Fatti in Ucraina e Libia, a Palazzo Chigi regna la confusione

Nei giorni scorsi, per fermare l’avanzata dell’Isis si è ritenuto che una risoluzione dell’Onu che autorizzava l’uso della forza fosse necessaria ma anche scontata, il che non era. Si disse che noi italiani volevamo guidare le missione. Sembrò che gli armigeri del Palazzo di Vetro (non meno di cinquantamila uomini, con mezzi pesanti) fossero destinati a verificare in loco se dovevano monitorare un accordo di pace (peace keeping) oppure fare la guerra per imporlo (peace enforcing). Non c’erano piani credibili per andare, e soprattutto non c’erano piani credibili per venire via. Quando il mondo intero cominciò a chiedersi cosa mai stesse accadendo nella pacifica Italia, l’arbitro Renzi fischiò la fine della partita. E tutti tornarono ad essere per il dialogo, per il negoziato, come sono oggi. Un editoriale di Franco Venturini sul Corriere della Sera.

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Dopo la seconda guerra mondiale, le potenze sconfitte, Germania, Giappone, Italia sostituirono nel dopoguerra il «commercio» alla «spada», cominciarono a pensare alla politica internazionale molto più in termini di affari che di deterrenza e di minacce armate. E il «dialogo», sicuramente, aiuta gli affari più della deterrenza. Pur facendo parte di alleanze militari quei tre Paesi furono ben lieti di delegare ai soli Stati Uniti il compito di agitare periodicamente il bastone. Le considerazione del politologo Angelo Panebianco sul Corriere della Sera.

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Egitto, Libia, Siria, Iraq, Afghanistan, non c'è pace...

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Mai come in questi giorni un osservatore non fazioso si rende conto che l'instabilità sta governando la Terra. Il mondo sembra avere il dito sul grilletto, afferma Franco Venturini sul Corriere della Sera. Il multipolarismo che abbiamo voluto è diventato disordine multipolare con esplosioni regionali. Ma la violenza si muove, e proprio come l’Isis non conosce confini. Forse dovremmo aggiornare le nostre priorità, e anche le nostre politiche.

Il mondo è in fibrillazione e l'Europa lo ignora

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