E' quasi certo il voto a primavera

da internet

Giorgio Napolitano ha parlato. A breve lascerà la carica sul Colle che lo ha visto, magari suo malgrado, protagonista della vita politica italiana degli ultimi tempestosi anni. Fosse stato, l'Italia, un Paese normale, si sarebbe dovuto andare al voto fin dal 2010. Il presidente, re Giorgio, con un artificio, lo ha impedito. Ricordiamo le turbolenze di quella orrida stagione? I passaggi di parlamentari da uno schieramento all'altro? Ergo, si sarebbe dovuto andare a elezioni subito. E quel che è accaduto l'anno successivo? L'inopinata nomina di Mario Monti a senatore a vita e l'incarico al professore varesino della formazione di un'esecutivo tecnico per salvare il Belpaese. Quando, poi, l'allora Pdl decise di togliere la fiducia a Monti, ecco che con il porcellum di Calderoli si è andati al voto per cristallizzare gli schieramenti e non conseguire il risultato elettorale desiderato e dal Pd e dal Pdl per l'intromissione esplosiva del Movimento 5 Stelle di Beppe Grillo, cui nessuno accreditava (prima del voto) il consenso che avrebbe ricevuto il 24-25 febraio 2013. Gli italiani erano (e sono ancora) stanchi. Occorre essere intellettualmente onesti: se Bersani non si fosse ostinato ad appoggiare Mario Monti (e Giorgio Napolitano), oggi la situazione sarebbe politicamente più trasparente o, se volete, meno confusa. L'attuale Parlamento è illegittimo perché eletto con legge incostituzionale. Tutti in Italia sapevamo che il porcellum era una legge pessima. La Corte avrebbe dovuto censurarla ben prima. Ma tant'è. Adesso si è nuovamente al punto di partenza ma le condizioni del Paese ancor più precarie. Dunque, prima si andrà al voto e meglio sarà per l'Italia. Napolitano ha deciso di lasciare il Quirinale, i partiti fanno macchina indietro e tornano a litigare. Ma sembra chiaro anche ad un cieco che si voterà nella prossima primavera. E' semplice: una volta eletto il nuovo presidente della Repubblica, il governo dovrà rassegnare le dimissioni. Magari l'incarico sarà affidato allo stesso Matteo Renzi e chissà se avrà la fiducia di queste Camere. Sì, perché molti a parole approvano l'operato del premier ma, sotto sotto, ne auspicano il fallimento in quanto i risultati del suo lavoro ancora non si intravedono: l'occupazione ristagna, il Paese non cresce, i giovani non trovano lavoro, i pensionati piangono, sempre più milioni di famiglie non riescono ad arrivare non a fine mese ma alla terza settimana, e l'Europa ci castagna. Se Renzi non avrà una maggioranza chiara, il nuovo presidente della Repubblica, come suo primo atto, provvederà a sciogliere le Camere. Se l'Italicum sarà finalmente legge dello Stato, emergerà dalle consultazioni elettorali una maggioranza a prova di bomba e il premier porterà a compimento il suo mandato. Altrimenti, fibrillazioni, litigi, paese allo sbando. Ecco un bell'articolo di Stefano Folli su la Repubblica sulle imminenti dimissioni di Re Giorgio (Marco Ilapi).

L'inquilino del Quirinale è stanco e ritiene di aver diritto di esserlo. Rispetta gli impeàgni con puntualità, a elezioni subito. E quel che è accaduto l'anno successivo? L'inopinata nomina di Mario Monti a senatore a vita equelli interni e quelli internazionali, ma sta diradando l'agenda, se si tratta di allontanarsi dal Quirinale. Fra qualche giorno, il 17, sarà all'Università Bocconi per assistere al ricordo di Giovanni Spadolini a vent'anni dalla morte. Poi un paio di appuntamenti europei, di cui uno a Torino, utili a ricordare che il destino italiano si compie in Europa e non altrove. Infine il messaggio di Capodanno agli italiani, l'ultimo dei nove pronunciati a partire dal 31 dicembre 2006. L'anticipazione di Stefano Folli su la Repubblica.

Napolitano addio al Quirinale, i partiti litigano

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