Marcel Duchamp e la seduzione della copia

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Sulle “rive veneziane” abbiamo una nuova occasione per entrare in dialogo con l’artista che, come hanno detto, ha attraversato il secolo del Novecento con la leggerezza delle future creature di Calvino e  di Kundera e, tuttavia, il suo ruolo nell’arte contemporanea ha acquisito la pesantezza tragica dell’Ulisse di Joyce. Da 14 ottobre 2023 al 18 marzo 2024, la Collezione Peggy Guggenheim presenta la rassegna Marcel Duchamp e la seduzione della copia, a cura di Paul B. Franklin, fra i massimi esperti e studiosi del pittore francese nato a Blainville-Crevon il ventotto luglio del 1887. Duchamp è stato uno tra gli artisti più influenti e innovativi del Novecento, storico amico nonché consigliere della mecenate americana Peggy Guggenheim.

La formazione artistica di Marcel si svolge fra il 1907 e il 1913 e in breve tempo assimila le suggestioni provenienti  dal Fauvismo e dal Cubismo, senza dimenticare Cezanne a cui si avvicina per depurare la sua pittura dal gusto e dalla sensualità visiva.  Non fa propri i dogmatismi di molti  artisti di allora, spesso creatori di rinnovate ideologie. Attento alle tentazioni di una pittura esclusivamente retinica, come la definirà in seguito, egli proprio nella sua fase cubista metterà a punto la sua personale mitografia e iconografia: la macchina, il nudo, l’alchimia.

Tra il 1911 e il 1912 realizza i dipinti che definiscono la sua poetica: Nudo che scende le scale (1 e 2), Il re e la regina circondati da nudi veloci, Il passaggio della vergine alla sposa e Sposa. La trasformazione alchemica della psiche in senso junghiano diventa sublimazione delle pulsioni erotiche, aggressive e distruttive, a cominciare dall’attrazione per la sorella Suzanne, andata in sposa in quegli anni.

Intorno all’anno 1923 si indica la data della sua opera nota come il Grande Vetro il cui titolo è La sposa messa a nudo dai suoi scapoli e che chiude anche il periodo della vita dove si verifica il suo  progressivo abbandono dei pennelli.  Si susseguono gli anni americani delle sperimentazioni Dada e delle invenzioni dei ready – mades fra i quali ricordiamo la famosissima Gioconda con i baffi, l’orinatoio rovesciato, Fontana, e lo scolabottiglie appeso, Attaccapanni. Alla stessa maniera e nello stesso tempo si diverte a variare il nome delle cose e delle strutture delle frasi fornendo nuovi significati a quello che osserva nel mondo.

Peggy Guggenheim conosce Marcel Duchamp a Parigi intorno al 1923, ma è solo a partire dall’autunno del 1937 che l'artista diviene tra i consiglieri più fidati della mecenate, quando essa si trova in procinto di aprire la sua prima galleria a Londra, la Guggenheim Jeune che inaugurerà il 24 gennaio 1938.

La mostra Marcel Duchamp e la seduzione della copia  ci permette di vedere  una sessantina di opere realizzate tra il 1911 e il 1968. Saranno esposti lavori iconici provenienti dalla Collezione Peggy Guggenheim e da altre prestigiose istituzioni museali italiane e statunitensi, tra cui la Galleria Nazionale d'Arte Moderna e Contemporanea di Roma, il Philadelphia Museum of Art, il Museum of Modern Art di New York e il Solomon R. Guggenheim Museum di New York.

Molte opere esposte, la metà circa, provengono inoltre dall’importante collezione veneziana di Attilio Codognato,  un collezionista che fin dai primi anni ’70 si era interessato alla produzione dell’artista francese. Nel 1941 Guggenheim acquista  dall’artista il primo esemplare dell'edizione deluxe del capolavoro Scatola in una valigia, divenendo così una delle prime sostenitrici di Duchamp.

