Tempesta sui mercati finanziari, le responsabilità dei politici

I mercati finanziari di tutto il mondo sono da anni sotto pressione. E sembrano ravvisarsi gigantesche ed evidenti responsabilità degli esponenti politici un po’ di tutti i Paesi, più significatamente di quelli europei. Vediamo di capire. Nel 2007 ha avuto inizio la crisi finanziaria del pianeta. Due numeri. In Italia, il titolo Unicredit al fixing del 21 aprile quotava 7,469 euro. Nel bel mezzo del ciclone, dopo lo scoppio dello scandalo Lehman Brothers, questo titolo è giunto a perdere oltre il 91% del suo valore nominale. Cioè a dire, l’istituto di credito (per inciso la più internazionalizzata delle banche italiane)  oggi guidato dal buon Federico Ghizzoni e fino al 2010 da Alessandro Profumo (oggi Monte dei Paschi di Siena che non ha vita tranquilla…), a breve avrebbe dovuto portare i libri in tribunale. Il che non è avvenuto. Così è accaduto in questi ultimi anni per tante altre società, finanziarie e non, che hanno subito violenti scossoni nelle valutazioni di borsa. Naturalmente molti piccoli azionisti ci hanno rimesso le penne. Ma non i grandi azionisti, i quali hanno visto crescere il proprio patrimonio. Addirittura uno dei più grandi contribuenti del nostro Bel Paese nel periodo più buio della crisi, mentre oltre metà del popolo italiano piangeva lacrime amare, questo signore vedeva lievitare sensibilmente la sua dichiarazione dei redditi da 23.057.881 (del 2009) a 48.180.792  euro (del 2010)! La crisi non ha colpito tutti. Una parte degli italiani e, presumo, anche di tutti gli altri Paesi ha brillantemente superato le asperità di un crack che ha messo al tappeto la gran parte dei lavoratori dipendenti, dei pensionati e anche di tanti liberi professionisti, per non parlare delle generazioni più giovani, di quelli che il lavoro non lo hanno mai conosciuto. La sensazione che si ha è che i leader politici che non sanno o non vogliono affrontare i nodi della crisi che si è abbattuta sull’universo mondo con i loro comportamenti sbagliati, con le loro affermazioni disinvolte riescono sistematicamente ad influenzare l’andamento dei corsi borsistici. Si pensi a quel che sta accadendo in queste settimane a proposito del sostegno sì sostegno no alla Grecia di Alexis Tsipras, il chiaro vincitore delle ultime elezioni politiche. Il cancelliere tedesco promette una linea di credito ad Atene, le borse esplodono. Il ministro delle finanze di Berlino o il governatore della Bundesbank si impuntano sul rispetto delle ferree regole stabilite e concordate con Antonis Samaras e la Troika e  i mercati finanziari reagiscono immediatamente affossando i listini azionari. D’altronde, basta pensare al fatto che alla Grecia sono stati concessi negli ultimi anni aiuti per 240 miliardi di euro e la situazione economica di Atene anziché risollevarsi è precipitata sempre più. Sicuramente anche in Grecia ci sarà una parte, pur piccola, dell’imprenditoria e della finanza che se la ride, perché i loro redditi non solo non sono stati intaccati dalla crisi, ma hanno portat all’estero i propri capitali. Quello che è successo anche nel nostro Paese. Renzi queste cose le sa, fa finta che sia sufficiente uno spruzzar di entusiasmo, di voglia di guardare avanti, per ribaltare la triste situazione di buona parte dell’Italia giace. Bastassero l’approvazione del jobs act, le riforme elettorali, del Senato e del sistema delle provincie (a tutt’oggi non attuate) perché le cose cambino, stiamo freschi. Dell’evasione fiscale nessuno più parla, della lotta alla corruzione neanche, della indispensabile riforma dell’istituto della prescrizione che favorisce l’impunità on interessa al Pd, evidentemente. Intanto l’Italia arretra, la Grecia soffoca, la Spagna andrà ad elezioni fra qualche tempo, la Libia è nel caos, l’Ucraina è squassata dalla guerra civile (Putin non ne sa nulla?), gli sbarchi di migliaia di clandestini tolgono il sonno ad Angelino Alfano ed a Matteo Salvini,  l’Onu dorme  e l’Unione Europea sta a guardare. Non è un bel vedere, questo, e i presupposti per un’inversione della situazione, economica e sociale è ancora di là da venire.

Marco Ilapi

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Merkel governa l'Europa facendo gli interessi di Berlino

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La cancelliera tedesca Angela Merkel è l’interlocutore che rappresenta l’Europa. Gli altri presunti protagonisti – dal mite François Hollande ai vari commissari europei, Federica Mogherini o Pierre Moscovici – sono solo comparse che servono a salvare la finzione di una politica estera che sia vagamente europea e non soltanto una proiezione di quella tedesca. Sui destini del governo Tsipras e il nuovo, ennesimo, piano di salvataggio Angela Merkel ha potere di veto: poco comprese dai più, anche le mosse di Mario Draghi, che con la Bce sottolinea la gravità della situazione di Atene, servono a mettere Berlino davanti alle proprie responsabilità. Un articolo di Stefano Feltri su il Fatto Quotidiano.

L'Europa ha chi la rappresenta, è Angela Merkel

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Est Europa, la vittoria di Vladimir

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Bruxelles ha perso: alle trattative Lady Pesc non c’era. Un perdente certo è Bruxelles, cioè l’Unione Europea, scavalcata bellamente dall’iniziativa della cancelliera tedesca Angela Merkel e dal presidente francese François Hollande, che dai giorni tragici degli attentati di Parigi, sembra essere politicamente rigenerato, tanto da aver cambiato decisamente registro in autorevolezza e dinamismo, portando la Francia di nuovo al centro della diplomazia internazionale. Altra sconfitta è Lady Pesc, Federica Mogherini – alto rappresentante dell’Ue per gli Affari Esteri e la politica di sicurezza: di fatto è stataspodestata del suo ruolo, spettatrice ai margini dei momenti più delicati e decisivi della crisi ucraina e “saltata” a piè pari dall’azione congiunta non solo di Parigi e Berlino, ma anche di Mosca e Kiev. Un articolo di Leonardo Coen su il Fatto Quotidiano.

Minsk, Unione Europea, la grande assente

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