Fondi dall'Unione Europea, l'Italia non puo' fare da sola

Queste le parole del presidente del Consiglio Giuseppe Conte: "Con la presidente von der Leyen stiamo cercando una strada per ottenere anticipi", ha detto il premier. Di che tipo? Immagino delle sovvenzioni del Recovery Fund. Pare quindi che il paese che nell'ultima asta di Btp decennali ha fatto gonfiare il petto ai nostri patrioti per la richiesta monstre degli investitori, e dopo l'altro trionfo del collocamento del Btp Italia, con un tasso reale onnicomprensivo di poco inferiore a 1,5%, abbia un disperato bisogno di soldi, e li voglia ieri. Purché gratis. (...) Ipotizzabile che, come nel caso del MES, anche qui i tassi siano da negativi a nulli. Ma allora, perché l’Italia non li ha ancora chiesti? Io un’idea ce l’avrei: perché saremmo ancora i primi a farlo, e varrebbe la famosa questione dello stigma, cioè il rischio che tale richiesta mandi ai mercati il messaggio che stiamo per finire male. Davvero? Boh, così ripetono ossessivamente per il MES ma col SURE la logica è identica, credetemi. E quindi, che vuole il governo italiano? Ve lo (ri)dico: vuole soldi gratis, cioè l’erogazione immediata della parte netta di nostra “spettanza” del Recovery Fund. E perché? Perché il governo italiano è terrorizzato all’idea di sommare debito a debito e vuole comprare tempo, sperando che passi ‘a nuttata. Il commento di Mario Seminerio su Phastidio.

Conte chiede all'Únione Europea un anticipo sul Recovery Fund!

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Per la prima volta l'Europa batte un colpo. E che colpo!

Il programma della Commissione europea è stato definito, sia pure in via di sintesi, un "evento storico" in quanto per la prima volta si prefigurano interventi di spesa pubblica europea finanziati con l'emissione di obbligazioni europee. Ci vorrà del tempo per valutare tutti gli aspetti della innovazione che si innesta nella continuità e per questo oggi è meglio fermarsi su alcuni punti politicamente più qualificanti e calati in filiere programmatiche consolidate e nuove nella territorialità dei singoli Stati. (...) L’accordo tra Marcon e Merkel ha dimostrato la piena consapevolezza che il XXI secolo, iniziato con due crisi - quella finanziaria prima, quella pandemica del Covid poi - richiedeva l’urgenza per la Unione Europea di ritrovare o rifondare una nuova solidarietà innovativa. Questo impulso si è innestato sul programma di mandato che la presidente della Commissione Europea von der Leyen aveva presentato nell’assumere il proprio ruolo, così dimostrando la differenza che per me sussiste tra “innovazione nella condivisone” e “improvvisazione nella divisione”. Perché mentre la prima caratteristica connota di Dna europeo, talvolta con lunghi periodi di rallentamento, la seconda è un’aspettativa sbagliata di chi scambia l’Europa per un’arena di scontri nella quale bisogna “battere i pugni sul tavolo” per ottenere risultati. Il commento di Alberto Quadrio Curzio su Hington Post.

L'Unione Europea si e' data una mossa, adesso tocca all'Italia

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Una montagna di soldi dall'Europa, non sprecarli!

C’è un “mondo nuovo” da ridisegnare, una “economia giusta” da costruire, seguendo le considerazioni che vengono sia da Papa Francesco sia da settori qualificati del pensiero economico e del mondo delle imprese, per un privilegio degli stakeholders values, i bisogni e gli interessi di lavoratori, clienti, fornitori, consumatori, comunità con cui le imprese stesse stabiliscono positive relazioni. Per dirla in sintesi, più che di un “nuovo Piano Marshall” servirebbe, in Europa, un “nuovo Piano Delors” fondato su investimenti ambiziosi in infrastrutture materiali (quelle digitali, innanzitutto) e immateriali (comprese ricerca, formazione, cultura, salute, sicurezza, etc.) per uno straordinario salto di qualità e sostenibilità delle economie europee. Il commento di Antonio Calabrò su Huffington Post.

Non serve un piano Marshall ma un nuovo piano Delors

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