Duecentomila anni di storia

Duecentomila anni di storia

Il Paleolitico ruba la scena al cinema. Una frase ad effetto per spiegare come da sempre l’uomo ha avuto la necessità di narrare e  di  rappresentare con immagini la sua vita, anche quella semplice dei gesti quotidiani. Il luogo dove si proiettano queste pitture paleolitiche, immagini o meglio fotogrammi in sequenza di animali in movimento che tramandano le cacce dei nostri antenati, è il  Museo Archeologico Nazionale di Verona, nella nuova sede inaugurata  nel complesso monumentale del carcere asburgico costruito a metà dell’Ottocento. Nei video la ricreazione delle antiche pitture parietali si affida ai mezzi dei primordi del cinema come la Lanterna Magica e Il mondo Nuovo che fanno emergere, alla luce di un fuoco tremolante, linee e colori dentro le grotte del territorio veronese. La struttura museale ospiterà infatti le più antiche testimonianze degli insediamenti umani ritrovati nella provincia scaligera. Il nuovo allestimento, realizzato su progetto scientifico della dottoressa Federica Gonzato, dall’equipe dell’architetto Chiara Matteazzi, riempie le bianche teche sovrastate dalle armoniche capriate lignee dell’ampio sottotetto del grande edificio che si sviluppa su tre piani, affacciandosi sul Lungadige veronese. In questo luogo suggestivo, foriero degli echi di tanti racconti, sono stati collocati i reperti delle sezioni dedicate alla Preistoria e alla Protostoria, ossia un arco di tempo che inizia circa duecentomila anni fa e giunge sino al primo secolo avanti Cristo. Qui, in questo ambiente, simile ad una chiesa romanica per le grandi arcate sostenute dai muri perimetrali delle antiche prigioni, siamo destinati ad incontrare cocci o forse ancora meglio brani di un lontanissimo tempo che da secoli l’essere umano cerca di ricucire per spiegare i tanti modi e i significati della sua esistenza. Le parole del dirigente della Direzione regionale Musei Veneto, dottor Daniele Ferrara forniscono ulteriori spiegazioni intorno al museo che al piano intermedio ospiterà  i reperti dell’età celtica e romana, accanto ad uffici, biblioteca e spazi per incontri, mentre il piano terra sarà riservato ad accogliere testimonianze dell’età altomedievale. “Complessivamente l’investimento supererà i 3 milioni di euro, integralmente finanziati dal Ministero alla Cultura”, afferma il dirigente della Direzione regionale Musei Veneto, dottor Daniele Ferrara. “Aperta al pubblico la sezione riservata alla preistoria e alla protostoria, contiamo di avviare molto presto il cantiere per la sezione romana, mentre con i fondi assegnati tramite il PNNR metteremo a cantiere anche il piano terra per completare quello che si prefigura come uno dei più importanti musei archeologici italiani”. E fra i molti pezzi “forti” del nuovo Museo, la neo direttrice dell’istituzione veronese, Giovanna Falezza, segnala la pietra dipinta nota come “lo Sciamano”. Tra le opere d’arte in ocra rossa rinvenute a Grotta di Fumane e riferibili all’attività artistica dei primi Sapiens (Paleolitico superiore), la più famosa è questa pietra calcarea sulla quale, in ocra rossa, è raffigurato un personaggio che indossa un copricapo. Questa pietra è, ad oggi, una delle più antiche figure teriomorfe, figure di uomo-animale, del pianeta. Tra la grande quantità di esempi di arte mobiliare ed ornamenti si segnala  un  oggetto unico, dell’ultimo Paleolitico: un frammento di lastrina con il posteriore di due erbivori di grande taglia. I tanti manufatti litici  di quel periodo ritrovati sono una prova dell’intensa attività di costruzione di utensili ad uso quotidiano. Con l’economia produttiva del Neolitico appaiono poi piccole statuette in ceramica, soprattutto femminili, di ispirazione egeo balcanica che si spiegano  con le relazioni con questi territori ed anche con l’importanza attribuita alla figura femminile dalle prime comunità agricole, strettamente legate ai cicli stagionali. Le ceramiche scoperte in località di  Lugo di Grezzana hanno permesso grazie alla varietà delle forme e dei disegni di assegnarle a  vari gruppi, che vengono caratterizzandosi culturalmente,  e che scopriamo  già aperti a suggestioni esterne. Esse presentano  decorazioni a note musicali, spighe di grano e con unghiate impresse o sono realizzate con argilla completamente depurata, tipica dell’Italia centro meridionale. I vasi a campana rovesciata, realizzati in un  periodo compreso fra il 2500 e il 2200 a.C., unitamente ad altri oggetti simbolo di prestigio, come i pugnali in metallo e in selce, li ritroviamo anche nel territorio veronese e sono  testimonianza dell’integrazione culturale avvenuta nell’età del Rame in gran parte dell’Europa continentale. Il rinvenimento nella necropoli di Nogarole Rocca di più di 40 sepolture, una delle più grandi di questo ultimo periodo nell’Italia settentrionale, ha arricchito ulteriormente il museo. Affascinante appare la presenza di un pozzo in legno scoperto nel 2004 a Bovolone, da dove i nostri antenati dell’età del Bronzo attingevano l’acqua. La necropoli di Olmo di Nogara ha restituito un corredo di grandi spade con elaborate decorazioni appartenute a defunti di alto rango. Tutte queste necropoli ci hanno consegnato  reperti straordinari, come anche i corredi femminili appartenuti a quella di Scalvinetto, dove compaiono  lunghi spilloni, ferma trecce, collane di perla d’ambra ed ornamenti in conchiglia, ma  al tempo stesso ci hanno fornito molte informazioni sul  modo di vivere di questi uomini e donne e  anche sul  loro pensiero sulla morte. Il Museo  sarà ora  aperto al pubblico nei giorni di venerdì, sabato e domenica dalle ore 10 alle ore 18.

Patrizia Lazzarin, 18 febbraio 2022

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