La dama di picche

La dama di picche

Catturano il nostro sguardo corpi di ballerine distese e poi racchiuse in se, in un ritmo binario, per  disegnare sul palco voli d’uccelli in movimento e, ascoltiamo colpi ripetuti di mani che si avvicinano e vengono osservate nella ricerca di risposte scritte in una lingua in parte non conosciuta. Insieme si muovono delicati passi di ballerine che nelle loro forme efebiche richiamano la leggerezza dell’essere. Ogni azione tuttavia, ci restituisce il tempo di una storia che si nutre dell’avidità quasi cieca dell’uomo. Energia, passione, dolore, aspettativa, forse amore legano i protagonisti dello spettacolo di danza La Dama di Picche della compagnia Anželika Cholina Dance Theatre, andato in scena al Teatro Comunale Città di Vicenza, la scorsa serata. Si è svolta come  una  narrazione  in punta di piedi, resa con movimenti armoniosi a volte, irruenti altri, inaspettati e in alcuni casi attesi. Essa ha  tradotto  e spiegato  nel linguaggio che si avvale dei ritmi  del corpo e dell’anima, il dramma ispirato al racconto di Alexander Pushkin e al libretto dell’opera di Modest Tchaikovsky. La Dama di Picche considerato da molti il lavoro più meritevole di Pushkin, venne scritto dall’autore nel 1833. Dostoevskij  ne fu  entusiasta e a lui appartiene la frase: è un capolavoro dell’arte fantastica. L’interpretazione della regista e coreografa lituana Anželika Cholina, in  prima nazionale ieri, al teatro di Vicenza, ha ripreso anche gli autori Rachmaninoff e Prokofiev per mostrare le diverse sfaccettature della passione del gioco e delle ambizioni degli uomini. Un dramma, tanti drammi si mescolano, hanno differenti protagonisti e, fra di loro, spicca quello di Hermann la cui vitalità e bellezza sono il diritto della medaglia di una sorte avversa, suscitata anche  dalla sua volontà di trovare una chiave di successo nel vincere al gioco d’azzardo. Questa chiave è la vecchia contessa che possiede il segreto “delle tre carte” che il giovane ufficiale cerca di capirle con differenti stratagemmi, mentre  nell’alternarsi delle vicende le identità si confondono e chi appare ormai vecchio diventa giovane e viceversa. Ha spiegato la coreografa: “La Contessa è un personaggio mistico nello spettacolo, è allo stesso tempo vittima e carnefice del gioco di Hermann, ma sarà lui stesso a diventare la vittima del gioco da lui elaborato”. Lisa, la nipote della contessa, amore e strumento per Hermann per raggiungere i suoi desideri, ha incarnato nei suoi gesti la dedizione, l’abbandono, l’energia indomabile, la delicatezza. L’anziana contessa è diventata maschera dell’ambiguità dell’esistere e poi, fantasma capace di offrire soluzioni che nell’imprevedibile avvicendarsi degli eventi   hanno prodotto sofferenza e dolore in  chi le desiderava.  I costumi di Olga Filatova,  hanno  vestito le  tre figure danzanti del tre, del sette e dell’asso, le carte che avrebbero permesso a Hermann di vincere, e che nelle loro coreografie e nelle musiche che le accompagnavano, hanno reso un clima che riecheggiava ambientazioni lontane e  che sembrava appartenere ad una Russia di altri tempi. Il ritmo imprevedibile e incalzante ci riportava dentro una favola per bambini e adulti, dove inseguire ed essere inseguito si confondeva nei colori delle tre ballerine, simili quasi a  enormi matite capaci di  disegnare,  nel loro balzare nell’aria, le forme di un immaginario castello di sogni.

Patrizia Lazzarin, 15 aprile 2023

Newsletter

. . . .