Bosch e un altro Rinascimento

Bosch e un altro Rinascimento

Bosch e un altro Rinascimento è una rassegna di valenza europea in una città come Milano che è uno dei perni storici, sociologici e culturali di questa area geografica. L’artista fiammingo ha un linguaggio alternativo simbolo di un altro Rinascimento che si sviluppa e si arricchisce in modo polifonico nelle relazioni fra diversi centri europei, e non solo lungo l’asse Firenze Roma, ha dichiarato nella conferenza stampa, il noto studioso olandese Bernard Aikema, uno dei curatori della mostra assieme a Claudio Salsi, direttore del Castello Sforzesco e allo spagnolo Fernando Checa Cremades, professore di Storia dell’Arte all’Università Complutense di Madrid. L’artista Jheronimus van Aken, questo era il suo nome di famiglia, a un certo punto della sua vita preferì farsi chiamare Jheronimus Bosch. Era nato intorno al 1450 a Boscoducale, nella regione neerlandese di Brabante, alla periferia dell’impero asburgico. Di lui si possiedono poche notizie biografiche. Seppe distinguersi per una particolare cifra stilistica in cui l’invenzione che si trasforma fino ad indossare le vesti del sogno, assume un ruolo strutturale nella dinamica dell’opera pittorica. Già nella prima sezione della mostra emerge la forza innovativa del suo linguaggio che venne riconosciuto dapprima nel Sud dell’Europa, in particolare in Spagna e in Italia. A Venezia, il cardinale Domenico Grimani, colto e importante collezionista, già cinque anni dopo la morte dell’artista, possedeva tre delle sue opere, come ci racconta Marcantonio Michiel che visita, nel 1521 la sua collezione.

 Mostriciattoli, incendi e visioni oniriche vengono associati da Michiel al pittore fiammingo e spiegano l’esistenza di un Rinascimento diverso, contemporaneo a quello classico: il primo fantasioso, brillante, irregolare, capriccioso, il secondo mimetico, teorizzato da storici come Leon Battista Alberti e Giorgio Vasari e che è stato  privilegiato nei manuali di storia dell’arte. Come ha precisato ancora il professor Aikema, la mostra su Bosch è una seconda tappa, dopo quella su Albrecht Durer, e ha la finalità di provare come un fenomeno locale possa diventare europeo. La rassegna si caratterizza per l’apertura verso altri mondi figurativi e altre concezioni estetiche. L’opera il Trittico delle Tentazioni di sant’Antonio che emerge nello splendore della sua materia pittorica, all’inizio del percorso espositivo, condensa l’imagerie boschiana. Solo a voler cogliere alcuni brani del suo fare artistico come i pesci volanti,  gli uccelli travestiti con indumenti d’uomo e attrezzi da cucina, costruzioni di esseri umani ed animali con effetti curiosi e strabilianti, potremmo scrivere fogli e fogli che narrano episodi sulla varietà e sulla mutevolezza non solo dell’esistere, ma anche dell’immaginabile. Le scene apparentemente irreali condensano significati allegorici e simbolici: un altro racconto che si dispiega nei particolari disegnati e dipinti. Bosch non è un caso isolato e la sua influenza su artisti italiani ed europei è provata. Si veda il suggestivo confronto tra Le tentazioni di sant’Antonio di Giovanni Girolamo Savoldo, ora a San Diego, con Il Giudizio Finale dell’artista fiammingo, oppure  i tanti motivi boschiani che troviamo nell’opera Discesa agli Inferi di Dosso Dossi. Nel paesaggio con corteo magico di Benvenuto Tisi, che possiamo vedere in questa occasione, il gusto per il magico di Bosch lo percepiamo immediatamente negli elementi fantastici di un cammello-cavallo e di una carrozza botte, seguiti da una coppia in abiti eleganti, all’interno di una visione  panoramica di  acque cristalline, nubi come zucchero filato e una ricca vegetazione.

Il suo immaginario vivente, palpitante, fatto anche di grandi occhi umani dentro volti con enormi bocche spalancate pronte ad ingoiare, con atteggiamento quasi distratto, una folla di dannati non spaventa. Esso è uno dei tanti episodi che si dispiegano nell’olio su tavola intitolato Discesa di Cristo al limbo di un suo seguace. Un Rinascimento che diverso, unisce e combina differenti interpretazioni, come nell’olio sempre con il soggetto delle Tentazioni di san’Antonio di Jan Wellens de Cock, dove brilla il contrasto fra i corpi nudi femminili dalle linee classiche e la restante figurazione ancorata al mondo nordico. Una dicotomia tra classico e anticlassico che in quel periodo storico non era così estrema come si ascolta oggi, nel racconto a cui ci siamo abituati. Nel Codice Trivulziano di Leonardo da Vinci  ci sono volti caricaturali non molto differenti da quelli che Bosch raffigura negli stessi anni. Il mondo delle grottesche, un altro aspetto del fantastico di Bosch rimanda poi  alla moda delle grottesche all’antica che si diffuse nei primi anni del Cinquecento in Italia, Spagna e Francia e il gusto boschiano si ritrova anche alla fine del Quattrocento, in Toscana e in Italia settentrionale, nelle incisioni e nei disegni di autori famosi come Marcantonio Raimondi.

Nel Cinquecento nasce poi la passione enciclopedica che si esprime nelle Wunderkammer, parola tedesca che ha concentrato ormai il significato di questi luoghi dove si esibiva la varietà del visibile, soprattutto meraviglie, cose bizzarre e rarità. Lo stesso spirito lo possiamo cogliere nella figurazione di Bosch. Si è voluto così ricreare in mostra una Wunderkammer ideale, assimilabile per varietà ai microcosmi  che l’artista rappresentava, come si vede in una copia del Cinquecento del Giardino delle delizie. Il progetto espositivo comprende un centinaio di opere d’arte tra dipinti, sculture, arazzi, incisioni, bronzetti e volumi antichi e come ha precisato l’assessore alla Cultura di Milano, Tommaso Sacchi, esso è il frutto di un processo di cooperazione internazionale durato cinque anni, … in grado di raccontare un Rinascimento diverso rispetto a quello che ha visto i propri fasti in Italia tra il Quattrocento e il Cinquecento, creando orizzonti nuovi di conoscenza e bellezza. Possiamo ammirare grazie ai prestiti dell’Escorial e delle Gallerie degli Uffizi l’intero ciclo degli arazzi boschiani. I quattro arazzi del palazzo reale spagnolo non sono mai stati esposti insieme, fuori dalla loro sede, e anche il confronto con il cartone dell’Elefante, che si riferisce al quinto della serie ora perduto, è un fatto inedito. La mostra sarà visitabile a Palazzo Reale da oggi fino al 12 marzo 2023. Essa è stata promossa dal Comune di Milano-Cultura, Palazzo Reale e Castello Sforzesco, realizzata da 24 ORE- Cultura-Gruppo 24 ORE e ha come principale sponsor il Gruppo Unipol.

Patrizia Lazzarin, 9 novembre 2022

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