Acqua Terra Fuoco

Acqua Terra Fuoco

Città e paesi di pianura, di collina e “terre d’acqua” nel Veneto sono popolati da miriadi di ville e di palazzi che documentano, con la loro presenza, la prosperità del territorio sin dal passato. Esattamente dieci anni fa, a Palazzo Barbaran da Porto a Vicenza, dove ha sede il Palladium Museum, venne piantato un gelso nel centro del cortile nobile per spiegare ai visitatori che senza quell’albero non si potrebbero oggi ammirare le eleganti dimore che architetti, in primis Andrea Palladio, avevano saputo progettare e costruire. L’attività delle seterie e i loro guadagni si basavano infatti sull’allevamento dei bruchi che traggono nutrimento dalle foglie di gelso. La ricchezza prodotta aveva finanziato la nuova edilizia privata che si distingue ancora oggi, nel paesaggio urbano e rurale per le sue forme particolari. L’esposizione intitolata: ACQUA, TERRA, FUOCO. L’architettura industriale nel Veneto del Rinascimento che apre oggi 12 novembre al Palladium Museum e che, sarà visitabile fino al 12 marzo, descrive il ruolo e la storia di un’altra architettura, ossia lo spazio dove si è realizzato, nel ‘500, “quel “miracolo economico” che si è distinto per l’innovazione tecnologica e per aver raggiunto primati europei.

La mostra che ha la curatela di Deborah Howard del St. John’s College di Cambridge, spiega le relazioni fra territorio e imprenditoria, analizzando  le ragioni dello sviluppo industriale che vide nelle campagne e nelle colline del Veneto il nascere di grandi manifatture che in quell’epoca furono in grado di eccellere. All’inizio dell’età moderna un ceto imprenditoriale, fra cui si contavano parecchi nobili, diventò titolare di numerose attività manifatturiere, in particolare lanifici e setifici che grazie alla loro tecnologia ed organizzazione del lavoro, furono in grado di offrire prodotti concorrenziali non solo sul mercato italiano, ma anche in quello europeo e nel vicino Oriente. Il Direttore del CISA Andrea Palladio/Palladio Museum, Guido Beltramini spiega: la mostra, frutto di più di tre anni di ricerche in musei, archivi, biblioteche e sul “campo” mette in evidenza ciò che sino a oggi era rimasto dietro le quinte. Attraverso dipinti, mappe, disegni, oggetti e modelli antichi ci fa scoprire le architetture del boom industriale del Veneto del Rinascimento, vale a dire le fabbriche del Nord-Est di cinque secoli fa. Grazie a prestiti italiani e internazionali, sono esposti dipinti di Tiziano, Francesco Bassano e Bellotto, disegni rinascimentali, preziosi modelli antichi di meccanismi brevettati, provenienti dal Maximilian Museum di Augusta, mappe e documenti d’archivio, libri rari, oggetti d’uso prodotti dalle imprese venete rinascimentali, come il rarissimo corsetto maschile in cuoio e seta di fine Cinquecento, noto come ‘cuoietto’, e ugualmente oggetti d’arte come preziose croci liturgiche con l’argento delle miniere di Schio e spade forgiate a Belluno. Per l’occasione il film-maker Fausto Caliari ha realizzato nove filmati che raccontano lo stato di altrettante “fabbriche” rinascimentali, alcune delle quali ancora oggi in funzione. Questi filmati costituiscono una preziosissima testimonianza del patrimonio proto-industriale del territorio e come tali entreranno a tutti gli effetti nelle raccolte digitali permanenti del Palladio Museum.

Già alla fine del Medioevo Venezia era la città più popolosa della penisola italiana, dopo Milano, ed entrambe nella regione europea, per densità demografica, erano seconde solo a Parigi. Il capoluogo lagunare era una città mercato, uno spazio cosmopolita, fonte di affari e di nuovi interessi  per i visitatori dell’entroterra che potevano trarre idee per lo sviluppo di un’impresa anche dall’organizzazione dell’Arsenale. Fra i fattori di crescita economica un punto a favore era sicuramente la densità demografica. Verona alla fine del Quattrocento con 40.000 abitanti era una delle venti città più popolate del continente, Padova e Vicenza ne avevano 20.000 e Treviso poco più di diecimila. Nuovi complessi sistemi di meccanizzazione, di cui Leonardo da Vinci fu un interprete a volte visionario, le molte innovazioni come la stampa a caratteri mobili o gli occhiali, e le nuove soluzioni per la navigazione diedero lo start allo sviluppo. Crescita che si avvalse  delle capacità del ceto mercantile che possedeva il capitale per finanziare e sapeva organizzare le imprese utilizzando  strumenti per la gestione degli scambi internazionali come la lettera di cambio, di credito, la partita doppia e l’assicurazione marittima. Venezia che dal Quattrocento divenne un luogo centrale per la ricerca tecnologica fu il primo “Stato” a tutelare i brevetti, garantendo legislativamente uno sfruttamento esclusivo per dieci anni all’inventore. L’acqua e il suo utilizzo favorirono inoltre le attività manifatturiere. I mulini, le cui origini risalgono al I o al II secolo a. C., si diffusero nel Medioevo e diventarono la macchina per eccellenza nell’età proto industriale. Essi servivano per la molitura dei cereali, per l’infeltrimento dei tessuti di lana, erano utilizzati  come torcitoi da seta, seghe da legname, magli per forgiare i metalli, frantoi per le olive, mortai per la carta  e avevano molte altre funzioni grazie alla possibilità di variare alcuni elementi meccanici. Erano impianti duttili che permettevano di essere riconvertiti per differenti lavorazioni da quella iniziale. In alcune zone rurali del Veneto, alcune realtà manifatturiere hanno avuto lunga durata come nel settore tessile e metallurgico nell’Alto Vicentino.

La mostra  che è stata realizzata in sinergia con la Direzione regionale Musei del Veneto, è sostenuta dall’associazione statunitense Friends of Palladio, da The Gladys Krieble Delmas Foundation di New York  e, come attività del Palladio Museum, gode del sostegno Art Bonus di Viacqua SpA. Il volume L’Architettura proto industriale del Veneto nell’età di Palladio a cura di Deborah Howard e edito da Officina Libraria analizza molte delle tematiche sviluppate nell’esposizione.

Patrizia Lazzarin, 12 novembre 2022

                     

      

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