La credibilità dei presidenti di Usa e Cina ai minimi termini

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Una regola inviolabile del vivere civile è non credere nemmeno a una parola proveniente dal regime comunista di Pechino, sul coronavirus e su tutto il resto. La controprova è che Luigi Di Maio pende dalle sue labbra. Chiunque non sia uno sprovveduto sa che tutte le informazioni che provengono da Wuhan sulla diffusione del virus, sul numero dei contagiati, sull’incidenza mortale, sulla chiusura e sulla apertura della società sono solo strumenti di propaganda della Repubblica popolare cinese ed è ridicolo farci affidamento o addirittura costruirci modelli statistici da applicare nel mondo libero. L’altra regola è quella di non dare credito a niente, zero, che abbia origine alla Casa Bianca di Donald Trump, il ciarlatano in chief che mente patologicamente anche a se stesso e non si cura nemmeno di nasconderlo, ammesso che se ne renda conto, anche perché a questo punto è probabile che addirittura creda alle sue fantasie. L'editoriale di Christian Rocca su Linkiesta.

Xi & Trump, i due grandi bugiardi

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La svolta digitale accelera

L'accelerazionismo è un'oscura disciplina nata in ambienti della destra libertaria, ma negli ultimi anni è diventata molto cara in quelli della sinistra radicale. A grandi linee professa la necessità di affrettare l'evoluzione tecnologica dei sistemi produttivi in modo da giungere all'automazione completa della società e a un'emancipazione dal lavoro. L'obiettivo teorico è quello di costruire un nuovo modello tecnologico-centralizzato capace di garantire un reddito universale e altre bellurie distopiche.
Fino a poche settimane fa, l'accelerazionismo era pura fantascienza applicata alla filosofia politica, ma con la pandemia da coronavirus si è trasformata in una dottrina da non sottovalutare perché sovrapponibile alla nuova realtà quotidiana.
Consideriamo il virus. Non ha causato soltanto morte e depressione economica, reclusione forzata e problemi di ordine pubblico, ma ha cambiato il mondo come l'abbiamo conosciuto finora. C'è, infatti, un aspetto sociale del contagio che rischia di avere effetti più duraturi di quelli dell'emergenza sanitaria ancora in corso. È come se il virus fosse diventato lo strumento di accelerazione della rivoluzione digitale, un microrganismo parassitario capace di cancellare le ultime scorie analogiche della società contemporanea, di eliminare fisicamente le residue sacche di resistenza all'innovazione informatica e di completare la trasformazione tecnologica della nostra esistenza cominciata con l'avvento di Internet.
Giorno per giorno ci stiamo accorgendo che ciò che ci aspetta non sarà una semplice evoluzione dell'esistente. Sarà, piuttosto, un cambiamento radicale del nostro modo di produrre, di consumare, di vivere. Lo stiamo sperimentando da più di un mese al lavoro, nella scuola, sui consumi. Gli spazi della vita analogica si stanno riducendo sotto i nostri occhi e quando usciremo dalla quarantena non ci sarà un interruttore con cui spegnere questa fase e riaccendere la vita di prima, almeno fino a quando arriverà il vaccino.
Ma con la prospettiva di ancora almeno un anno di convivenza con il virus, senza tenere conto di quanto durerà la paura del prossimo parassita, ci sarà tutto il tempo necessario a trasformarci in una società pienamente digitale dove Internet avrà la funzione della tana del coniglio di Alice nel Paese delle meraviglie: sembrerà offrirci una via d'uscita, ma in realtà dall'altra parte dello schermo una forza seducente ci attirerà dentro un tunnel buio da cui uscire diventerà sempre più problematico a mano a mano che si apriranno le porte di un nuovo mondo fantastico. Passeremo dalla vita in diretta, real time, a una forma di vita indiretta, mediata dalla tecnologia.
Siamo solo agli inizi di questa grande mutazione che comporterà cambiamenti inauditi del modo di spostarci, di curarci, di intrattenere rapporti professionali, commerciali e personali. Il virus ha accelerato la transizione della comunità globale verso una società contact-less. Se sarà migliore o peggiore di quella fisica di adesso lo vedremo, ciò che conta è che noi riluttanti uomini schizoidi del ventunesimo secolo non sappiamo ancora come comportarci.

Christian Rocca – La Stampa – 18 aprile 2020

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Il dilemma di Palazzo Chigi, ascoltare Vito Crimi o il Pd?

(Abbiamo bisogno) dei soldi europei che servono al nostro paese, e non solo al nostro, per non chiudere i battenti per sempre; e al pericolo che ci sta facendo correre. Durante la conferenza stampa di ieri, al minuto 19 e 41 secondi, il presidente del Consiglio ha detto che l’accordo raggiunto l’altroieri all’Eurogruppo, salutato con grande entusiasmo dal ministro del Tesoro Roberto Gualtieri e dal commissario europeo Paolo Gentiloni, se rimarrà così com’è non lo firmerà quando gli sarà sottoposto al Consiglio europeo della seconda metà di aprile. Conte vuole gli eurobond, i coronabond o il recovery fund, a seconda di come li si voglia chiamare, un impegno mutualistico europeo che l’accordo dell’Eurogruppo ha reso possibile grazie all’impegno politico dell’Italia e della Francia in particolare, ma ancora di là da venire. L'editoriale del direttore de Linkiesta Christian Rocca.

Conte a Bruxelles: "O gli Eurobond o la morte (dell'Italia)!

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