possiamo ammirare la tavolozza accesa di Darsena, un quadro di Alfredo Chighine, un pittore che nella materia pittorica condensa anche la sua esperienza di scultore. E dentro una nicchia, vicino alla finestra, leggiamo lo stupore nei grandi occhi sgranati delLa Maddalena con la pelliccia di Giuliano Vangi dove ogni aspetto è fonte di curiosità: dalle mani e i piedi alle superfici levigate o ricche di piccoli anfratti come la pelliccia che avvolge la figura. La mostra curata dalla storica dell'arte Virginia Baradel e promossa dal Comune di Abano Terme si articola in tre sezioni che mettono insieme il genere del Paesaggio, del Ritratto e della Natura morta. Si tinge di toni romantici la sala dove compaiono le farfalle di Claudio Parmiggiani su una grande superficie bianca. Esse richiamano le ali degli elfi del dipinto di Alois Nigg che si era ispirato al Sogno di una mezza estate di Shakespeare nelle figure dei due amanti. Di seguito i paesaggi invernali di Francesco Fidanza e l'opera di Valentino Vago sembrano continuare in tempi e luoghi diversi la ricerca sulla luce, dall'azzurro al bianco e viceversa, dalla foschia alla visione. Nella sala di Mercurio ed Argo, Le bagnanti di Fausto Pirandello dove si mescolano le lezioni, nelle linee e nel colore, del cubismo e del fauvismo, interpretano un soggetto caro alla letteratura artistica che ha nel quadro omonimo di Cezanne una pietra miliare e che è stata fonte di ispirazione anche per l'altro quadro dello stesso soggetto di Ennio Morlotti, presente in mostra. L'accensione del colore, espressione di una materia che sembra plasmarsi e rigenerarsi si trasforma nel vitalismo di tocchi di luce che quasi sembrano ubriacarci nel dipinto Natura Selvatica di Renato Birolli. Dello stesso autore Donna e luna si affianca in una sala alla moglie di Picasso di Enrico Baj, opera che nonostante il gusto della scomposizione sa impreziosire il volto di Dora Maar, la compagna dell'artista spagnolo. Il volto rosso coperto da un capello giallo striato della moglie Mimise di Renato Guttuso mantiene salde le forme pur nel riaffiorare della tentazione della frammentazione cubista. Ci colpisce il quadro La signora col Crisantemo di Lorenzo Viani che si lega alla corrente dell'Espressionismo e dove il viso sembra diventare teschio, mentre ci cattura l'eleganza barocca della Bagnante di Giorgio de Chirico che mostra con naturalezza la sua avvenenza. Proseguono il racconto le Nature morte di Giorgio Morandi che hanno un fascino senza tempo e i paesaggi di Alessandro Magnasco come il Vecchio Mulino messo vicino al Gianicolo di Filippo De Pisis oppure Rejocing city that dwelt carelessly di Sergio Dangelo posto accanto a Composizione di Manlio Rho. Sono immagini di epoche diverse e di letture altre rispetto a quelle consuete della nostra visione del mondo. Una piccola sezione è dedicata a Gianfranco Ferroni, un pittore che ci conduce in altri luoghi, spazi quasi metafisici, dove gli oggetti sembrano essere rimasti i solitari protagonisti di un'azione che già si è svolta e che noi ci sforziamo di indovinare. Come testimonianza delle sinergie in gioco nella preparazione della mostra DA MAGNASCO A FONTANA possiamo citare la partecipazione degli studenti del quarto e quinto anno della Scuola di Conservazione e Restauro dell'Università degli Studi Carlo Bo di Urbino che hanno curato con la guida della docente Mariella Gnani l'allestimento e la conservazione delle opere negli spazi espositivi.

Patrizia Lazzarin – 19 ottobre 2020

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