Svolta nel Pd, chi non è con Matteo peste lo colga!

Renzi non intende affatto dar vita a un bis del Pd. Più semplicemente, e brutalmente, vuole a prendersi tutto il partito attuale. Per trasformarlo dapprima in un partito personale e poi in un partito unico e autoritario. Con un solo uomo al comando: se stesso. E senza veri concorrenti. Come lo chiamerà non lo sappiamo. I media hanno parlato di Partito della Nazione. Ma l'unica certezza e che sarà una costruzione diversa da tutte le altre che conosciamo, senza opposizioni, in grado di inchiodare la politica italiana a un regime personale. Dove conterà soltanto il verbo del leader. Così Giampaolo Pansa su Libero.

Leopolda, nasce il PdR

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Sprechi dissennati delle nostre regioni

La regione Lazio, che pure ha ora avviato una importante revisione della spesa, negli ultimi due anni ha accumulato in media 192 euro annui a cittadino sotto l'etichetta dei «consumi intermedi», contro i 74 della Lombardia, i 66 del Piemonte e i 28 dell'Emilia Romagna. Una voce importante nei consumi intermedi è data dai contratti di servizio per il trasporto, che a livello complessivo arrivano ad assorbire in media oltre tre miliardi di euro all'anno, con forti differenze tra Regione e Regione. Così Gianni Trovati su Il Sole 24 Ore.

Questo regionalismo proprio non funziona

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Renzi è il momento di fare delle scelte

Hanno ragione i dirigenti del partito democratico che contestano gli atteggiamenti un po’ sbruffoni del premier Renzi. Il premier si è tenuto l’incarico di segretario del partito per evitare che la guida dello stesso potesse cadere in mani nemiche (Cuperlo? Civati?...). L’Italia non è la Gran Bretagna, dove il segretario del partito che vince le elezioni diventa, in automatico, anche capo dell’esecutivo. La storia della democrazia inglese è piuttosto diversa da quella nostrana. In Albione non sono presenti quella quarantina di partiti e partitini che sconvolgono (è il caso di sottolineare) la vita politica del Paese. In Italia bastano un Mastella, un Bertinotti , un Casini o un Fini qualsiasi per mandare a carte quarantotto un governo che, al suo nascere, può contare su una maggioranza più che solida. Si è approvato, in prima lettura, l’Italicum ma, la sensazione più diffusa, è che sia una legge elettorale addirittura peggiorativa rispetto al vituperato Porcellum. Si sta cercando di modificare la struttura del Senato della Repubblica, ma anche in questo caso il grado di insoddisfazione della cittadinanza è palpabile: si sta consegnando un grande potere (anche legislativo su questione fondamentali per la convivenza civile) a rappresentanti dei consigli regionali che certamente non hanno dato prova di particolari virtù. I casi Fiorito, Renzo Bossi e Cota gridano vendetta. Quasi tutte le regioni hanno parecchi scheletri nei loro armadi. La magistratura se ne sta occupando da qualche anno. Renzi ha voluto abolire le provincie ma i risparmi dove sono? Avrebbe, a mio avviso, pretendere una riorganizzazione dello Stato su basi più ampie e proporre la creazione delle macroregioni, come suggerito anni addietro dalla Fondazione Agnelli. I risparmi sarebbero stati ben più consistenti. Com’è possibile tenere in piedi due regioni come la Valle d’Aosta ed il Molise che, insieme, non fanno gli abitanti di una media città italiana? Renzi deve accettare una guida collegiale del suo partito e non cadere nella trappola che gli sta tessendo Silvio Berlusconi in combutta con Angelino Alfano, i quali si stanno accordando per riunificare tutto quel che resta del centrodestra e alla luce del sole. Come mai non se ne accorge? Ha, evidentemente, cattivi consiglieri intorno a sé. Finirà come Mario Monti e come Enrico Letta. O fa le riforme che urgono al Belpaese o si prepari a fare le valige. Si rammenti che anche il prof. Monti ha goduto di una lunga, lunghissima luna di mele con i partiti e con l’elettorato si di centro sinistra che di centrodestra. Gli italiani ancora lo sostengono, ma possono anche all’improvviso decidere di voltargli le spalle. Sono creduloni sì, ma quando la misura è colma… Lo hanno già dimostrato parecchie volte. Va bene insistere sugli 80 euro, va meno bene sostenere che il suo governo non ha aumentato le tasse. La Tari e la Tasi che sono sono? Matteo ha fatto tante (troppe) promesse. Il difficile è, adesso,  realizzarle. Enrico Letta (hastag Enrico, stai sereno…) si starà sbellicando dalle risa, perché il premier che lo ha defenestrato in modo brutale da Palazzo Chigi non ha ancora mantenuto una promessa che è una. Il Senato sta ancora lì. Ce ne vuole perché sia di fatto cancellato. La legge elettorale, uguale. Il Jobs Act, idem. Di presidenti del consiglio che hanno promesso mirabilie (non ultimo l’ex Cavaliere, disarcionato da … se stesso) per riportare il Belpaese ai grandi fasti del passato (ormai quasi remoto) ce ne sono stati molti. Lo stesso Mario Monti aveva incautamente parlato di “una luce in fondo al tunnel della crisi”. Siè visto come sono andate le cose. Come stanno andando le cose. Un sano scetticismo non guasta nell’ascoltare le parole del nostro premier. Renzi incominci a circondarsi di persone competenti e capaci e non solamente di belle statuine. Prima di lui lo aveva fatto Berlusconi e si sa come le cose sono andate a finire. Impari ad ascoltare chi vuole davvero bene al Paese. Eviti le rotture frontali e ascolti chi vuole il bene dell’Italia. Il premier eviti di restare sul piedistallo in cui il disfacimento dei partiti (tutti o quasi) lo ha inconsapevolmente aiutato ad installarsi per evitare il fracassarsi le ossa quando il vento soffierà contro, se le sue tante (troppe) promesse non si realizzeranno. Come i suoi oppositori auspicano. Come i suoi tanti sostenitori temono. Il matrimonio in vista tra Fi e Ncd non promette nulla di buono per il segretario del partito democratico. Matteo faccia l'interesse degli italiani o non gli interessi della sua bottega fiorentina.

Marco Ilapi

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