Matteo, errare humanum est, perseverare…

Continua la saga degli errori del la somma per gli acquisti in contanti (magari senza scontrino,,,) rappresenta un regalo agli evasori. Lo stesso Padoan che aveva tempo addietro ostentato la sua contrarietà sembra abbia avallato la tesi di Renzi. Non avrebbe potuto fare diversamente con il rischio di seri contrasti in seno all’esecutivo. Minacciare di mettere la fiducia su quest’aspetto della finanziaria è una stupidaggine degna di un capo di governo semplicemente arrogante. Consentire ai consumatori di fare acquisti con pagamento in contanti per 3 mila euro in una botta sola è evidentemente un compiacere tutti quelli che possono permettersi di girovagare con il portafoglio gonfio di banconote. Il che non ritengo riguardi la maggioranza dei lavoratori dipendenti, dei pensionati, dei precari e dei disoccupati d‘Italia. E che dire dell'aumento da 1.000 a 3.000 euro del tetto per le transazioni cash comprendente anche il circuito che permette di inviare in qualsiasi parte del mondo? Ecco perché il capo del governo sta sbagliando le misure da prendere. Così come sta sbagliando a proposito del canone Rai. E’ sacrosanto che si paghi il canone per usufruire di un servizio pubblico alla strega della Bbc britannica, ma allora levi la pubblicità che è fin troppo invasiva, cacci via i partiti (tutti) da Saxa Rubra, renda indipendente la società, elimini la Commissione di Vigilanza, venda due delle tre reti agli operatori televisivi privati, pretenda anche che Mediaset faccia altrettanto. La presa dei partiti sulla Rai, che perdura da oltre 60 anni (da sempre), deve cessare. Non sembra che Matteo Renzi abbia questa intenzione. Lui vuole chiaramente controllare il servizio pubblico televisivo così da conformarlo alle sue aspettative di influenzare il pubblico come nemmeno fanno nella Corea del Nord! In nessuna parte del mondo esiste, infatti, una presenza asfissiante di un operatore privato come la Fininvest di Silvio Berlusconi. Non siamo nel terzo mondo, dove i governi sono retti da dittatori. Un po’ di rispetto per le aspettative di un pubblico televisivo maturo appare indispensabile e necessario. Trasmissione come Affari Tuoi, i Reality, ecc. non hanno nulla da spartire con il cosiddetto servizio pubblico. Alla prima Leopolda fiorentina le tesi in discussione non erano davvero in sintonia con i comportamenti odierni di Renzi. C’è chi lo accusa di essere un dittatorello sudamericano. Non sarà così, ma come sosteneva il defunto Giulio Andreotti: un sospetto è un sospetto, due sospetti sono due sospetti, tre sospetti sono una certezza. Che il premier ostenti la sua arroganza con una certa disinvoltura è d tutta evidenza. Basta seguire la rappresentazione che, da anni, ne fa il comico Maurizio Crozza su La 7. Davvero esilarante. E che però sembra colpire nel segno. Pagare il canone con la bolletta elettrica  è sacrosanto, ma l’organizzazione della tv pubblica deve radicalmente cambiare. Insomma, fuori i partiti dalla Rai, ma fuori anche il governo dalla Rai. Uno statista (e Renzi ambisce ad essere considerato tale, stante le mille pasticciate riforme che sta ponendo in essere) non guarda all’immediato (e alla sua rielezione) bensì al futuro del Paese e dei milioni di giovani che si attendono dal governo misure n grado di migliorare le condizioni della loro vita. Il lavoro prima d tutto. Con il Jobs Act non sembra che tutti i problemi siano andati a soluzione. La fretta con cui vuole arrivare ad imporre le sue brutte riforme (molte delle quali approvate con voti di fiducia) fa partorire i classici topolini ciechi. I risultati delle riforme renziane al referendum dell’autunno del prossimo anno. Sicuramente gli elettori daranno una martellata in testa all’esecutivo e a Renzi. Il percorso sarebbe essere dovuto essere diverso. Un’assemblea costituente come nel dopoguerra. Eletta con suffragio universale. Così non è stato. Il premier ne pagherà dazio. Forse per prevenire questo probabile disastro che vuole mettere le mani sulla Rai. Solo un sospetto?

Matteo Ilapi – 24 ottobre 2015

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Rai negl appetiti del governo Renzi

Riforma della Rai. Di nuovo si applica la bistrattata legge Gasparri che consegna all’esecutivo la scelta di 2 membri su 9 del consiglio d’amministrazione. Rendendolo così quasi indipendente dal governo, e celebrando perciò l’ossimoro, perché l’indipendenza o c’è o non c’è, come la gravidanza: nessuna donna è mai stata quasi incinta. La legge Renzi trasforma la semi-indipendenza in semi-dipendenza, dato che i consiglieri d’estrazione governativa salgono in percentuale (2 su 7). Di più: con questa legge, sempre il governo propone il direttore generale, che avrà i poteri di un amministratore delegato. Bene, se il nuovo ruolo saprà garantire un’iniezione d’efficienza. Male, perché in nessun grande Paese europeo il vertice dell’emittente pubblica costituisce un’emanazione dell’esecutivo. Come ha osservato Ingrid Deltenre, direttrice dell’European Broadcasting Union, in un’audizione al Senato.  Ma l’indipendenza è una creatura fragile, precaria. L'editoriale di Michele Ainis sul Corriere della Sera.

I partiti all'assalto di Saxa Rubra

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Rai, com'è lontana la Bbc!

«Nessuno fermerà la modernità, fuori i partiti dalla Rai»! Tuonò il premier. Furono fischi, e applausi. Io applaudo, non perché i partiti siano «cattivi», ma perché decidono indirizzo e governance di un’azienda, sulle cui caratteristiche capiscono poco. Fra i 40 senatori e deputati, membri della Commissione Parlamentare di Vigilanza, in cui sono rappresentati tutti i partiti in proporzione ai voti ricevuti, troviamo dirigenti di partito, imprenditori, architetti, impiegati, sindacalisti (Epifani) ex Ministri (Gelmini, Brunetta, Gasparri), e qualche raro giornalista con esperienza di ufficio stampa. Garantiscono la lottizzazione (che chiamano pluralismo), ma come tutelano il contribuente che paga il canone? Che competenze hanno per orientare i contenuti delle trasmissioni e dell’informazione? Un articolo di Milena Gabanelli sul Corriere della Sera.

La nuova Rai renziana

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