Mani di Matteo sulla Rai

Hanno davvero ragione gli oppositori del premier: se Silvio Berlusconi avesse osato fare solamente una piccola parte degli atti legislativi e non dell’ex sindaco fiorentino, ebbene, l’intero Paese sarebbe sceso in piazza. Chissà perché a Matteo Renzi viene consentito quel che a nessun altro uomo politico di ben altra levatura a partire da Alcide De Gasperi, per passare ad Amintore Fanfani, Aldo Moro e Giulio Andreotti è stato permesso di fare? La risposta è piuttosto semplice. Anche se indigeribile. Sono morti i partiti. Da tempo. Il problema è vissuto anche all’estero, dove Angela Merkel governa incontrastata e sembra coltivare l’intenzione di ripresentarsi per la candidatura al cancellierato fra due anni e fors’anche nel 2021  C’è da sottolineare che la situazione della Germania è ben diversa da quella nostrana. I tedeschi, dall’introduzione dell’euro, si sono certamente arricchiti, gli italiani, invece, si ritrovano impoveriti. E di molto. C’è qualcosa che non funziona in questa Europa. Se almeno gli europei, in particolare quelli che si affacciano sulla sponda del Mediterraneo, potessero essere certi di prospettive di un’unione europea vera e non fasulla, con medesime politiche economiche, fiscali e sociali, sul modello degli Stati Uniti d’America,  probabilmente il rifiuto di tutto quel che fa (sul controllo severo e arcigno sui bilanci degli Stati membri) o non fa (sulle politiche dell’immigrazione e di armonizzazione della fiscalità, per esempio) Bruxelles, ci sarebbe meno timori per le cure “lacrime e sangue” cui Grecia, ma anche l’Italia, la Spagna, il Portogallo e la Francia vengono sottoposti dalle decisioni di persone non elette con suffragio universale (Commissione Europea, Troika e Fmi). L’avere poi accettato di introdurre in Costituzione il Fiscal Compact è stato un errore incredibile, incommensurabile. Il pareggio di bilancio è una misura ovviamente ragionevole. Ma in condizioni date (la disoccupazione che cresce, la mano del Fisco sempre più soffocante sui redditi dei soliti noti, lavoratori dipendenti e pensionati, l’evasione fiscale che supera i 100 mila miliardi di euro l’anno e poco si fa per contrastarla) il nostro Paese come può sperare di recuperare il gap con le economie di Germania e Gran Bretagna? L’Italia avrebbe bisogno di uomini di governo all’altezza della drammatica situazione in cui si trova. Non ci sono all’orizzonte personalità del mondo politico di spicco. Dobbiamo accontentarci di mezze cartucce come Matteo Renzi, Silvio Berlusconi e Denis Verdini. Da qualche osservatore  definiti responsabili. Alla Domenico Scilipoti e Antonio Razzi. Dico io. Qualcun altro sostiene che si tratti di salto della quaglia o di salto sul carro del vincitore. Fa lo stesso. La verità è che c’é un esproprio di democrazia a favore di una oligarchia piuttosto squalificata. Almeno fossero stati “eletti” dagli italiani. Invece no. Sono stati tutti “nominati” dalle segreterie particolari di tre o quattro leader di partito (Renzi, Berlusconi, Alfano). Di più, fossero uomini e donne capaci, niente da obiettare, ma si distinguono solo per la “fedeltà” al capetto di turno. In Europa, infine, sono state catapultate le seconde e terze linee, mentre la Germania fa eleggere a Bruxelles e Strasburgo personalità che hanno studiato per lavorare con serietà e scrupolo nel contesto europeo. Renzi dovrebbe avere un sussulto d’orgoglio , anziché aggredire ad ogni piè sospinto  i “gufi” che si anniderebbero nel suo partito, andare da Angela Merkel, battere i pugni sul tavolo e pretendere che fino a quando i problemi della disoccupazione in Italia saranno allarmanti (come in questi ultimi anni) non saranno risolti (e i tassi si allineeranno a quelli tedeschi, per esempio), ebbene è indispensabile che si consentano politiche economiche di sviluppo, con interventi dello Stato sulle infrastrutture, in particolare nel Sud Italia e nelle isole, senza creare carrozzoni sul modello vecchia Cassa per il Mezzogiorno. Barack Obama così ha fatto negli Stati Uniti. Su questa strada deve avviarsi anche l’Unione Europea. Renzi, se ci sei, batti un colpo! E non ti occupare solo della Rai. Gli italiani non hanno bisogno del megafono di Palazzo Chigi.

