Rai, nomina del dg, l'errore del governo

Rai, nomina del dg, l'errore del governo

«Fuori i partiti» è stato il solito e inutile ritornello, e infatti sono di nuovo tutti dentro. La sottoscritta è stata tirata in ballo, ringrazia, e declina. Dunque la Rai, con i suoi 11.000 dipendenti e un enorme indotto, non è solo un’azienda che ha bisogno di essere organizzata in modo più produttivo, rappresenta ben altro: sui suoi canali transitano ogni giorno 37 milioni di persone con una media di 10 milioni che si fermano sulle sue prime serate. Questo vuol dire che influenza una consistente fetta di popolazione, ma non ha «peso» nella creazione di consapevolezza, proprio perché la lottizzazione la priva del concetto di obbiettività, oltre a gravarla di costi insostenibili. Il direttore generale uscente ha avviato un progetto che dovrebbe, in prospettiva, approdare ad un unico, autorevole e indipendente telegiornale nazionale, come avviene in tutte le tv pubbliche del mondo democratico. Una riforma epocale che rischia di trasformarsi in orrore se chi dirigerà questa newsroom non avrà una indiscussa esperienza sul campo, e quell’indipendenza dalla politica necessaria a garantire il pluralismo. La scelta di questa figura cruciale se la sobbarcherà il nuovo direttore generale, che avrà anche i poteri di un amministratore delegato. E chi nominerà questo supermanager? Se fossimo un Paese moderno se ne occuperebbe un comitato di esperti estraneo ai partiti, invece sarà di nuovo il presidente del Consiglio. Un articolo di Milena Gabanelli sul Corriere della Sera.

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