L'eredità della pittura di macchia

L'eredità della pittura di macchia

La mostra si sofferma su un particolare momento della storia dell'arte italiana dell'Ottocento: la più tarda fase evolutiva della pittura di macchia, quando, negli ultimi decenni del secolo, l'eredità dei vecchi maestri si trasforma e trova una nuova identità nelle ricerche di alcuni giovani pittori, cresciuti nell’ammirazione degli epigoni, ma desiderosi di modificarne  le istanze e i modi.

La pittura macchiaiola che aveva vissuto una breve e intensa stagione compresa  nel ventennio che va dal 1855 al 1875, osservava il vero  per darne un’interpretazione che utilizzava la macchia come contrasto per realizzare gli effetti di luce. Questo modo di dipingere che si avvaleva dell’ausilio del chiaroscuro aveva le sue lontanissime origini nel Quattrocento e si traduceva nella definizione di soggetti e cose ritratti con il piacere della sintesi.

In quegli anni  la città di Livorno aveva assunto un ruolo di primo piano nella scena culturale toscana. Meta di viaggi,  ma anche sede di un importante porto, la città viveva un momento molto florido economicamente e soprattutto vivace  per le arti visive, la letteratura, la musica e il teatro.

Nelle ricerche pittoriche dei giovani artisti  residenti in città è ancora   chiara l'eco della lezione dei Macchiaioli.

Giovanni Fattori,  che nato a Livorno spesso ritornava in città,  Silvestro Lega che si recava a dipingere nel paese toscano di  Gabbro e Telemaco Signorini rimangono per questi pittori un riferimento per i loro valori e non solo per la loro arte.

Il realismo tuttavia si trasforma in loro per la necessità  di un maggior coinvolgimento emotivo che in parte i loro predecessori avevano già sperimentato.

Pur con questa profonda ammirazione nei confronti dei maestri, le nuove generazioni sentono dunque l'esigenza di superare le istanze della macchia per raggiungere quella che Llewelyn Lloyd  ha definito  "la vera emozione sentita".

Le ragioni più profonde della rivoluzione nata alla metà del secolo tra i tavoli del Caffè Michelangelo già vent'anni dopo stavano così cambiando in parte “identità”.

Nello studio di Guglielmo Micheli, tra Borgo San Jacopo e Borgo Cappuccini, nel quartiere vicino a Piazza Mazzini, si riuniscono alcuni artisti, tra i quali Llewelyn Lloyd, Gino Romiti, Renato Natali, Antonio Antony de Witt, Giulio Cesare Vinzio, Benvenuto Benvenuti, Oscar Ghiglia e Amedeo Modigliani che già si distingueva nella sua espressione figurativa.

Essi appartenevano quasi tutti  alla   media   ed   alta   borghesia   cittadina e cercavano in Micheli nuovi stimoli per le loro ricerche. Nello studio – ricavato dalla serra di casa – Micheli trasmette loro la lezione di Giovanni Fattori, lasciandoli per il resto liberi di seguire le proprie attitudini.

Guglielmo Micheli sa comunicare loro il metodo di visione e ricostruzione dello spazio per sintesi e il valore della struttura architettonica nella composizione pittorica propri dell'opera di Fattori. Suggerisce  loro però di reinterpretare liberamente la Macchia, anche alla luce di alcune nuove correnti della  pittura europea.

In quegli anni a Livorno crescono alcune delle principali personalità della scena artistica degli anni successivi. Ci sono artisti, quali Mario Puccini, Giovanni Bartolena e Renato Natali che hanno incarnato l'anima di questa città nella loro pittura, radicandovisi anche dal punto di vista della loro ricerca. Livorno e i suoi dintorni vive nelle loro tele e condiziona le loro scelte personali.

Le opere esposte in mostra – firmate da alcuni dei principali maestri livornesi dell'epoca e provenienti da collezioni private di diverse aree della penisola – raccontano questo cambiamento radicale: il passaggio dalla lezione "del vero dal vero" della pittura di macchia alla modernità espressa nelle sue più varie forme.

Conosceremo  nella visita alla mostra, la tavolozza espressiva ed emozionale di Ulvi Liegi, il rigore cezanniano di Oscar Ghiglia, la tendenza divisionista di Plinio Nomellini  e l'ingenuità quasi ostentata di Giovanni Bartolena.

Nella rassegna ci sono le  opere di Guglielmo Micheli, Ulvi Liegi, LLelwelyn Lloyd, Giovanni Bartolena, Mario Puccini, Plinio Nomellini, Gino Romiti, Renato Natali e Oscar Ghiglia.

 La mostra abbinata a Cortonantiquaria 2023 ha la  curatela  di Simona Bartolena e sarà visitabile dal 19 agosto al 3 settembre.

 Lo Spazio espositivo Sant'Agostino  si trova in  Via Guelfa, 45 a Cortona (AR)

Ingresso con il biglietto di Cortonantiquaria.

 Patrizia Lazzarin, 14 agosto 2023

 

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