Marco Ilapi, 10 agosto 2015

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Voto di fiducia, l’abuso di Renzi

Forse il premier non se ne è accorto, ma la storia del ricorso al voto di fiducia per l’approvazione, in fretta e furia, dei provvedimenti governativi rappresenta un limite alla sua capacità di interpretare il ruolo di capo dell’esecutivo. E’ sintomo di debolezza. Mancanza di prospettiva politica. Segno di arroganza. Con cui fare i conti. Costringe il dissidente di turno, che sia nel suo partito o in quello degli alleati, per senso di responsabilità, a votare a favore della norma anche quando è intimamente convinto che la legge è sbagliata. E lo si è visto in numerosi casi. Poniamo il caso dell’Italicum. Una norma che riguarda tutto lo schieramento politico dovrebbe ricevere il consenso più ampio possibile. Lo stesso dicasi per le norme sulla Buona Scuola, in corso di discussione in queste ore. A parte la considerazione che i senatori devono quanto meno conoscere il provvedimento per poter esprimere il proprio voto (il che non risulta), quando l’esecutivo presenta un maxi emendamento decadono tutte le proposte di modifica. Anche quelle ragionevoli. Il che comporta l’approvazione di una norma pasticciata, illogica, spesso incoerente. E’ ciò che Renzi vuole? Può essere. Ma la vicenda non può chiudersi così. Fino a quando potrà essere tollerato questo atteggiamento assai poco democratico? Un esecutivo che rifiuta il dialogo con parti importanti della sua maggioranza e con l’opposizione non può avere lunga vita. E infatti sta perdendo pezzi. Se poi si prospetta un soccorso azzurro o verde acqua, il ragionamento si fa ancora più pericoloso. Le elezioni politiche hanno dato un certo esito. Io ho votato Tizio, presentato da una lista a me gradita. Tizio fa il salto della quaglia (come ebbero a fare, qualche anno fa, decine di parlamentari dell’Italia dei Valori, Razzi e Scilipoti, e del partito di Gianfranco Fini (Barbareschi, Polidori tra gli altri) e la rappresentanza politica, di fatto, è falsata. Per i poveri Razzi e Scilipoti i media hanno gridato al tradimento di ideali. Oggi i salti sul carro del vincitore sembran quasi benedetti. Prima o poi i rusticano Renzi ne pagherà il fio. Consegnerà il Bel Paese a Salvini o ai Cinque Stelle? Nell’eventualità che alle prossime future elezioni politiche accadesse, le responsabilità dell’accadimento sarebbero soltanto ed esclusivamente sue. Sta delegittimando un Parlamento di fatto illegittimo per conto suo (Consulta dixit) non consentendo una discussione nel merito dei provvedimenti che l’esecutivo intende adottare. Le decisioni devono essere profondamente meditate. Qualunque decisione favorisce qualcuno (industriali? lavoratori? banche?), se poi a monte non c’è discussione approfondita nel merito, è facile che il parto sia un bel papocchio. E Renzi questo lo sa bene e deve tenerne conto. Altrimenti non ha una visione lungimirante dell’azione politica. La sua Buona Scuola, ad esempio, riceve critiche aspre da più parti. I più consentono che non sia affatto una riforma della scuola ma un grande pasticcio. Con gli 80 euro ha conquistato il consenso di milioni di italiani. Quel consenso stratosferico se lo sta dilapidando più rapidamente del previsto. Attento, premier! Il Paese ha bisogno di più occupati. Con le tue riforme, siamo ancora all’anno zero. Almeno cerca di diminuire la pressione fiscale e di tagliare la spesa pubblica. Qualunque buon padre di famiglia lo avrebbe già fatto. Poi gli 80 euro li avresti potuti dare ai disoccupati, agli incapienti ed ai pensionati oppure alle aziende che si impegnavano a nuove (nuove…) assunzioni.

Marco Ilapi

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Gli errori dell’ex re Giorgio che paghiamo caro

