Tina Modotti, emozioni senza trempo

Tina Modotti, emozioni senza trempo

I colori e gli aromi della vita si possono afferrare nella loro intensità anche  in una fotografia in bianco e nero. Lo sguardo di Tina Modotti lo conferma nel cogliere, con giochi di luci e di ombre, i volti di donne e bambini, fiori meravigliosi e molti luoghi simbolo intorno a lei. Le immagini nate dall’osservazione puntuale sono una cartina al tornasole capace di rivelare i sentimenti e le sfumature di un  mondo che insegue a volte, altre invece coglie rapita e rapida nel suo cammino. Dopo due grandi nomi della storia della fotografia, quali Robert Doisneau e Robert Capa, Palazzo Roverella, a Rovigo, ospita la più ampia selezione di scatti mai esposta in Italia di una tra le più importanti fotografe del XX secolo.

Nella mostra che si può ammirare nella città rodigina, potremmo “attraversare” l’intera sua opera: dai ritratti ai reportages, dalle foto nella natura a quelle che denunciano le ingiustizie sociali, fino alla ricostruzione dell’unica mostra che l’artista realizzò  nel 1929, dove furono esposte una sessantina dei suoi lavori. Il profilo dell’artista si completa con i documenti quali filmati, riviste, scritti, ritagli di quotidiani e un’ampia collezione di ritratti di Tina, scattati da alcuni tra i più importanti fotografi dell’epoca.

Una vita straordinaria, quella di Modotti, se si pensa anche al periodo nel quale è vissuta. La sua  passione per la fotografia si è accompagnata infatti a un intenso impegno politico e sociale che questa esposizione fa conoscere attraverso immagini che ci fanno rivivere il  Messico, la Spagna e l’Unione Sovietica di quasi un centinaio di anni fa. Riccardo Costantini, il curatore della rassegna,  traccia un profilo completo  di Tina, nel catalogo dell’esposizione edito da Cimorelli.

Tina Modotti  ebbe una vita breve: morì a soli 46 anni.  Costantini racconta: “Partita da Udine, dal contesto di una famiglia semplice ed emigrante di inizio Novecento ha attraversato alcuni momenti chiave del secolo in vari luoghi del mondo. Per testimoniarne l’eccezionalità …  basta ricordare come abbia infatti vissuto periodi  significativi in otto Paesi diversi (spesso incrociando momenti chiave per la storia degli stessi): Italia, Austria, Stati Uniti d’America, Messico, Germania, Russia, Francia, Spagna... Non bastasse, sul fronte linguistico è stata capace di parlare cinque idiomi diversi, con cambi repentini: sicuramente il friulano della Udine natale, l’italiano, il tedesco, l’inglese, lo spagnolo … e probabilmente un po’ di russo e francese.

La vita errante e le lingue sono due dati culturali fondamentali, ma non possiamo dimenticare come sia stata anche attrice teatrale e cinematografica, attivista politica, combattente, animatrice del Soccorso Rosso Internazionale, traduttrice, perfino – seppur con minore intensità – autrice di saggi, pittrice, poeta... e anche – fino a oggi poco noto – maestra di fotografia. Una personalità sfaccettata, una vita intensissima, un’intelligenza e un talento fuori dal comune”.

 Assunta Adelaide Luigia Modotti, detta Tina nasce a Udine nel 1896 da una famiglia operaia: è la terza di sei fratelli. Lo zio Pietro ha uno studio di fotografia e da lui probabilmente apprende alcuni insegnamenti fotografici.

Giunge  a San Francisco nel 1913 e comincia a lavorare in una fabbrica tessile. Dopo pochi anni è già acclamata nei teatri degli emigranti di Little Italy e nel 1920 fa il suo esordio cinematografico a Hollywood, posando anche come modella per importanti fotografi. L’eccezionalità della sua vita si manifesta subito. Dotata di naturale fascino e, eclettica per talento, è mossa  da un’inquietudine che la rende curiosa verso differenti  forme di arte.

Aggiunge, successivamente nel catalogo,  la studiosa Giuliana Muscio: Insieme con la cantante Lina Cavalieri, Tina Modotti fu l’unica attrice italiana a interpretare un ruolo di protagonista nel cinema muto americano.Di certo Modotti ha espresso il suo sguardo percettivo e sensibile, incredibilmente moderno, nella fotografia, ma ha posto grande attenzione anche nel costruire la propria immagine, come dimostrano le foto in cui posa per Edward Weston, soprattutto nella serie intitolata proprio “Tina che recita”.

Su incarico dell’antropologa, archeologa e scrittrice Anita Brenner nel 1926 Tina Modotti, Edward e Brett Weston, viaggiano in varie regioni del Messico con lo scopo di documentare il folclorismo dei luoghi. Nel 1929 sarà pubblicato il libro della Brenner Idol: Behind Altars. The Story of the Mexican Spirit con una selezione di circa settanta immagini. Il lavoro fu un autentico esempio di “etnografia” L’attenzione di Tina al popolare, allo spettacolo, al divertimento “di strada”, all’arte di tutti è però trasversale alla sua carriera: in questo senso vanno letti anche i lavori dedicati alle processioni con pupazzi, all’intrattenimento ambulante e, più tardi alle marionette. Modotti riscontrava in queste forme “archetipiche” la possibilità per il popolo di avere un racconto proprio, e  attraverso la lineare metafora della marionetta criticava il  potere precostituito.

Le donne rivestono un ruolo privilegiato nella sua fotografia. Molti dei suoi scatti più famosi  in questo ambito nascono  da un viaggio solitario a metà del 1929 nella regione dell’Istmo di Tehuantepec, fatto dopo l’omicidio dell’amato Julio Antonio Mella e la successiva condanna  mediatica che la indicava come colpevole. Scatta con particolare velocità, nel tentativo di fermare nel “senza tempo” fotografico la fiera bellezza delle donne tehuane, caratterizzate da una organizzazione matriarcale in cui il loro ruolo sociale, anche politicamente ed economicamente, è particolarmente significativo. Il suo sguardo diventa poi particolarmente dolce quando ritrae le maternità. Alcuni degli scatti dedicati ai bambini in braccio o mentre vengono allattati sono fra i più belli non solo del suo percorso artistico, ma anche del genere fotografico di quel genere.

Diventa in seguito interprete dei forti contrasti sociali del paese in cui vive, frequenta attivisti,  partecipa a comizi, si iscrive  al partito comunista messicano nel 1927 e per questo viene  messa al bando da parte del governo.  La sua eterna e spontanea partecipazione per la causa dei più deboli la porta a una  naturale evoluzione della sua comunicazione fotografica.

Le foto di Tina Modotti dei murales, vendute anche come cartoline e scatti singoli, hanno un ruolo fondamentale nel far conosce l’arte messicana per eccellenza alle gallerie e ai musei statunitensi.

Fino al 28 gennaio potremmo conoscere Tina Modotti in questa rassegna promossa  dalla Fondazione Cassa di Risparmio di Padova e Rovigo, in collaborazione con il Comune di Rovigo e l’Accademia dei Concordi, e sostenuta da Intesa Sanpaolo. Essa è stata prodotta da Dario Cimorelli Editore con Cinemazero – “Tina Modotti. L’opera”, che ripercorre il lavoro della leggendaria fotografa, con oltre 300 scatti, molti mai visti in Italia

Patrizia Lazzarin, 27 settembre 2023

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