I partiti tradizionali in agonia, il caso spagnolo

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Le democrazie europee stanno subendo radicali cambiamenti, come è inevitabile che sia tenuto conto di come è ormai diverso il mondo del Ventunesimo secolo rispetto a quello del Ventesimo. Forse se la caveranno meglio quelle democrazie (come la Gran Bretagna o la Francia) che hanno innalzato forti barriere protettive, potenti ostacoli maggioritari contro cui si infrangono le onde dell’instabilità.  L'editoriale di Angelo Panebianco sul Corriere della Sera.

Spagna, non ha vinto nessuno, rischio instabilità

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Francia, battuta di arresto per le due Le Pen

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Chi pensa che se prevalesse la disgregazione dell’Unione ci troveremmo a buttar via non solo l’acqua sporca (il tanto che non va) ma anche il bambino (i benefici) dovrebbe capire che se non si cambia subito registro è finita . È da almeno un decennio (dal referendum francese del 2005 sulla cosiddetta «Costituzione europea») che si è aperta la crisi dell’europeismo tradizionale, ma i suoi adepti sono stati per lo più incapaci di rinnovarsi. Non si sono accorti di un’opinione pubblica che stava ritirando la delega, il mandato in bianco che per tanti decenni aveva concesso alle élites impegnate nella costruzione europea. Il linguaggio spoliticizzato, pseudo-tecnico, dell’europeismo tradizionale non è più vendibile nel momento in cui l’Europa si politicizza, diventa un tema di confronto e divisione negli elettorati. Considerate quanto scarso appeal abbiano per l’opinione pubblica gli argomenti di solito proposti a favore dell’integrazione politica.  L'editoriale di Angelo Panebianco sul Corriere della Sera.

Front National sconfitto, l'Europa non si illuda

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L’onda Le Pen contagerà l’Italia?

Nonostante le assicurazioni del premier (di circostanza o per interesse elettoralistico) la chiara vittoria nella prima tornata delle amministrative francesi rabbuia Matteo Renzi. La sconfitta del suo amico Francois Hollande, arrivato terzo,  lo allarma. L’onda lunga del populismo, partita dall’Ungheria di Victor Orban, passata per la Polonia di Beata Szydlo e Donald Tusk, è giunta in Francia, dove Marine Le Pen si va preparando per le presidenziali del 2017. Se il Vecchio Continente non riesce a cambiare registro (e nulla fa capire che l’obiettivo della federazione degli Stati Uniti d’Europa possa essere messo a breve in agenda), questo sta a significare che i veri problemi, in particolare di un’economia dei 28 membri dell’Unione che sostenere in stagnazione è fare un complimento augurale a Merkel, Renzi e soci. Se da oltre sette anni i principali nodi strutturali non sono stati affrontati (ogni Paese ha un suo sistema fiscale, un suo sistema di welfare,  una sua politica estera, ecc.), mentre gli Stati Uniti, dov’è scoppiato il bubbone della crisi, sono già da qualche anno in ripresa economica, che la nostra vecchia, cara, Europa si sogna, hanno immediatamente adottato le misure anti-crisi che gli hanno consentito di ridurre il numero dei disoccupati al livello più basso dal 2008, il 5,5%. E’ vero che gli Usa hanno la  che gode di una maggiore autonomia rispetto alla nostra Bce, ma è altrettanto vero che c’è una responsabilità della Ue a intestardirsi su un’applicazione rigorosa di un trattato, quello di Maastricht che fa acqua da tutte le parti. E’ stato sottoscritto 23 anni fa. Nel frattempo il mondo è cambiato. C’è stato l’11 settembre, l’Iraq, l’Afghanistan, le primavere arabe, la Libia, il colpo di stato in Egitto, l’ondata di centinaia di migliaia di immigrati dal sud e dall’est del mondo verso il continente europeo, attentati terroristici a ripetizione e ora Daesh o Isis che dir si voglia. Ciò nonostante i vari le:ader europei, da Angela Merkel a Matteo Renzi passando per David Cameron non riescono (o non vogliono) mettersi d’accordo sull’unica soluzione politica possibile e auspicabile: realizzare in tempi davvero brevi l’Europa federale, sul modello elvetico o statunitense. Se così van le cose, c’è da aspettarsi che la stessa Gran Bretagna, fra due anni, al referendum, volente o nolente, uscirà dall’Unione Europea. Sarà Brexit, insomma. Ci siamo dissanguati per la Grecia, con un esborso di oltre 300 miliardi di euro (che paghiamo tutti noi) per non risolvere neanche i problemi di Atene. Non riusciamo a porre un argine ad una immigrazione incontrollata che sta sconquassando  mezza Europa e questo perché l’Europa non esiste. E con questi leader non c’è da aspettarsi troppo. L’Unione Europea è destinata ad un triste fallimento. Non abbiamo neanche la lingua in comune.

Marco Ilapi, 9 dicembre 2015

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