La storia dell'arte, cenerentola nella scuola

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Nel quinto appuntamento di Libri al Museo”, in   programma  martedì 16 maggio alle 17.00  nella  Sala Tenerani del Museo di Roma,  si   presentano   due   volumi:  Cenerentola a scuola. Il dibattito sull’insegnamento della storia dell’arte nei licei (1900-1943) di Susanne Adina Meyer dell’Università degli Studi di Macerata e  La Storia dell’Arte come disciplina scolastica. Dal primo Novecento al secondo dopoguerra   di Roberto Sani dell’Università degli Studi di Macerata.

Il primo volume ripercorre le origini e i primi sviluppi fino alla seconda guerra mondiale dell’insegnamento  scolastico   della   storia   dell’arte,   ricostruendo   il   vivace   e   articolato dibattito che a partire dal principio del secolo XX, coinvolse storici dell’arte, artisti, politici, insegnanti, pedagogisti e uomini di scuola intorno all’introduzione del nuovo insegnamento nei   licei   e   alle   caratteristiche   (programmi,   orari,   manuali   e   sussidi   didattici) che esso avrebbe dovuto avere nel quadro dell’istruzione secondaria superiore. Dell’insegnamento della storia dell’arte, introdotto ufficialmente come disciplina obbligatoria nei licei classici dalla riforma Gentile del 1923, l’Autrice ricostruisce le vicissitudini degli esordi e le notevoli difficoltà   che   lo   caratterizzarono   nel   corso   del   ventennio   fascista,  al   punto   da   spingere Adolfo Venturi che ne era stato uno dei maggiori artefici, a parlare di tale disciplina come della   «Cenerentola» della   scuola   italiana.  La   ricchissima   antologia   di testi posta in appendice al volume offre un inedito e straordinario spaccato del confronto avviato fin dai primi del Novecento tra gli studiosi della disciplina intorno alle finalità e ai contenuti di una storia dell’arte per la prima volta impartita non solamente nelle aule universitarie ma anche nelle scuole secondarie superiori.

Il secondo libro è incentrato sui dibattiti che tra la fine dell’Ottocento e i primi decenni del nuovo secolo portarono all’introduzione dell’insegnamento della Storia dell’Arte nei Licei

classici della penisola e sull’evoluzione fatta registrare da tale insegnamento nel corso del ventennio   fascista   e   poi,   dopo   la   seconda   guerra   mondiale,   nell’Italia   democratica   e repubblicana   fino   al   ’68.   Il   volume   costituisce   il   frutto   di   un   approccio   squisitamente interdisciplinare, nel tentativo di fornire una ricostruzione contestualizzata e organica delle caratteristiche storicamente assunte e del ruolo esercitato dall’insegnamento liceale della Storia   dell’Arte   nel   corso   del   periodo   esaminato.   Esso   intende   offrire   un   articolato approccio al tema, nell’ambito del quale è possibile individuare tre distinti livelli di analisi, tra loro  strettamente correlati:  quello concernente il  dibattito   teorico   relativo all’impostazione   e   alle caratteristiche di fondo  (contenuti   culturali,   destinatari,   finalità, profilo degli insegnanti) da   attribuire a tale insegnamento;   quello   relativo   alla normativa scolastica e alle disposizioni riferite ai programmi, agli orari, ai libri di testo e ai supporti e materiali didattici, nonché alla formazione e al reclutamento degli insegnanti e alle caratteristiche rivestite dalla disciplina in seno al piano di studi del corso liceale. Infine,   quello   che   attiene   al   significato   sociale   e   alle   finalità   culturali che storicamente, sono stati  attribuiti  all’insegnamento   scolastico   della   Storia   dell’Arte   nell’arco   dell’oltre mezzo   secolo   che   intercorre   dalle   prime   iniziative   ed   esperienze   didattiche   avviate sperimentalmente all’inizio del secolo XX fino al ’68 e alla radicale rimessa in discussione dell’impostazione culturale e formativa conferita alla disciplina dalla riforma Gentile del ’23.

L’iniziativa   è   promossa   da  Roma Capitale, Assessorato alla Cultura – Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali con i servizi museali di Zètema Progetto Cultura. L’ingresso è libero fino ad esaurimento posti.

