Due liberalismi a confronto. Il duello tra Felice e Mingardi

E se non ci fossero i partiti estremisti, come sarebbe il Belpaese?

Come sarebbe bello un mondo senza estremismi e senza autoritarismi. Come sarebbe bello un mondo segnato dall’illuminismo e non dal fanatismo. Come sarebbe funzionale una democrazia caratterizzata, in prevalenza, dal confronto tra quelli che una volta venivano classificati come lib-lib (liberali-liberisti) e come lib-lab (liberali-laburisti). Di sicuro se ne gioverebbe la libertà dei singoli e delle moltitudini, nonché il benessere generale. Anche perché, come sottolineava Luigi Einaudi (1874-1961), negli Stati stabili le somiglianze tra socialismo e liberalismo superano le dissomiglianze (...) Il vero liberale, sottolinea Mingardi, non chiede nulla al sovrano, vuole essere lasciato in pace. Non chiede nulla perché sa che la società "statale", ossia la fascia dei detentori del potere, non è intellettualmente superiore alla popolazione governata, non foss'altro perché non possiede tutte le informazioni indispensabili per una decisione razionale e non foss'altro perché più il comando è spersonalizzato più liberale e democratica risulta una comunità umana. Il commento di Giuseppe De Tomaso.

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Napoleone, la morte di Dio

  • Pubblicato in Cultura

Napoleone, la morte di Dio, lo spettacolo andato in scena ieri sera al Teatro al Castello “Tito Gobbi”, a Bassano del Grappa, “interpretava” la disperazione che nasce dalla consapevolezza della solitudine successiva alla perdita di un “familiare”. Possiamo usare il termine fra virgolette perché la morte assume, durante la rappresentazione, sfumature che si coniugano a contesti diversi. Evochiamo per percepirne la potenza,  l’immagine dell’artista Gustave Dorè, dove la nera signora sulla groppa di  un cavallo bianco, è coperta da  un mantello che  nasconde in parte la lunga falce, portatrice di dolore. Così la morte  e la solitudine diventano un binomio che scandisce la sofferenza del protagonista, un giovane Victor Hugo, interpretato dall’attore Lino Guanciale, noto al grande pubblico per la serie televisiva ispirata al Commissario Ricciardi del famoso scrittore di romanzi, Maurizio De Giovanni. L’interpretazione di Guanciale senza strappi che ne interrompessero il crescendo di pathos, scorrevole e coinvolgente, si è arricchita delle voci di Simona Boo che sembravano, per le variazioni di timbro,  provenire da un altro mondo  e facevano da scatola di risonanza alla grandezza degli eventi. Parigi, 15 dicembre  1840. Tornano nella capitale parigina le spoglie di Napoleone Bonaparte, colui che aveva saputo incarnare in modo esemplare il sogno di grandezza e anche di crescita personale. L’inizio dell’ode Il cinque maggio di Alessandro Manzoni dedicata al grande condottiero che inizia con  le parole Ei fu, racchiude e sintetizza al meglio la vitalità e la fine di un uomo divenuto straordinariamente potente, capace di cambiare i destini di uomini e Stati, attraverso conquiste e riforme. La sua definitiva sconfitta e l’esilio a Sant’Elena, da dove sapeva non sarebbe più riuscito a “risalire”, sono le tappe finali della sua esistenza. L’autore della piece teatrale Davide Sacco ha costruito un percorso polifonico sulla morte degli eroi, degli dei e dei padri, in cui Lino Guanciale interpreta il figlio che ha perso il padre, forse lo stesso Napoleone, forse un Dio, forse solo un padre. Le parole diventano immagini, raccontano storie. Ricostruiamo uno spazio dove il corpo di Napoleone, dopo vent’anni dalla sua morte giunge  a Parigi. Riusciamo a vedere un feretro trainato da 16 cavalli che passa sotto l’Arco di Trionfo, fra due file di insegne con l’aquila imperiale, con il suono a salve dei cannoni mentre viene accolto dalla famiglia regnante. Sono visioni che nascono nella nostra testa durante la recitazione, ma si generano insieme anche altri interrogativi sul significato che l’uomo contemporaneo attribuisce allo Stato, agli Dei e alla famiglia. Il giovane protagonista che ha perso un padre si sente solo. Chi è il padre? La sola persona capace comunque di andare al figlio se lo chiama, se lui ha bisogno … Un padre o meglio potremmo allargare il simbolo all’intera famiglia, ossia a quell’insieme di individui uniti da affetto, amicizia che  costituiscono la sicurezza, un approdo, un  valore e che appaiono sempre scontati, ma non lo sono … perché il padre potrebbe morire, la famiglia scomparire … Allora l’uomo è solo perché lo Stato così importante nell’antica Roma dove i funerali erano non solo riti privati, ma anche pubblici, perché il cittadino apparteneva alla famiglia come allo Stato, è assente. Al funerale di Napoleone, ironia della sorte, solo il popolo esulta gridando il nome del condottiero. Per il popolo rimane un emblema. Non lo fanno i borghesi e neppure i parlamentari, narra Lino Guanciale. E gli dei dove sono? Sembra scomparso il Dio cristiano, ma neppure gli dei della tradizione greca e romana, così simili agli uomini nei loro difetti, si vedono. L’uomo contemporaneo è dunque  solo? … Forse  il padre naturale, con tutti i limiti della sua natura terrena, resta ancora a riempire lo spazio e il significato avuti  un tempo da Dio e/o dallo Stato.

 OPERA ESTATE, la rassegna di danza, teatro, musica, circo e cinema che comprende anche lo spettacolo di ieri sera ha un ricco cartellone di eventi che continueranno  ancora nei mesi di agosto e settembre a Bassano del Grappa e nei comuni limitrofi.

Patrizia Lazzarin, 1 agosto 2023      

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