L'Europa ha perso ovunque appeal

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Nei paesi europei del Nord il problema non è ancora evidente, ma nei paesi mediterranei sì: le fratture che dividono gli elettori sono almeno due. C’è la vecchia frattura fra destra e sinistra, sempre meno nitida. E c’è la nuova frattura, sempre più profonda, fra chi ancora si riconosce nel progetto europeo e chi vorrebbe buttarlo alle ortiche. Il segno più riconoscibile del cambiamento sono i nuovi partiti anti-europei di massa: Syriza in Grecia, Podemos in Spagna, il Fronte nazionale di Marine Le Pen in Francia, ma anche il Blocco di sinistra in Portogallo che alle ultime elezioni (ottobre 2015) ha superato il 10% dei consensi. L'editoriale di Luca Ricolfi su Il Sole 24 Ore.

Cresce ovunque il sentimento anti europeo

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L'Italia guarda alla Spagna, la Spagna all'Italia

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Il País intitola oggi il suo editoriale "Benvenuti in Italia", cioè nella terra dell'instabilità politica permanente e della frantumazione della rappresentanza, Andrea Bonanni ieri su Repubblica ha collegato la spinta spagnola anti-establishment al successo popolare in Francia di Marine Le Pen, ai nuovi reazionari arrivati al governo in Ungheria e in Polonia. Il termine "populisti" li accomuna nelle forti diversità, ma nello stesso tempo non basta ormai più. Certamente il populismo è la più moderna interpretazione di una politica ridotta ad una serie continua di sollecitazioni e di impulsi  -  più che di idee e valori  -  trasmessi da un leader trasformato in attore politico (performer) nei confronti di una base popolare a cui non chiede partecipazione, ma una delega periodica e una vibrazione di consenso continua. Lo scambio avviene sulla vecchia frontiera tra il cittadino e lo Stato moderno, quella frontiera dove si negoziano quote di libertà in cambio di quote di sicurezza. Per un paradosso drammatico, mentre nella fase che viviamo aumentano le paure legittime e anche quelle meno razionali, lo Stato nazionale fatica sempre più a garantire la sicurezza che gli viene richiesta. Il cittadino avverte che la crisi è senza governo; capisce che questo deficit è figlio di fenomeni globali che portano la situazione fuori controllo; si accorge che rivolgere le sue richieste allo Stato nazionale è un'abitudine novecentesca ormai fuori corso, perché il potere vero sta negli spazi transnazionali dei flussi finanziari e dei flussi d'informazione. Dunque il potere fa ormai il fixing in un altrove irraggiungibile, che mette fuori gioco le sovranità, il governo tradizionale e il controllo cosiddetto democratico. Perché l'altrove non ha istituzioni, né costituzioni: vive senza. L'editoriale di Ezio Mauro su la Repubblica.

La Spagna come l'Italia del 2013, a rischio ingovernabilità

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L'Europa, l'Italia non ci sono, la Germania sì

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L'Europa, la crisi greca e, ovviamente, la Germania poiché "tout se tient". Tsipras ha condotto con estrema abilità il suo rapporto con l'Europa; ha bluffato fino all'ultimo giorno valendosi della maggioranza politica che aveva alle spalle dopo il referendum; poi ha accettato le condizioni dell'Europa, dettate di fatto dalla Germania; ha silurato Varoufakis, ha ottenuto una nuova maggioranza parlamentare, ha negoziato qualche miglioramento in sede europea. Aggiungo che — a sua insaputa — ha reso all'Europa un grandissimo servigio: quello di risvegliare il nostro vecchio continente a imboccare la via che porterà da una Confederazione di 28 Stati sovrani ad una Federazione che faccia nascere gli Stati Uniti d'Europa. L'editoriale di Eugenio Scalfari su la Repubblca.

L'Europa, di fatto, è germanizzata

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