Cecco del Caravaggio, l’allievo modello

Cecco del Caravaggio, l’allievo modello

Riapre oggi al pubblico l’Accademia Carrara in una nuova veste, nell’anno in cui Bergamo è con Brescia la Capitale Italiana della Cultura. Allo stesso tempo potremmo ammirare nelle sale dell’istituzione museale la prima rassegna dedicata a Cecco del Caravaggio, del quale ancora molto rimane avvolto in un alone di mistero e che è stato allievo e modello del grande Michelangelo Merisi. Rappresenta la prima occasione in Italia e nel mondo per conoscerlo attraverso diciannove delle venticinque opere  di lui note e per confrontarlo con alcune delle creazioni del maestro  e di altri pittori che lo hanno ispirato o da cui ha tratto materia per il suo fare artistico. La modernità rivoluzionaria di Caravaggio, sia nelle scene sacre  come la Morte della Madonna e nelle Storie di San Matteo, sia nelle nature morte con frutta e ragazzi, offrono una versione di pregnante realismo, memore della caducità della vita a un tempo, ma anche capaci di cogliere la purezza del sacro e la semplicità evangelica. Il suo allievo Francesco Boneri, detto  Cecco del Caravaggio, nasce intorno al 1585 e muore dopo il 1620 e, pur nella scarsezza delle fonti di cui se ne parla, lo possiamo  riconoscere nel volto del sensuale San Giovanni Battista della Capitolina, nell’angelo della Conversione di San Paolo della Collezione Odescalchi e nell’irriverente e giocoso Amor vincit omnia di Berlino del Maestro.

Sicuramente è il Davide che esibisce la testa tagliata di Golia nel dipinto della Galleria Borghese  e forse potrebbe essere anche il chierichetto urlante nel Martirio di San Matteo nella Chiesa di San Luigi dei Francesi. Sono tutte opere che tramandano la potenza espressiva del pennello di Caravaggio. Cecco sembra portare agli estremi  la lezione del Merisi con un iperrealismo ante litteram, privo di timori censori ed esplicito nei rimandi erotici e nei messaggi omosessuali. Anche la sua linea e i suoi colori diventano sperimentali, deciso il tratto che vuole raccontare altri aspetti e percezioni del mondo reale. Lo storico dell’arte Roberto Longhi lo definiva come una delle più notevoli figure del caravaggismo nordico. Ora, grazie ai recenti studi, l’aggettivo nordico va riferito al Nord Italia e non all’Europa. Gli approfondimenti del curatore della rassegna Gianni Papi, a partire dagli anni 90’ e la scoperta di nuove opere hanno reso possibile far luce sulla vicenda artistica di Cecco, colpito da damnatio memoriae. Per l’artista Boneri mancano le fonti, ma vi sono state anche cattive interpretazioni come quella sulle sue origini. Lo storico Papi ha messo in relazione la sua pittura con quella del bresciano Giovanni Girolamo Savoldo, da cui egli mutua una lezione condita di  classicismo e naturalismo.

Cecco fu apprendista nello studio del Caravaggio dove, diversamente dalle altre botteghe romane e fiorentine, gli allievi imparavano guardando il maestro, ritraendo modelli dal vero, senza insegnamenti a priori e mescolando arte  e vita. Egli visse così a fianco del Merisi  e  viene citato come Francesco garzone, o il suo Caravaggino o Francesco detto Cecco del Caravaggio. Fece parte della sua schola assieme a Ribera, Spadarino e Manfredi, considerati quelli più vicini al maestro. Con oltre quaranta opere  provenienti da collezioni private e pubbliche italiane e nel mondo il percorso della mostra fa emergere gli artisti che come Valentine de Boulogne, Bartolomeo Mendozzi e Pedro Núñez del Valle accanto a Caravaggio e Savoldo, furono simili per ispirazione a Cecco.

L’esposizione si inserisce nel nuovo ordinamento interno dell’Accademia Carrara che intende valorizzare il ruolo del museo come Casa del collezionismo che si è arricchito negli anni con le raccolte di oltre 260 donatori, a partire dal fondatore Giacomo Carrara a Guglielmo Lochis, da Giovanni Morelli a Federico Zeri fino agli anni recenti con Mario Scaglia. Maria Cristina Rodeschini, direttrice dell’Accademia Carrara, racconta: la mostra di Cecco rappresenta un pittore che merita di entrare nell’Olimpo dei più interessanti pittori caravaggeschi italiani. La sua più che probabile origine nel territorio di Bergamo è un motivo in più per aver fatto questa scelta. Inoltre l’interesse del pittore per la magnifica pittura di Savoldo e l’influenza esercitata su Evaristo Baschenis, declina un trait d’union tra Brescia e Bergamo, città e territori che nel 2023 avranno insieme il titolo di Capitale Italiana della Cultura. La rassegna sarà visibile fino al 4 giugno 2023.

Patrizia Lazzarin, 28 gennaio 2023

 

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