Renzi, tanto rumore, risultati ancora pochi

 Il governo Renzi I ha superato la boa dei 500 giorni, e in quest’arco temporale ha messo sotto tiro la scuola, la Pubblica amministrazione, la Rai, il mercato del lavoro, le prefetture, le Camere di commercio, le Province. E ai piani alti del sistema la legge elettorale, il Senato, le competenze delle Regioni. Con quali effetti? C’è una direzione, c’è una parola d’ordine che riassume l’epopea riformatrice?

L'Italia costretta a cambiare da un Renzi che si crede Machiavelli

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Rai, nomina del dg, l'errore del governo

«Fuori i partiti» è stato il solito e inutile ritornello, e infatti sono di nuovo tutti dentro. La sottoscritta è stata tirata in ballo, ringrazia, e declina. Dunque la Rai, con i suoi 11.000 dipendenti e un enorme indotto, non è solo un’azienda che ha bisogno di essere organizzata in modo più produttivo, rappresenta ben altro: sui suoi canali transitano ogni giorno 37 milioni di persone con una media di 10 milioni che si fermano sulle sue prime serate. Questo vuol dire che influenza una consistente fetta di popolazione, ma non ha «peso» nella creazione di consapevolezza, proprio perché la lottizzazione la priva del concetto di obbiettività, oltre a gravarla di costi insostenibili. Il direttore generale uscente ha avviato un progetto che dovrebbe, in prospettiva, approdare ad un unico, autorevole e indipendente telegiornale nazionale, come avviene in tutte le tv pubbliche del mondo democratico. Una riforma epocale che rischia di trasformarsi in orrore se chi dirigerà questa newsroom non avrà una indiscussa esperienza sul campo, e quell’indipendenza dalla politica necessaria a garantire il pluralismo. La scelta di questa figura cruciale se la sobbarcherà il nuovo direttore generale, che avrà anche i poteri di un amministratore delegato. E chi nominerà questo supermanager? Se fossimo un Paese moderno se ne occuperebbe un comitato di esperti estraneo ai partiti, invece sarà di nuovo il presidente del Consiglio. Un articolo di Milena Gabanelli sul Corriere della Sera.

Rai, le promesse tradite del premier

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Rai negl appetiti del governo Renzi

Riforma della Rai. Di nuovo si applica la bistrattata legge Gasparri che consegna all’esecutivo la scelta di 2 membri su 9 del consiglio d’amministrazione. Rendendolo così quasi indipendente dal governo, e celebrando perciò l’ossimoro, perché l’indipendenza o c’è o non c’è, come la gravidanza: nessuna donna è mai stata quasi incinta. La legge Renzi trasforma la semi-indipendenza in semi-dipendenza, dato che i consiglieri d’estrazione governativa salgono in percentuale (2 su 7). Di più: con questa legge, sempre il governo propone il direttore generale, che avrà i poteri di un amministratore delegato. Bene, se il nuovo ruolo saprà garantire un’iniezione d’efficienza. Male, perché in nessun grande Paese europeo il vertice dell’emittente pubblica costituisce un’emanazione dell’esecutivo. Come ha osservato Ingrid Deltenre, direttrice dell’European Broadcasting Union, in un’audizione al Senato.  Ma l’indipendenza è una creatura fragile, precaria. L'editoriale di Michele Ainis sul Corriere della Sera.

I partiti all'assalto di Saxa Rubra

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