Il colore solare di Joaquin Sorolla

Il colore solare di Joaquin Sorolla

Il pittore della luce dorata delle spiagge di Valencia, nel sud della Spagna,  e di quella più fredda di Biarritz, sulla costa francese che si affaccia sull’Atlantico, regala ai nostri occhi, grazie alla rassegna che si è inaugurata in questi giorni a Milano a Palazzo Reale, l’allegria dei giochi del sole che modifica il mondo, mentre lo attraversa  con la potenza e la vitalità dei suoi raggi. La pennellata intinta nel bianco sembra portare con se granelli di sabbia dorata e raccogliendo la luce dell’astro e delle scaglie di rena, si  posa sulle vesti e sui corpi che ammiriamo nei suoi quadri. Nella fitta corrispondenza dell’artista Joaquìn Sorolla y Bastida con la moglie Clotilde si legge la sua passione per la pittura. Durante la sua vita l’artista valenzano realizzò un incredibile numero di opere: quattromiladuecento dipinti ed un numero sterminato di disegni. Il Museo Sorolla ne conserva più di cinquemila. La monografica a lui dedicata è la prima di queste dimensioni in Italia e come spiega anche Domenico Piraina,  il direttore di Palazzo Reale, “essa consente di ampliare la nostra conoscenza sulle diverse forme ed espressioni artistiche del nostro Novecento”. Dopo la mostra che si è chiusa recentemente su Monet, il pittore impressionista che coglieva  i toni della luce nelle varie ore del giorno, possiamo apprezzare, attraverso le sessanta opere in esposizione, la bellezza dell’arte di Sorolla che lo stesso Monet qualificherà come “un gaudente della luce”. La rassegna mette in evidenza anche gli stretti legami che il pittore spagnolo ebbe con l’Italia, a cominciare dal viaggio vinto come borsa di studio che lo portò a Roma e che poi gli fece conoscere Venezia, Pisa, Firenze e Napoli. Dopo essersi recato anche a Parigi, che fu per lui essenziale per l’incontro con la pittura di Jules Bastien-Lepage, fu di nuovo nel 1888 in Italia, ad Assisi, in ritiro spirituale con la neosposa Clotilde. Saranno questi luoghi, “attraversati” da ulivi e mandorli a costituire lo sfondo dei quadri che segneranno l’inizio di quello che egli stesso definirà come il giusto cammino: “dipingere le cose viste”.  Il tema sociale è molto caro a Sorolla e viene incoraggiato dalla sua amicizia con il suo conterraneo e coetaneo Vicente Blasco Ibañez, autore di vari romanzi sulla dura vita di pescatori e contadini.  La sua enorme tela il Ritorno dalla pesca è però una celebrazione della dignità e della bellezza del lavoro, priva di accenti di denuncia o drammatici. Nell’opera successiva, anch’essa un quadro monumentale, Cucendo la tela, dove quest’ultima è il soggetto assoluto dell’opera, l’artista spagnolo esalta una luce che si scompone in mille sfumature, dentro un gioco di forme che ricreano le cose. Emerge il pittore che amiamo e che si distingue per la sua pennellata luminosa, solare ed appassionata del colore.  Come foto  scorrono, nella loro immediatezza, davanti ai nostri occhi le sue immagini del mare che si increspa per la brezza marina e il rifrangersi della schiuma sulla spiaggia. Ci appare sensibile al tatto la nudità lucente di giovani corpi   stesi sulla riva, mentre li osserviamo che si divertono a giocare come nel quadro: Idillio al mare. Nel dipinto Spiaggia di Valencia, pennellate rapide, la tecnica consueta dell’artista, definiscono un mondo in movimento fatto di  mamme e bambini, immersi nelle onde spumeggianti, a cui fa da contraltare quel bianco delle vele che si ammainano sulla barca. Sembra di essere dentro un caleidoscopio di colori che si trasformano  nel suono dell’universo che pullula di vita. Blu, verdi e violetti o arancioni nella distesa d’acqua, per contrasto, sembrano rafforzare la consistenza della materia, come nella Barchetta, mossa sull’acqua, da un bimbo intento nel gioco che lo appassiona. Già dal 1884, poco più che ventenne, l’artista comincerà a partecipare alle grandi mostre nazionali ed internazionali, ma sarà nel 1900, l’Esposizione Universale di Parigi che lo renderà celebre  con la vittoria del Grand Prix, grazie alla sua opera la Triste Eredità, che batterà addirittura artisti noti come Klimt e Alma-Tadema. Popolano qui  la tela  piccoli pazienti poliomielitici, che accompagnati dai fratelli dell’ospedale dell’Ordine di San Giovanni di Dio, fanno il bagno sulle rive della spiaggia di Malvarrosa. Un quadro di denuncia della Spagna del periodo, quando era comune la convinzione che i vizi e l’alcolismo favorissero la deformità dei figli. Egli fu anche uno dei più grandi ritrattisti della sua epoca. Ai  volti del presidente americano William Taft e a quelli della famiglia reale spagnola si aggiungono quelli dei grandi collezionisti, aristocratici, ricchi borghesi, colleghi artisti e scrittori, ma il soggetto più amato sarà sempre la sua famiglia, dipinta insieme oppure singolarmente: la moglie Clotilde e i tre figli Maria, Joaquin ed Elena. Sono quasi sempre raffigurati  en plein air, dentro giardini ricchi di vegetazione e lungo le spiagge marine, dove la natura e l’essere umano si fondono con naturalezza per esaltare l’emozione del colore e della vita. I giardini di Sorolla diventeranno in seguito, quasi un genere indipendente nei tanti brani di pittura dove la vegetazione è protagonista dell’opera. Siamo a La Granaja, nell’Alcazar di Siviglia, all’Alhambra e al Generalife di Granada o nella sua casa, che diventerà poi a Madrid, il Museo Sorolla. Nella produzione matura di Joaquìn riconosciamo  la sua passione per il mondo dell’arte greco-romano come nell’opera la Veste rosa, che rappresenta due donne dopo il bagno, dentro la cabina, riparate dalla forte luce della spiaggia. La veste colorata di una delle giovani aderisce al corpo come nei panneggi classici, rendendola simile ad una Venere. Qui ancora una volta egli sperimenta  la sua tecnica della luce, che filtrata attraverso le canne, scende con naturalezza sui corpi.             

Patrizia Lazzarin, 3 marzo 2022

Newsletter

. . . .