Cambi di casacca al Senato: una vergogna tutta italiana

Effetto calamita di Matteo Renzi. Fuga dal M5S. Gli eletti in Senato erano 54, ma tra espulsi e fuoriusciti volontariamente, oggi sono rimasti in 39. L’ultima a fare le valigie è stata Cristina De Pietro. Quasi tutti gli ex M5S sono finiti nel gruppo Misto (solo un senatore, Battista, è passato al gruppo delle Autonomie, in maggioranza), ma anche lì c’è stata una spaccatura tra i dissidenti. Il dissenso del dissenso. E così si è formata la componente Movimento X (Romani, Pepe, Mussini, Bignami), quella di Italia Lavori in Corso (Bencini, Bocchino, Campanella, Casaletto, De Pin e Orellana) e i «cani sciolti» (Anitori, De Pietro, Gambaro e Mastrangeli). Solo cinque, invece, le defezioni alla Camera: tutti nel gruppo Misto, tranne Zaccagnini che pochi giorni fa ha aderito a Sel. Così Marco Bresolin su La Stampa.

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La giungla è nel Palazzo

Il grande potere dell’opposizione, fondato sulla Costituzione e sul principio cardine della non-decisione, è trasmigrato intatto dai primi anni eroici del post-fascismo, della nascente democrazia e della fragile Repubblica italiana, alla maturità e alla crisi del sistema partitocratico e alla gran confusione dell’infinita transizione italiana. Sebbene possa fare impressione che al posto di Berlusconi, o di D’Alema, Veltroni, Fassino, e insomma dei leader di schieramenti maggioritari, oggi ci siano Vendola e i suoi sette senatori e Grillo con i suoi cinquantaquattro, la regola invalicabile vale anche per loro. E in quest’ambito, suona ovviamente da conferma che per oltre un trentennio siano andati falliti tutti i tentativi di cambiare la Costituzione (anche se in verità se ne parla da più tempo, addirittura dal 1969): perché da qualsiasi parte la si prenda, e perfino se si aggira il problema della Carta, ripiegando sulla legge elettorale, la questione rimane la stessa: per consentire ai governi di governare, realizzando il programma votato dagli elettori, come avviene in tutte le normali democrazie, non c’è altra strada che ridurre le garanzie eccezionali – lo strapotere, appunto – che in Italia sono ancora concesse alle opposizioni. Così Marcello Sorgi su La Stampa.

Le riforme che non arrivano: il potere di veto delle opposizioni

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Renzi pensa ad una manovra correttiva

L'economia non decolla, il crccio di Renzi, non i litigi o le prese di posizione sulle riforme del Senato e sull'Italicum. Se non fosse per quel tallone che rende il premier vulnerabile e che rischia di far saltare l’allineamento dei pianeti. Le trattative in Europa sulla flessibilità nemmeno e i margini di azione sono assai ristretti. In attesa del numero magico sulla crescita, che darà un segno alla legge di stabilità, il crescente nervosismo del premier si scarica nel rapporto sempre più teso con le strutture di via XX Settembre, dove - ritiene - ci sia un manipolo di «sabotatori. Cos' Francesco Verderami sul Corriere della Sera.

I timori di Matteo, non c'è la svolta in economia

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