La Corte Costituzionale ha bocciato il blocco delle pensioni del duo Monti-Fornero. Certo, il nostro Paese nell’autunno del 2011 ha rischiato il default. Tutti i drastici provvedimenti adottati dalla squadra dei professori sono stati accettati (subiti?) da un Parlamento di nominati che aveva un unico obiettivo: restare incollato allo scranno che una legge elettorale stupida (il porcellum) ne aveva favorito l'ascesa a Montecitorio e Palazzo Madama. La paura di elezioni anticipate li ha sicuramente sorretti. Il ruolo dell’allora presidente della Repubblica Giorgio Napolitano. Pochi osservatori hanno riconosciuto che l'atteggiamento del Quirinale in quegli anni tempestosi è stato assai discutibile se non contra legem. Quando un Parlamento non funziona la soluzione più democratica è chiamare il popolo al voto. Lo si è fatto in Israele, in Grecia, in Spagna. E non sono nazioni meno democratiche della nostra povera Italia. Ma tant'è. Certo che se si fossero sciolte le Camere nel novembre del 2011 avremmo avuto esiti ben diversi da quello odierno. Mario Monti non sarebbe stato nominato senatore a vita, non ci sarebbe stato alcun governo tecnico, il partito democratico alle elezioni avrebbe stravinto con numeri bulgari, Matteo Renzi si troverebbe ancora a Palazzo Vecchio, nella sua Firenze. Purtroppo, per responsabilità di una inetta classe politica e di un pauroso capo dello Stato abbiamo dovuto sorbirci dei governi Monti-Letta-Renzi imposti in modo arbitrario e assai discutibile dal Colle. Non è che davvero ci sia stato lo zampino di Francia e Germania? Visto l'andamento dello spread nel periodo luglio-novembre del 2011, il sospetto di un Paese, l'Italia, a sovranità limitata viene. Il disastro Napolitano: tutti (o quasi) ad osannarlo per avere avuto la forza di salvare il Paese dal default. Invece non è proprio così. Il Quirinale ha affossato la democrazia. Ha causato parte dei mali di cui soffre il Paese. Se avesse osservato, come suo preciso dovere, l'art. 1 della Costituzione (la sovranità appartiene al popolo che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione) probabilmente racconteremmo un’altra storia.L'ex Presidente della Repubblica, a mio avviso, ha violato la carta costituzionale in modo palese. Danneggiando l'Italia e il suo popolo. Avrebbe dovuto immediatamente sciogliere le Camere (diciamola tutta, questo supremo atto lo avrebbe dovuto compiere già nell'autunno del 2010, quando il governo Berlusconi, pur avendo una maggioranza bulgara (sempre conseguenza di una legge elettorale porcata) non riusciva ad andare avanti. E di qui la frattura con Gianfranco Fini, la nascita dello scilipotismo, con passaggi di barricata di deputati e senatori dall'Italia dei Valori e dell'allora Alleanza Nazionale a sostegno di una traballante maggioranza. Oggi ci risiamo. Il Parlamento andrebbe sciolto, perché privo del consenso popolare. Renzi non è stato eletto, così come non era stato eletto Enrico Letta, né tanto meno Mario Monti, il quale, per dignità dovrebbe dimettersi da senatore a vita. Poi viene tristemente da considerare quanti parlamentari sono saliti sul carro di Matteo Renzi, in particolare i transfughi in massa da Scelta Civica. Gli Scilipoti ed i Razzi si sono moltiplicati. Solo che qualche anno fa i salti della quaglia sono stati stigmatizzati come comportamenti da condannare, oggi nessun commentatore (o quasi) li censura. L’art. 67 della Costituzione stabilisce che ogni membro del Parlamento rappresenta la Nazione ed esercita le sue funzioni senza vincolo di mandato ma il corpo elettorale ha eletto (si fa per dire,… tutti sono dei nominati dai segretari di partito) i vari Andrea Romano, Stefania Giannini,  a rappresentare le istanze di Scelta Civica (che si contrapponeva decisamente, come programma di governo nel febbraio 2013, al partito democratico di Pierluigi Bersani, per non parlare di Gennaro Migliore di Sel. Qualche lettore rammenta questa frase proferita qualche anno fa da Matteo Renzi nel salotto di Bruno Vespa?. “Non si sta nel Parlamento con i voti presi dal Pd per andare contro il Pd. È l'ora di finirla con chi viene eletto con i voti di qualcuno e poi passa di là... Vale per tutti, a destra e a sinistra. Se io prendo e decido di mollare con i miei, è legittimo farlo. Però allora devo anche avere il coraggio di avere rispetto per chi mi ha votato”. Oggi, il ragazzo di Rignano sull'Arno, è ben contento dei nuovi stabilizzatori, così sono definiti i novelli Scilipoti. Quale sarebbe stata la composizione del Parlamento se Napolitano avesse sciolto le Camere nel dicembre del 2010? Come sarebbe stato  suo preciso dovere di custode della Costituzione. Forse nessuno avrebbe parlato di colpo di stato. Forse il Paese sarebbe uscito dal lungo tunnel  della crisi economica ben prima. Per concludere, Giorgio Napolitano ha per davvero inguaiato l’Italia. Tutti a sperticarsi in elogi fuori luogo, quando invece avremmo tutti dovuto criticarlo in modo molto aspro. Anche l’ex re Giorgio dovrebbe dimettersi da senatore a vita. Come Monti. Il pasticcio sulle pensioni un governo serio non lo avrebbe fatto. Di questa mole infinita di errori ne paghiamo lo scotto. Oggi.

Marco Ilapi

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