Il Tango delle Capinere nelle memorie di un carillon

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Lo sguardo di Emma Dante con l’opera Il Tango delle Capinere andata in scena in questi giorni al Teatro Goldoni di Venezia, si stacca dall’osservazione di quel variegato e sconcertante, anche se profondamente toccante, mondo di emarginati che ci ha abituato a conoscere con i film come Le sorelle Macaluso e il recente lavoro Misericordia, così come  nelle sue opere teatrali.

La musica del Tango delle capinere che abbiamo sentito accompagnare la danza dei due protagonisti in un momento struggente e che dà il titolo alla piece non sembra riguardare il tema della narrazione. La canzone che allude al fascino trasgressivo della prostituzione e che molti artisti hanno interpretato, tra cui i famosi italiani Fred Buscaglione, Nilla Pizzi, Milva, Luciano Tajoli, Claudio Villa e Gigliola Cinquetti, nell’opera di Emma Dante sembra esaltare la passione amorosa e  restituirne la vitalità nel ricordo di chi, ora non più giovane, ha saputo amare anche con un’intensità fisica capace di travolgere corpo e mente.

Ora  le note che sentiamo provenire da un piccolo carillon tenuto da due vecchietti che a malapena si reggono sulle gambe ci fa percepire una dolce malinconia che riporta a fatti e vicende accaduti ai due protagonisti. È una dolcezza che unisce gli attori, Sabino Civilleri e Manuela Lo Sicco, compagni anche nella vita, in un ballo che si sforza nelle movenze irrigidite di assomigliare a quella musica che stringe stretti gli innamorati.  

Dai bauli sulla scena escono oggetti, cose che sono pezzi di vita, legati a momenti cruciali di un’esistenza come può esserlo una dichiarazione d’amore, il primo figlio, essere mamma, papà, sposarsi … E allora canzoni a noi note che hanno saputo cantare la potenza del sentimento più desiderato dagli esseri umani,  hanno accompagnato la storia che si dipanava come in una moviola che gira all’indietro.

Le gambe tornavano a drizzarsi, i corpi a farsi sinuosi e i capelli a trovare consistenza e colore di un tempo. I ricordi  di una simpatica vecchietta piena di acciacchi diventavano la  storia di una donna e di un uomo innamorati che hanno saputo anche farci divertire perché la vita non è mai scontata e ci riserva tante sorprese, spesso nelle piccole quotidianità che presentano innumerevoli accidenti. L’imprevisto ha saputo così farci ridere, il fatto anomalo lo ha permesso alla stessa maniera.

Il carillon che appariva in più occasioni è anche il simbolo di quello che si conserva nel tempo. Se pensiamo che spesso viene o veniva donato a un bambino che nasce e la sua musica come ricordo  di un momento speciale lo accompagnerà tutta la vita.  Un piccolo gesto: una mano che gira una manovella e si dipana la melodia. Esso ci regala un suono che sa restituire la bellezza di un tempo fuggito via, ma tuttavia ancora presente nel cuore.

Un fascino ricco di mistero sembrava provenire da quel piccolo oggetto che potremmo tenere racchiuso in una mano. Esso è un piccolo forziere capace di contenere  come i grandi bauli sulla scena,  il passato, i segni e gli oggetti di un tempo in cui abbiamo amato, siamo stati amati, abbiamo vissuto e ora … con desiderio e volontà cerchiamo di far rivivere nel ricordo, mentre il corpo sembra spogliarsi dell’età antica per ritrovarne una nuova, anche se solo per il breve tempo in cui dura la memoria.

Il Tango delle Capinere è la danza della vita di due innamorati. E’ l’approfondimento, infine, della regista di uno studio, Ballarini che faceva parte della “Trilogia degli occhiali”.

Patrizia Lazzarin, 17 dicembre 2023

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