Dopo l’abbandono della pittura Duchamp si dedica a molteplici attività creative come anche ai giochi ottici e cinematografici, ma in particolare riproduce ripetutamente le proprie opere  con tecniche e dimensioni diverse.  In questo modo diffonde il suo corpus di opere, altrimenti modesto. Ricreando i suoi lavori egli intende dimostrare che alcuni duplicati e i loro originali offrono un analogo piacere estetico. “Distinguere il vero dal falso, così come l'imitazione dalla copia, è una questione tecnica del tutto idiota”, dichiara Duchamp nel 1967 in un’intervista. Secondo l’artista le idee che un'opera d'arte incarna, hanno lo stesso significato dell'oggetto in sé.

Marcel Duchamp e la seduzione della copia esplora i molteplici approcci adottati dall’artista per duplicare le proprie opere senza soccombere alla copia pura e semplice. “Tutto quello che ho fatto di importante potrebbe stare in una piccola valigia”, dichiarò. Scatola in una valigia è la sintesi più coinvolgente mai creata dall’artista della sua passione per la replica come modalità di espressione creativa.

In  mostra una sezione è dedicata alla lunga amicizia che legò Duchamp a Guggenheim: fotografie, documenti d’archivio e pubblicazioni ripercorrono il legame che intercorse tra loro e spiegano il posto speciale occupato dall’artista nella collezione che Guggenheim raccoglie grazie ai suoi consigli. Fu Duchamp a presentarle gli artisti e a insegnarle, come lei stessa ebbe a dire nella sua autobiografia "la differenza tra l'arte astratta e surrealista”. La mostra è accompagnata da un ricco catalogo illustrato, edito da Marsilio Arte, con il saggio del curatore.