Patrizia Lazzarin, 12 maggio 2023

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Microecosistemi artificiali nelle acque degli habitat ghiacciati

Una review elaborata dai ricercatori dell’Istituto di scienze polari del Consiglio nazionale delle ricerche di Messina e pubblicata sulla rivista Science of the Total Environment, ha preso in esame i dati relativi all’inquinamento causato da microplastiche nelle acque dolci dell'Artico, dell'Antartide e nell’altopiano in Tibet, un habitat denominato ‘Terzo Polo’ che racchiude il 15% dei ghiacci di tutto il Pianeta. Tale tipologia di inquinamento rappresenta, oggi, una minaccia a livello globale, anche in considerazione del grande aumento di produzione della plastica, che è passata da 1,5 milioni di tonnellate negli anni Cinquanta del secolo scorso, ai 359 milioni di tonnellate nel 2018. “Artide, Antartide, Altopiano del Tibet: abbiamo preso in considerazione tre ambienti molto distanti tra loro, ma accomunati dalla presenza di microplastiche nei laghi, nei fiumi, nei ghiacciai e nella neve, con ogni probabilità trasportate in queste zone dagli uccelli e dal vento, o accumulate in conseguenza di attività antropiche, come il turismo e le attività di ricerca svolte nelle basi. Ciò rappresenta una problematica notevole, visto che la loro presenza all’interno del ghiaccio può agevolarne lo scioglimento, oltre a determinare un pericolo per gli animali che vivono in quelle aree, dovuto all’eventuale ingestione, che  può condizionare la catena alimentare di quegli ecosistemi”, dice Maurizio Azzaro, responsabile della sede Cnr-Isp di Messina e coautore della review.

Un aspetto particolare, emerso da questa analisi, riguarda l’attività dei microbi, che nelle zone glaciali risulta essere al contempo nociva e potenzialmente vantaggiosa per l’ambiente. “Le microplastiche fungono da superfici sulle quali le comunità microbiche riescono a svilupparsi - modificandone di fatto l’habitat -  creando quella che gli scienziati hanno definito ‘plastisfera’, un ecosistema artificiale basato, per l’appunto, sulla plastica. L’azione dei microbi può alterare la galleggiabilità e aumentare la tossicità dei polimeri plastici, ma allo stesso tempo ne accelera la degradazione, in virtù delle basse temperature. Pertanto, l’impiego di microbi potrebbe costituire una potenziale strada ecosostenibile per mitigare l’inquinamento da microplastiche nelle aree fredde della Terra”, prosegue il ricercatore del Cnr-Isp.

Mentre i mari costieri e gli oceani sono oggetto di molteplici studi, i dati sull'inquinamento da microplastiche nelle acque dolci di queste aree risultano ancora limitati. “Il nostro lavoro ha messo in evidenza come anche i metalli pesanti (quali rame, piombo e nichel) tendano a legarsi alle microplastiche in acqua, rappresentando un ulteriore problema ambientale. Riteniamo che in questo settore vadano incentivate ulteriori attività di ricerca e che il monitoraggio e il contrasto all'inquinamento da microplastica, soprattutto in zone così fragili a livello ambientale, debbano essere considerati tra le priorità dei decisori politici per il prossimo decennio”, conclude Azzaro.

Patrizia Lazzarin, 8 maggio 2023

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Peggy Kleiber. Tutti i giorni della vita

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La prima mostra in Italia della fotografa Peggy Kleiber, sarà esposta al Museo di Roma, in Trastevere dal   19 maggio al 15 ottobre 2023. La rassegna Peggy Kleiber. Tutti i giorni della vita  (fotografie 1959-1992) nasce da un incredibile ritrovamento:  sono due valigie, mai aperte, contenenti 15.000 fotografie scattate tra la fine degli anni ‘50 e gli anni ’90. La scoperta   avvenne dopo   la   sua   morte,  nel   2015.   Poco dopo   la famiglia decide di valorizzare e rendere pubblico questo importante patrimonio rimasto a lungo nascosto. Peggy  è  stata  una  donna   indipendente,  cresciuta  in  una  famiglia   numerosa   e   vivace  a Moutier, in Svizzera, tra poesia, musica   e letteratura,   con   una   grande   passione   per   la fotografia,   come   strumento   di espressione   e   di   conoscenza.  

