I costi della mancata riforma dell'Onu

I costi della mancata riforma dell'Onu

I nodi vengono al pettine, urge modificare le regole di funzionamento del Consiglio di Sicurezza dell'Onu

L’apertura dei lavori della 78esima Assemblea generale delle Nazioni Unite – che si è inaugurata a New York in questi giorni – è uno di quegli grandi appuntamenti, di cui quasi tutti parlano male, ma che quasi tutti seguono. E ai cui riti non si sottraggono quasi mai presidenti e capi di governo dei cinque continenti (...) Da qui la spinta per avviare una riforma della carta dell'Onu, che è stata teatralmente – e anche un poco gigionescamente – invocata dal presidente ucraino Zelensky proprio dal palco dell'Assemblea. Non vi è dubbio che la riforma del CdS (l'organo decisivo per il funzionamento dell'Onu) sia ormai ineludibile, per renderlo più rispondente al mondo molto più multipolare e meno eurocentrico di oggi. Il problema è quale riforma sia auspicabile e quale realisticamente possibile. L'unica riforma che ridarebbe una vera credibilità al CdS sarebbe quella di togliere il diritto di veto a Usa, Russia, Cina, Gran Bretagna e Francia, che impedisce di fatto il funzionamento di questo organo ogni qual volta si tocchino gli interessi e le sensibilità di una di quelle potenze. Il commento di Riccardo Redaelli su Avvenire.

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