Sulle orme di San Michele Arcangelo, pellegrini e devoti

Sulle orme di San Michele Arcangelo, pellegrini e devoti

Il viaggio per l’uomo antico e contemporaneo ha sempre avuto e ha diverse ragioni e fisionomie: sopravvivenza, conoscenza-studio, desiderio di mettersi alla prova e, fra i tanti vari  presupposti che muovono gli esseri umani verso l’ignoto, un ruolo importante è stato  rivestito, soprattutto nel Medioevo, dal pellegrinaggio. SULLE ORME DI SAN MICHELE ARCANGELO: PELLEGRINI E DEVOTI, la mostra ora in corso ad Ascoli Piceno, a cura di Stefano Papetti, svolge la matassa di una trama di percorsi che hanno toccato nel passato, ma che si riflette ancora oggi, il territorio marchigiano. La rassegna che è itinerante, si era aperta a Loreto 9 aprile dove si era chiusa il 13 luglio, per venire poi ospitata nella Pinacoteca Civica di Ascoli Piceno, dove rimarrà fino al 6 novembre per poi trasferirsi a Senigallia, dove proseguirà fino al nuovo anno. Essa è stata promossa dalla Regione Marche e dai tre comuni che hanno accolto l’esposizione ed è stata realizzata da Artifex International. Accanto alle mete più note di pellegrinaggio come Gerusalemme, Roma e Santiago di Compostela, numerose città europee, sia quelle che avevano già la fortuna di ospitare illustri reliquie, sia quelle che sapranno  lungo le rotte verso l’Oriente, “scovare” i corpi dei santi, diventarono luoghi assai visitati dai devoti.  I veneziani acquisirono i resti dell’evangelista Marco a cui è dedicata la splendida Basilica, e gli abitanti di Bari  ottennero le spoglie di San Nicola diventando così i luoghi dello spirito per numerosi pellegrini provenienti  sino dalla Scandinavia e dalla Russia.  Come  scrive il curatore Stefano Papetti: “si moltiplicarono le mete e le loro tipologie; accanto alle reliquie dei santi, attirano le masse dei fedeli anche i luoghi delle apparizioni micaeliche o i santuari dedicati al principe degli arcangeli: dalla grotta del Gargano, abbellita con una porta bronzea realizzata a Costantinopoli e donata dal mercante amalfitano Pantaleone De Comite Maurone, alla Sacra di san Michele in Piemonte e a Mont Saint-Michel in Normandia, già meta intorno al Mille di folle di cristiani attratti  dal famoso fenomeno delle maree”.  Quest’ultimo itinerario  che iniziava  da Mont Saint-Michel e  giungeva  sino al santuario di san Michele Arcangelo nel Gargano, riguardava  anche la città di Ascoli ed il territorio Piceno, come  ne conservano la testimonianza vari edifici di culto medievali dedicati all’angelo guerriero. Un percorso  di fede che possiamo ripercorrere fedelmente nel catalogo  della mostra grazie agli studi di Maria Elma Grelli che ha ricostruito le storie intorno al culto micaelico nel Piceno e grazie a Giovanni Morello che ha indagato le complesse vicende iconografiche legate all’angelo guerriero in Oriente ed in Occidente. In maniera significativa il primo locus della rassegna è stato Loreto, dove il santuario mariano venne riconosciuto nel 1520 come centro di pellegrinaggio universale al pari di Gerusalemme, Roma e Santiago di Compostela, attirando così fedeli da tutto il mondo. Chi era il pellegrino? “Proprio ansie e paure circa il destino nell’aldilà hanno contribuito a motivare molti uomini a mettersi in cammino facendosi pellegrini”, scrive Maria Giuseppina Muzzarelli. Egli si distingueva per un particolare abbigliamento che lo identificava, come in quel tempo avveniva  per  il medico e il dottore in legge. Alcuni oggetti rendevano riconoscibile il pellegrino. In particolare, già nel Duecento, possiamo trovare il cappello a vasta tesa, che anteriormente si portava rovesciata, utile a difendersi dalle intemperie, il  bastone su cui si appoggiava lungo il cammino, ma che era anche  utile  per la difesa, una borsa destinata soprattutto ad accogliere elemosine, ma anche a contenere un pezzo di pane ed una zucca che usava come borraccia. La divisa del pellegrino era arricchita da particolari distintivi detti signa peregrinationis, immagini devozionali che venivano mostrate in ricordo del viaggio. Il più noto ed il più antico signum era la palma di Gerico che i pellegrini recavano di ritorno da Gerusalemme e che diede loro il soprannome di palmieri. Ugualmente famose erano le conchiglie portate dai pellegrini  da Santiago di Compostela. I santi invocati dai pellegrini come san Rocco e san Giacomo maggiore che, vediamo fra le opere  in esposizione, venivano dipinti con i vestiti dei devoti per indicare questo legame. Il patrimonio iconografico a cui attinge la mostra racconta questo ed altro ancora. Sono per la maggior parte  opere provenienti dalle collezioni civiche marchigiane, fra cui spiccano i capolavori di autori come Antonio da Fabriano, Pietro Alamanno, Francesco Guerrieri, Pietro Liberi e Ferdinand Voet che, tra il XV e il XVII secolo, hanno testimoniato questo fenomeno di culto illustrando anche l’abbigliamento tipico dei devoti, sia prima sia dopo il periodo della Controriforma. Nel percorso possiamo ammirare anche alcuni importanti stendardi processionali conservati nelle Marche, espressioni di grande impegno pittorico.Inoltre la durata nelle Marche meridionali del culto di San Michele Arcangelo è ben spiegata dall’opera del maggiore artista piceno del Novecento: Osvaldo Licini che, a partire dalla tela del 1919 intitolata “Arcangelo” che è visibile in Pinacoteca,  si è dedicato a studiare questo tema sino ad inventare le celeberrime icone degli Angeli Ribelli che riassumono  il contrasto fra il Bene e il Male.

Patrizia Lazzarin, 23 agosto 2022

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