Il trionfo di Donald

E alla fine Trump trionfa. Contro ogni previsione della vigilia. Contro ogni aspettativa. Contro i media. Tutti. Anche quelli della sua parte politica. In verità negli Stati Uniti, nel profondo Sud, nei piccoli centri nessuno legge i grandi giornali, quelli che fanno (o facevano) opinione. Trump è riuscito nel miracolo straordinario di sovvertire ogni pronostico. E’ una rivoluzione. Dopo Brexit abbiamo una Hillaryexit. Sì, perché la dinastia Clinton può serenamente andare a remengo. Con la sua fondazione. Con i suoi contatti con i “maghi” di Wall Street. La Grande Finanza Globale. Nessuno, ma proprio nessuno avrebbe mai scommesso un cent sulla vittoria di The Donald. E invece… Il messaggio mandato dal popolo americano è chiaro. Chiarissimo. La politica, la grande politica, quella dei Kennedy, quella di Obama ha fallito. Chissà se qualcuno ha scommesso un solo dollaro su tycoon newyorkese. Che sarà stato un palazzinaro. Che avrà evaso il fisco (ma evidentemente le leggi americane glielo hanno consentito, altrimenti sarebbe stato sbattuto in galera, senza tanti complimenti. Come è successo ad Al Capone negli anni Trenta. Chi ha deciso di buttare via un dollaro scommettendo sulla vittoria di Trump, oggi va via con la saccoccia piena i migliaia di dollari. Non male. Non male. I bookmakers hanno clamorosamente toppato. E’ accaduto straordinariamente quel che è successo con il Leicester che ha vinto il campionato inglese. Alla vigilia del campionato in Premier League le probabilità per la vittoria della squadra di Claudio Ranieri erano di 1 a 5000. Ridotte al lumicino. Cioè nulle. Esito: il Leicester è diventato campione d’Inghilterra. Quei pochi che avranno scommesso alla vigilia su Donald un solo dollaro, ripetiamo, potrà tornarsene a casa ben contento. Hillary Clinton è risultata una candidata dell’establishment, della finanza che regna sovrana su Wall Street, ossia manifestamente sbagliata. Berry Sanders, assai probabilmente stravinto nel confronto con Trump. Ma anche lo stesso Joe Biden, il vice di Barack Obama. I democratici americani devono fare mea culpa.

Marco Ilapi, 9 novembre 2016

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Le scadenze elettorali che imbrigliano l'Europa

L’anno prossimo si festeggeranno i sessant’anni del Trattato di Roma, avvio formale della costruzione europea, ma il rischio è di arrivarci in un brutto momento, mentre forte soffia il vento populista e più debole è l’Unione. La Gran Bretegna se n’è andata; in Francia si voterà in primavera per il presidente della Repubblica e poi per il Parlamento mentre sembra. inarrestabile la marcia di Marine Le Pen il cui Front National è cresciuto sotto le bandiere che vedono nell’Europa, con la sua moneta unica, la madre di tutti i mali; a fine estate la Germania eleggerà il cancelliere, ma Angela Merkel non è più quella del 2013. L'editoriale di Bruno Manfellotto sul Messaggero Veneto.

Renzi: "Voglio fa' l'Amerikano!"

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L'Italia in balia degli Usa

  • Pubblicato in Esteri

La notizia che l'Italia schiererà proprie truppe nei Paesi est-europei ai confini della Russia, preannuncia che a pagare i costi, in termini economici e commerciali, dell'apertura di questo nuovo fronte della guerra fredda, da parte degli Stati Uniti di Barack Obama, sarà l'Italia. L'Occidente non è ben messo, sotto il profilo della leadership. In Italia, abbiamo, in Matteo Renzi, uno dei peggiori presidenti del Consiglio del dopoguerra; gli Stati Uniti, con Obama, hanno il peggior presidente. L'editoriale di Piero Ostelino su il Giornale

Le sanzioni alla Russia? Abolirle...

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