Bruno Munari, l’inventore fra arte e design

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Bruno Munari, artista poliedrico e creativo visionario che ha saputo annullare i confini tra arte e design, sarà dal 16 marzo il protagonista alla Fondazione Magnani-Rocca, della più grande mostra italiana che pone sotto la luce del riflettore,  una  delle più iconiche figure del design e della comunicazione visiva del XX secolo.

Nel panorama artistico italiano degli anni Cinquanta, gli artisti avevano tentato di liberare l’arte da ogni riferimento naturalistico o funzione sociale per fondare un linguaggio nuovo, autonomo e più vicino alle esperienze estetiche internazionali.

In questo clima di rinnovamento nasce il Movimento per l’Arte Concreta MAC, fondato a Milano nel 1948 da Bruno Munari, Gillo Dorfles, Gianni Monnet e Atanasio Soldati.  I fondatori del Mac, al di là del comune credo concretista che traeva ispirazione dal purismo di Mondrian e di Van Doesburg, erano differenti nel modo di operare. Munari si contraddistinse da subito per il grande rigore formale e per l’inesauribile curiosità che lo avrebbe di lì a poco condotto all’arte programmata.

In seguito il MAC si unì  al Group Espace, promotore di una fusione tra architettura, scultura e decorazione, finalizzata ad una più attiva partecipazione artistica nel contesto sociale.  Pierre Restany che fu una   delle ultime figure di critico militante e un po’ bohemien, sostenitore appassionato di movimenti di neoavanguardia, definì l’inventore Munari, il Leonardo e il Peter Pan del design italiano.

La scimmietta Zizì  rappresenta uno dei primi successi dell’artista  Munari come designer. Essa, “partorita” nel 1953, è un giocattolo costruito avvolgendo attorno a un filo di ferro, un materiale innovativo dell’inizio degli anni Cinquanta: il poliuretano. Il risultato  rappresenta anche l’attuazione della poetica  e del metodo didattico dell’artista, convinto che l’apprendimento dovesse avvenire attraverso il gioco.

Nel 1958 inventa le Forchette Parlanti, posate in acciaio inox a cui vengono piegate  rebbi e manici. Così facendo, dà vita a oggetti che perdono la loro funzione originale per lasciare spazio alla fantasia e alla sperimentazione. Sono una perfetta  sintesi tra design e arte, espressione della ricerca  di Munari in ogni sua creazione.

 “Munari – spiega Marco Meneguzzo insigne studioso munariano e curatore della mostra – è una figura molto attuale nella società liquida odierna, nella quale non ci sono limiti fra territori espressivi. È un esempio di flessibilità, di capacità di adattamento dell’uomo all’ambiente. Il suo metodo consiste nello scoprire il limite delle cose che ci circondano e di volerlo ogni volta superare”.

Nella mostra sono racchiusi settant’anni di idee e di lavori. Egli  aveva iniziato la propria attività durante il cosiddetto Secondo Futurismo, attorno al 1927. Spazierà poi  in tutti campi della creatività: dall’arte al design, dalla grafica alla pedagogia. Grafica, oggetti, opere d’arte, TUTTO risponde a un metodo progettuale che si definisce negli anni,  dai grandi corsi nelle università americane e con il progetto più ambizioso, che è quello dei laboratori per stimolare la creatività infantile, che dal 1977 sono tuttora all’avanguardia nella didattica dell’età prescolare e della prima età scolare.

Ripercorrendo l’arte di Munari,  a partire dalla fine degli anni Quaranta, riscopriamo il suo pensiero. Egli scriveva negli anni Ottanta, in occasione di una sua mostra: “Tutta l'arte è concreta, anzi si potrebbe dire che o è arte concreta o non è arte … Quando un normale pittore fa un ritratto ad una persona, è evidente che l'opera dell'artista è un’astrazione, anche se il ritratto è realizzato nel modo più verista possibile. Infatti il dipinto ci mostra solo una parte della realtà vera, di quella persona mancano una infinità di proprietà che sono il volume, il peso, il calore, l'odore e via dicendo. Senza contare che un ritratto olio su tela, dà solo un lato della persona … la Gioconda non ha le gambe, la figura che rappresenta la Primavera di Botticelli non ha la parte dietro.

Quindi quelle forme di arte chiamate verismo o arte figurativa sono infatti astrattismo come quelle pitture che prendono qualcosa dalla natura e ce lo mostrano col disegno, con i colori, con le forme. Ma allora se il verismo e l'astrattismo sono la stessa cosa, che cos'è l'arte concreta?

Prendiamo come esempio il teorema di Pitagora. Questa figura di due quadrati e un triangolo, prima era nella mente di Pitagora e nessuno la vedeva e la poteva conoscere. Disegnandolo su di una superficie piana, questo pensiero prende corpo, il suo corpo, diventa concreto, è lui, non «rappresenta» altro che sé stesso.

Questo vuol dire poter vedere un pensiero. Ora questo pensiero può essere scientifico, come quello di Pitagora o artistico come quello di Mondrian, di Arp, di Bill, di..., può essere a due dimensioni, a tre, a quattro, con colore o senza, con movimento per mostrare come una forma può trasformarsi in un'altra.

Arte concreta è quindi quella che fa vedere la natura interiore dell'uomo o della donna, il pensiero umano, la sensibilità, l'estetica, il senso dell'equilibrio e tutto ciò che fa parte della natura interiore ...

La rassegna BRUNO MUNARI. Tutto rimarrà aperta fino al  30 giugno. Il catalogo, a cura di Marco Meneguzzo e Stefano Roffi, viene pubblicato da Dario Cimorelli Editore. 

Patrizia Lazzarin, 13 marzo 2024

 

 

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