Artenumero. Gli artisti e il numero

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La Valle d’Aosta,  con i suoi “Giganti delle Alpi”: il Monte Bianco una montagna, seconda in Europa solo all’Elbrus nel Caucaso, il Monte Cervino (4.478 m),  e  il Monte Rosa (4.634), offre la sensazione di essere sul tetto d’Europa. In questi giorni di vacanze estive, se ci troviamo in questi luoghi  possiamo approfittarne per visitare assieme alle bellezze naturali,  nella città di  Aosta, presso il Museo Archeologico Regionale di Piazza Roncas, la mostra ArteNumero. Gli artisti e il numero tra XX e XXI secolo.

L’esposizione guarda all’arte degli ultimi sessant’anni da un’angolazione particolare concentrandosi sul Numero. Oltre settanta opere di importanti artisti italiani e internazionali sono divise in cinque sezioni, in un percorso trasversale che attraversa linguaggi, tematiche e pensieri della storia in cui il numero diviene momento fondamentale di riflessione per l’artista e per l’osservatore.

La rassegna è promossa dall’Assessorato Beni e attività culturali, Sistema educativo e Politiche per le relazioni intergenerazionali della Regione autonoma Valle d’Aosta. Ha la curatela  di Angela Madesani ed è  prodotta da Nomos Edizioni.

”Nelle mani degli artisti il numero, entità creata della mente umana per misurare la realtà, il tempo e lo spazio, da strumento diventa riflessione, elemento concettuale e segno grafico, nozione astratta ma anche oggetto concreto, offrendoci visioni del mondo a volte ludiche e rassicuranti, più spesso sottilmente inquietanti e drammatiche – scrive nel  catalogo Daria Jorioz, dirigente della struttura Attività espositive e promozione identità culturale .

 Sulle orme dell’antico, da Piero della Francesca ai maestri della prospettiva, il numero diventa un elemento semantico densissimo di contenuti, che nel corso del XX secolo, dall’Arte concettuale alla Pop Art, ha rappresentato un potente catalizzatore di attenzione e che anche gli artisti contemporanei più vicini a noi maneggiano con cura e grande intensità espressiva.”

Nella prima sezione, dedicata al rapporto tra il numero e il tempo, sono esposti i lavori di alcuni fra i più importanti artisti dell’ambito concettuale internazionale come On Kawara. La grande opera di Luca Pancrazi 24 ore su 24 è un omaggio alla pratica del disegno, esercizio quotidiano di cura e di dedizione nei confronti del proprio operare.

Il numero è strettamente legato alla dimensione temporale anche nelle raffinate opere di Elena Modorati. Di Alighiero Boetti sono in esposizione due arazzi di diverse dimensioni, calendari, libri e cartoline a tema.

Un minuto di fotografia di Franco Vimercati è una sorta di manifesto in cui l’artista dichiara il punto nodale della sua ricerca: il tempo e la sua misurazione. Nella stessa stanza di quest’ultimo sono cinque opere di Roman Opalka, tra fotografie e Carte da viaggio. L’artista polacco ha realizzato dal 1965 sino al 2011 uno dei più importanti lavori sul tempo. Nell’opera di Daniela Comani Sono stata io. Diario 1900-1999 ci troviamo di fronte a una sorta di diario del XX secolo, in cui l’artista sembra vivere in prima persona ciascun evento narrato.

Nella seconda sezione, si indaga il legame tra numero e narrazione, in esposizione una Linea di Piero Manzoni, con cui l’artista crea un patto con lo spettatore, accettare quanto da lui dichiarato: la lunghezza della linea stessa.
In 1,2,3,4 del 1974 Antoni Tàpies lo utilizza per raccontare la storia delle tragiche vicende del suo paese natale, la Spagna. Il calcolo numerico, inoltre, diventa storia personale nella Via Crucis laica di Elisabetta Casella realizzata con la scagliola sul cui retro sono piccole immagini fotografiche.

Tra le opere più significative in mostra, Five Fives (to Donald Judd) di Joseph Kosuth del 1965, un’opera al neon composta da numeri che il grande artista americano dedica all’altrettanto grande artista Judd. Rimedi di Pietro Bologna del 2002 sono una serie di particolari ingrandimenti dei bugiardini degli psicofarmaci, uno dei simboli del nostro tempo, realizzati con una particolare tecnica fotografica appositamente studiata per quel lavoro.

L’artista concettuale tedesco Peter Dreher dal 1974 al 2020 ha dipinto, con la stessa luce, lo stesso bicchiere numerando le diverse opere. All’inizio del lavoro dichiarava di voler dipingere un quadro invisibile: un’utopia che per certi versi, è riuscito a realizzare.

 Paolo Pessarelli utilizza le pagine rosa piene di numeri del Financial Times per realizzare lavori di diverso tipo, a muro e a terra in cui, i numeri incolonnati sono scansioni istantanee di storie e di vite. Pagine che si fanno supporto per accogliere e sostenere le immagini di ragazze e ragazzi ripescati dall’oblio, volti scelti fra i tanti abbandonati nei mercatini dell’antiquariato.

La terza sezione è costituita dalla relazione tra numero e spazio. Una scoperta è costituita dai lavori di Andrea “Bobo” Marescalchi, affascinato dalla matematica, dalla simbologia numerica, dalla ripetizione e dalla perfezione aritmetica. Twentysix Gasoline Stations è il titolo del libro di Ed Ruscha che viene considerata a tutti gli effetti un’opera concettuale, che documenta il viaggio fatto dall’artista da Los Angeles a Oklahoma City attraverso quella che allora era la Route 66.

Nella quarta sezione il numero si rapporta con segno e immagine ed è utilizzato nella sua accezione semiotica e indicale: dalle opere pop di Ugo Nespolo alla fotografia di Luigi Ghirri, al mondo concettuale di Maurizio Nannucci, sino alle raffinate sculture di Robert Tiemann, che fanno parte della prestigiosa collezione Panza di Biumo.

Due le preziose carte di Hanne Darboven, per la quale i numeri sono un veicolo verso la musica, a sua detta unica vera scoperta dell’umanità.
Giocose le tele di Mimmo Iacopino realizzate con i metri da sarto. La casualità, il lancio dei dadi determina la scelta dei colori nelle carte di Vincenzo Merola, il più giovane degli artisti in mostra.

Il rapporto tra numero e aritmetica è il tema della quinta sezione, dove sono presenti opere di artisti concettuali, come Bernar Venet, forse uno degli autori che negli anni Sessanta si è avvicinato alla matematica con maggiore consapevolezza  e Mel Bochner che interroga le intersezioni tra linguaggio e matematica.

In mostra Pebbles, una grande opera di Laura Grisi del 1973 composta da centocinquanta immagini fotografiche, a colori, di sassi, raccolti in piccoli gruppi.
In esposizione inoltre, una grande opera con neon di Mario Merz della serie dedicata alla sequenza di Leonardo Fibonacci, tre lavori di Vincenzo Agnetti, che nel corso degli anni si è dedicato al rapporto tra matematica e linguaggio, e Era soltanto un gallo, tesoro, una installazione di sette elementi, sette dipinti di piccole dimensioni di Beatrice Pasquali che riflettono sul tema dell’ars combinatoria.

Il catalogo della mostra, bilingue italiano-francese, pubblicato da Nomos Edizioni, contiene i testi di Angela Madesani e Daria Jorioz.

Patrizia Lazzarin, 9 agosto 2024

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