L'Ue cede al ricatto di Tsipras

Atene ha ottenuto quattro mesi di respiro per le sue esangui finanze. Niente di male, naturalmente. Fa parte della politica, anzi forse è l’essenza stessa dell’arte politica, manipolare i fatti attraverso le parole. Il problema, tuttavia, è che i fatti resistono. E il fatto fondamentale, che resta in piedi al di là di ogni accordo, di ogni dichiarazione, di ogni promessa, è che l’Europa non solo non è ancora fuori della crisi iniziata sette anni fa, ma non ha trovato alcun meccanismo per far sì che quel che è successo allora non si ripeta in futuro. Qui non mi riferisco all’eventualità che la Grecia debba essere salvata un’altra volta ad agosto, e poi un’altra nel 2016, e poi un’altra ancora negli anni a venire. No, il punto decisivo è che quel che è successo in questi anni, con la Grecia come con gli altri Pigs, potrebbe benissimo ripetersi in futuro. E questo per una ragione molto semplice: nonostante alcuni tentativi di restyling della governance europea, i meccanismi economici di base dell’Eurozona sono rimasti sostanzialmente invariati. Un editoriale di Luca Ricolfi su Il Sole 24 Ore. 

L'affaire Gracia spinge altri Paesi a rinegoziare il debito

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La democrazia è a rischio

La democrazia partecipata, cioè col consenso del popolo e l'esercizio dei suoi diritti, è in forte declino. Questo fenomeno varia da paese a paese sia nelle forme sia nelle date in cui quel fenomeno ebbe inizio, ma il processo di decadimento è generale in tutti i continenti che compongono il nostro pianeta. Per noi il decadimento cominciò una trentina d'anni fa ed è andato aumentando nel ventennio berlusconiano ma, continua ad aumentare sempre di più. Il fenomeno si manifesta soprattutto in Occidente dove le democrazie partecipate sono nate e si sono sviluppate. Il sondaggio accenna anche alle cause che fanno da sottofondo al fenomeno ma in questo caso non si tratta più di sondaggio bensì di interpretazione dei sondaggisti. La causa si chiama indifferenza, soprattutto da parte dei giovani. O addirittura lo si può chiamare nichilismo. I giovani non si interessano alla politica né alla storia e al lascito di esperienze che il passato consegna al presente e si disinteressano anche del futuro. Un editoriale di Eugenio Scalari sula Repubblica.

Troppi fronti aperti per il rottamatore Renzi

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Ue-Grecia, il braccio di ferro genera rinvio a luglio

Durante la crisi, le democrazie nazionali hanno dovuto fare i conti con le compatibilità europee: referendum (in Irlanda e in Grecia), elezioni (in Spagna e in Italia), sentenze delle corti costituzionali (in Germania e in Portogallo) sono stati oggetto di un tiro alla fune con Bruxelles. L'Italia lo sa meglio di altri: nell'ottobre 2011 arrivarono a Roma una ventina di tecnici della Commissione europea e della Bce. Al successivo vertice di Cannes, il governo accettò l'invio degli esperti del Fondo monetario. Anche noi, come oggi i greci, abbiamo taciuto il nome della “Troika”. Ma l'Italia ha poi reagito, bene o male, con le proprie forze e con tre anni di severi sacrifici e graduali riforme. La fine della sovranità è un alibi: nei paesi dell'euro, il 50% del Pil resta intermediato dagli stati; i divari nei livelli di tassazione sono molto ampi. Ci sono i margini fiscali per realizzare politiche nazionali che assecondino le preferenze dei cittadini. Il vero discrimine è tra politiche – nazionali ed europee - favorevoli alla crescita e politiche, in tal senso, inefficienti a fronte di debiti eccessivi. Un editoriale di Carlo Bastasin su Il Sole 24 Ore.

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