È  stata una   fotografa   non professionista,  poi  divenuta   insegnante,  che   ha orientato   la   sua   ricerca  verso il   luogo  dove  storia privata e storia collettiva si incontrano. Le sue fotografie, tutte scattate con la sua inseparabile  Leica M3, narrano momenti intimi e al contempo tracciano luoghi, atmosfere ed eventi collettivi in un periodo lungo 40 anni. Per  Peggy  la  macchina  fotografica  è stata un  modo  per nascondere  e  rivelare anche   se   stessa, come   nel   suo   primo   autoritratto,   scattato   proprio   nel   ’61   e   scelto   come immagine simbolo della mostra. I suoi sono scatti d’autore, spesso apparentemente casuali che parlano un linguaggio universale, facilmente comunicabile. Sono immagini “dipinte” con  colori dimenticati, suoni   e   voci   silenziose.  

Alla   ricerca   del   sottile   e   dell’impercettibile,  lei   impone   la   sua presenza   discreta,   ricettiva   ed   empatica.   Nascono   così   fotografie   “aperte”   che   non   sono documenti di un passato perduto, ma tracce di luoghi ancora vivi. Sono le fotografie di famiglia,  i viaggi in Italia e a Roma. Nell’esposizione vedremo 150 fotografie con   una selezione   di   stampe   vintage   originali dell’autrice, alcuni album di famiglia e un video che ripercorre la riscoperta dell’archivio, attraverso materiali inediti e filmati Super8. La mostra si compone di due sezioni: una dedicata alla famiglia e l’altra dedicata ai viaggi in Italia, in particolare a Roma a partire dai primi anni ‘60. Nella prima sezione ci sono le fotografie che Peggy ha realizzato  ai  suoi familiari  durante  celebrazioni,  matrimoni e  nascite. 

Nello   scorrere   del tempo   si legge un   racconto   intimo   e denso di emozioni  nato in   maniera   spontanea,  pezzo   per   pezzo.   Nella   seconda   parte,   dedicata   ai   viaggi   compiuti   in   tutta   Europa,  spicca    la grande attenzione dedicata all’Italia, quasi una patria dell’anima per lei. Peggy Kleiber riesce ad   avvicinare  gli   strati  sociali  anche  più   marginali, lasciandosi   incantare   da  luoghi  ignoti.  A Roma  la sua è una “flânerie”, non solo letteraria e artistica, ma anche politica e culturale: un viaggio che la porta dal Centro storico che percorre in lungo e in largo negli angoli meno turistici e in  orari  spesso  insoliti,  alle  periferie  più  estreme  della  città e ai margini  delle  borgate, proprio negli anni in cui scrittori come Pasolini  ne scoprivano le storie.

Tuttavia la sua curiosità non si ferma qui e Peggy Kleiber da Roma prosegue alla scoperta dell’Italia nascosta: in particolare Umbria e Toscana, ma anche la Sicilia, altra terra amata, dove stringe legami che dureranno per gli anni a seguire. Qui rincontra Danilo Dolci, già conosciuto in Svizzera, ritraendolo in alcune preziose e inedite fotografie durante gli “scioperi al contrario” e al contempo soffermandosi sui volti dei bambini di Partinico. L’artista viaggia nel suo tempo e avvicina, con la sua presenza discreta, la storia universale, collettiva alla storia personale intima. Nelle sue morbide immagini in bianco e nero, riesce a mettere tra sé e il soggetto uno spazio vitale, che racconta 40 anni di storia di un  mondo in rapida trasformazione. Sia   che   lei   rivolga   il   suo   sguardo   al   proprio   micro-cosmo   familiare   sia   che   lo   posi   sulle periferie del mondo o sulla vita nascosta delle città,  ci guida a un’osservazione lenta e  ci   invita  a   prestare   più   attenzione   alle   emozioni   tra   le   persone   e   ai   gesti   “sottili”, mostrandoci  qualcosa che pensavamo di avere dimenticato. L’esposizione che ha  la  curatela di  Arianna Catania e Lorenzo Pallini, è promossa da  Roma Capitale, Assessorato alla Cultura – Sovrintendenza Capitolina   ai   Beni   Culturali       ed è realizzata   dalle   associazioni   culturali  Marmorata169   e   On Image,  con la collaborazione dell’associazione Les photographies de Peggy Kleiber. Servizi museali  Zètema Progetto Cultura.      

Patrizia Lazzarin, 6 maggio 2023

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