Patrizia Lazzarin, 13 ottobre 2023

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Incontro e Abbraccio

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Controcorrente per i tempi in cui viviamo, ossia adagio adagio, ci muoviamo  vicino  alle sculture esposte in mostra per intuire  il messaggio, a volte  nascosto, nelle espressioni dei volti,  nelle pieghe degli abiti  o  nelle mani che sembrano muoversi nello spazio per raccontare  il sentimento  e il pensiero di un artista  nel  momento in cui  crea l’opera d’arte. Visitare una rassegna d’arte con unicamente opere di scultura è un’esperienza molto particolare e richiede allo spettatore la disponibilità a lasciarsi  incantare, ad osservare piano   e a diventare partecipe di un discorso  che lo scultore intende rivelargli come se fossero  seduti assieme,  su una panca, durante  una serena chiacchierata o  un’accesa discussione, proiettati in un’altra epoca e luogo. INCONTRO E ABBRACCIO  nella Scultura del Novecento da Rodin a Mitoraj, la mostra che si apre al Palazzo del Monte di Pietà a Padova il 16 novembre ha un approccio tematico articolandosi in sezioni che sono dirette a provocare riflessioni e pensieri nei visitatori della rassegna promossa dalla Fondazione SALUS PUERI crescere la vita e  curata dalla storica dell’arte Maria Beatrice Autizi e da Alfonso Pluchinotta, medico e storico della medicina che ha da sempre presta attenzione al linguaggio del corpo e della mano.  Autizi ha spiegato come nella mostra si sia voluto lasciare spazio alle emozioni, offrendo la possibilità a chi guarda di svelare  e interpretare i significati  delle sculture e  suggerendo solo dei temi come traccia per orientarsi. La bellezza delle opere di tanti autori famosi come Auguste Rodin, Arturo Martini, Vincenzo Gemito, Pietro Canonica, Virgilio Guidi, Marcel Duchamp, Igor Mitoraj, Henry Moore e molti altri scultori del Novecento, diventano  l’occasione per fermarsi a riflettere su determinati argomenti: il cammino della vita, la formazione e l’insegnamento dei valori, l’incontro, la relazione, la lontananza, l’attesa, l’azione e la compassione. L’essere umano  che vorremmo incontrare e che appare in mostra rappresentato nelle sculture non è  uomo indifferente, ma è vivo e palpitante,attento a tanti suoi simili  in attesa di ascolto, di una parola, di un gesto o di uno sguardo. La fragilità umana potrebbe essere uno dei leit motiv dell’esposizione  e   trova un’esemplare espressione nel Bacio dell’Angelo, opera  dell’artista polacco Igor Mitoraj.  L’abbraccio silenzioso di due figure, donna e uomo, entrambe mutile degli arti è ricco di sentimenti venati di malinconia: nei volti una tenerezza  memore di tempi felici. L’ala rimasta sembra alludere al volo dell’anima che  ancorata alla speranza  o al ricordo, rimane in grado di resistere alla vita. Il gruppo scultoreo Il figliol prodigo di Arturo Martini condensa nell’abbraccio delle  due figure di padre e figlio le emozioni non dette e le lunghe attese dello sperato ritorno. Le superfici estremamente lisce e luminose dei corpi aumentano l’efficacia  dello sguardo che si scambiano i due protagonisti e la pesantezza delle pieghe della veste del padre e la leggerezza di quelle del figlio sembrano  per contrasto accentuare la gravità del significato dell’incontro. Padri e figli, Madri e figli: amori immensi  riempiono lo spazio come nella Mère di Auguste Rodin, dove il movimento della mamma che accosta il bimbo al suo corpo sembra dar forma a quel piccolo essere  e con esso, fondendosi insieme, ricostruire  la stessa dimensione dello spazio.  Ci affascina ora la materia bruna e lucida della scultura che  sembra emergere direttamente dalla Terra. Per contrasto, con semplicità, un bacio  schiocca sulle gote della bimba nella scultura Amore materno di Luigi Panzeri e la gioia brilla negli occhi della piccola che abbraccia festosa la mamma: un momento eterno che si rinnova e si ripete  nella felicità  di tante mamme e bimbi di oggi e di un lontano passato che giunge  alla notte dei tempi. Forza e solidità nella terracotta rossa di Isa Pizzoni, dove una figura procede a fatica nello spazio. Allieva di Arturo Martini essa offre in questa scultura la sua interpretazione  del Cubismo. Quasi trascinata dal vento, in fuga nell’ampio movimento del mantello che sollevandosi la nasconde completamente, la figura femminile di Controvento IV di Aurelio Nordera rende  il movimento e la  velocità di un’azione. E poi il mito, questo grande narratore di storie che nelle opere Atalanta di Vincenzo Gemito o in  Sisifo di Ghanu Gantcheff mostra l’ironia  sempre nascosta dietro l’angolo nelle vicende umane: un sorriso che si tinge spesso d’incomprensione o d’amarezza, a volte di stupore. Alfonso Pluchinotta ha sottolineato l’attualità della mitologia che insegna ancora oggi. Pensiamo solo alla fatica di Sisifo che continua a spingere un masso che poi torna indietro e ci riporta con la mente a tante nostre vane fatiche o quelle ali di Icaro che  nella scultura di Edward Bruce Douglas (attr.) non si sciolgono al sole, ma troppo pesanti per reggere il volo, schiantano al suolo lo sfortunato sognatore. Consolation dell’artista Antonio Vancellis Puig, l’Abisso di Pietro Canonica, Abrazo di Marta Leòn, La femme en fuite di Nathaniel Neujean declinano in modi originali, diversi  e profondi il bisogno di superare il senso della solitudine dell’individuo che cerca nel compagno, nella propria donna o nel figlio la forza di cui ha bisogno per poter vivere in questo mondo. Il dolore, la disperazione, la fuga voluta o desiderata sono suggerite  dalle  opere come l’ Eneide di Pericle Fazzini o Vietnam di Claudio Trevi. E poi le mani nelle sculture di Rodin, Luc Albert Moreau e George Segal che parlano, ci allontanano, toccano per conoscere o si fondono per cercare le origini dell’amore in un linguaggio apparentemente muto ma invece ricco di echi interiori. Il cammino dell’uomo sulla terra  in una delle figure dei Borghesi di Calais fa rivivere  un dramma storico e concentra nel gesto efficace delle mani monumentali intorno al capo la  sofferenza che non lascia speranza. La mostra che  è sostenuta dalla Fondazione Cariparo e dall'Università degli Studi di Padova, con il patrocinio della Commissione Europea, della Regione Veneto, della Provincia e del Comune di Padova, prevede l’ingresso gratuito e rimarrà aperta fino al 9 febbraio 2020. 

Patrizia Lazzarin, 15 novembre 2019

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