Cento anni di manifesti

Cento anni di manifesti

Fin dalla sua fondazione nel 1923 a Monza come Mostra internazionale delle arti decorative, Triennale Milano ha analizzato e interpretato i grandi cambiamenti socioculturali, ha saputo anticipare progettualità e tendenze, è stata, ed è, un luogo, aperto allo scambio e al confronto, in cui sono confluite idee e visioni di designer, architetti, artisti, pensatori di tutto il mondo. Le parole del suo  Presidente, Stefano Boeri  sono contenute nella pubblicazione edita da Marsilio Arte,  in occasione del centenario dell’istituzione culturale milanese. Il volume intitolato Triennale. Cento anni di Manifesti è a cura di Mario Piazza ed è disponibile in tutte le librerie.

Esso racconta la storia delle ventitré edizioni dell’Esposizione Internazionale, dal punto di vista della grafica fino a giungere alla nuova identità visiva sviluppata nel 2019 dallo studio Norm di Zurigo. Spiega il curatore Maria Piazza: “Partendo da queste icone ufficiali è infatti possibile delineare un racconto storico dell’evoluzione della progettazione grafica, del modificarsi del gusto, dell’introduzione di tecnologie che ammodernano i processi progettuali e realizzativi. Una storia per pillole …

Nominando i protagonisti coinvolti possiamo raffigurare un diagramma ideale della grafica italiana. Essi sono Aldo Scarzella, Giovanni Guerrini, Marcello Nizzoli, Michele Cascella, Mario Sironi, Enrico Ciuti, Max Huber, Ernst Scheidegger, Marco Del Corno, Eugenio Carmi, Roberto Sambonet, Massimo Vignelli, Albe Steiner, Giulio Confalonieri, Italo Lupi, Alberto Marangoni, Bob Noorda, Mauro Panzeri, Giorgio Camuffo, Anna Kulachek e 2x4.

Dai primi manifesti di Aldo Scarzella e Giovanni Guerrini, a quelli di Mario Sironi per la 5a e la 6a edizione a quello di Panzeri per la 20a e  quello di 2x4 per la 23a Esposizione Internazionale, possiamo capire i cambiamenti delle tecniche usate, dal tradizionale al digitale e l’evoluzione della cultura e della disciplina tipografica. Vedremo il passaggio dalla grafica intesa come pittura fino alla grafica come sistema che regola anche i contenuti espressivi nelle dinamiche e nelle necessità del processo comunicativo. Per Scarzella e Guerrini il manifesto è un cartellone dipinto secondo uno stile e la sensibilità artistica di un’epoca. Per Sironi il manifesto è una testimonianza, un quadro materico prestato anche alle necessità della propaganda. Per Panzeri è un dettaglio di un più sofisticato sistema visivo.

Una breve osservazione del  manifesto per la 1a Mostra internazionale delle arti decorative di Monza, del pittore Aldo Scarzella (1890 Millesimo, Savona - 1962 Vignale Monferrato, Alessandria) ci può far meglio comprendere anche il significato della pubblicazione. L’idea è qui quella di rappresentare la mostra con un simbolo, la corona ferrea, custodita nella cappella della regina Teodolinda nel Duomo di Monza e usarlo come un segnale per marcare un inizio. Un viatico per sancire un possibile incontro tra la tradizione folklorica dell’artigianato artistico e il futuro sviluppo industriale.

Nella realtà l’esposizione era ancora legata alla selezione e presentazione di oggetti e prodotti di scuole artigianali delle diverse regioni del Paese, con una filosofia opposta all’atteggiamento dei critici modernisti e al reale sviluppo di una qualità estetica industriale. Il manifesto di Scarzella è una magnifica illustrazione e un’immagine simbolica, una sorta di vessillo della tradizione per un contesto ancora tutto da costruire.

Il manifesto stampato a tre colori, pone la corona al centro e in alto, disegnata in maniera impressionistica con due tonalità di oro per rendere efficacemente le lavorazioni a sbalzo del metallo. È attraversata dal monogramma cristologico delineato da una fiamma che si eleva dritta al centro e circonda la corona. Un campo di intenso blu fa da sfondo a tutto il manifesto. Nella parte bassa è posizionata la titolazione, scelta che diventerà una costante nei successivi manifesti per la Biennale. Il testo in tutto maiuscolo è composto in Inkunabula, un carattere riproposto nel 1911 dalla Società Augusta, una fonderia di Torino, incidendo nuovamente i punzoni dei tipi medievali usati da Johannes Müller von Königsberg, detto il Regiomontano, per la stampa a Venezia nel 1476 del Kalendario astronomico e astrologico.

Patrizia Lazzarin, 24 dicembree 2023

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