I Bassano, storia di una famiglia di pittori

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I fili bianchi della folta barba di Jacopo si legano nei toni alle striature color argento della  calda pelliccia bruna che lo avvolge. Gli occhi acuti animano il volto, dove le tracce del tempo hanno scavato la superficie cutanea come sono in grado di fare le forti emozioni e le vicissitudini di un’esistenza operosa. Quando parliamo di Jacopo Dal Ponte, il pittore veneto del ‘500, le cui opere arricchirono le grandi collezioni reali europee e i cui tratti somatici si riconoscono anche nel ritratto del nipote Apollonio, visibile in mostra, il pensiero si riallaccia alla grande bottega dei Bassano. Il termine bottega non è pero esaustivo. Le parole del titolo dell’esposizione che si apre oggi al Museo Civico: I Bassano, storia di una famiglia di pittori chiarisce in modo sintetico  che l’avventura artistica di Jacopo è parte di una tradizione familiare che ebbe inizio nella seconda metà del Quattrocento e che giunse al Seicento.

Il capostipite, Jacopo di Berto era un conciatore e proveniva dalle montagne di Gallio. Correva l’anno 1464 quando egli prese dimora  in Contra’ del Ponte da cui deriverà il cognome  della nota famiglia di pittori. Suo figlio Francesco, poi detto il Vecchio perché fu il primo della dinastia, iniziò a muoversi con interesse fra i colori e i pennelli. Fra le sue passioni l’alchimia e la cartografia. La sua attività artistica fu motivo della nascita della bottega che seppe accogliere la domanda d’arte sacra che proveniva dal territorio ai piedi delle Prealpi Venete. Al suo interno operarono i figli Giambattista e Jacopo. Jacopo rivelatosi un  giovane di grande talento divenne capo della bottega e le diede una nuova immagine. La sua formazione, avvenuta a Venezia, come racconta lo storico Carlo Ridolfi nelle sue Meraviglie dell’Arte, lo portò ad abbandonare una forma d’espressione decorativa. La sua attenzione verso le novità gli fece apprezzare alcune invenzioni della grande pittura veneta e del centro Italia, con una sensibilità a volte manieristica e in particolare attenta agli effetti di luce. La quotidianità diventa, ad un certo punto della sua carriera, la lente con cui vedere ed interpretare il sacro. Storie del Vecchio e del Nuovo Testamento sono narrate dentro luoghi e ambienti, fra personaggi e volti che ci proiettano nel paesaggio veneto.

Tutti i suoi figli maschi: Giambattista, Leandro e Gerolamo e il più capace Francesco il Giovane proseguirono  con successo  sulla strada avviata  dal padre fino al nipote Jacopo Apollonio che disegnava di nascosto  e ai quali Jacopo seppe trasmettere  la sapienza e la poesia della sua arte. I loro dipinti sono grandi quadri di devozione sacra, ma anche ritratti, notturni e pastorali che  giunsero ad arricchire le grandi collezioni reali, da quella di Rodolfo II a Praga  a quella di Filippo II a Madrid.  Punto d’inizio di questa vicenda artistica, quella Bassano del Grappa che vediamo in mostra nella cartografia realizzata da Francesco il Giovane e Leandro Bassano a matita, inchiostro e acquerello su carta, e proveniente dall’Archivio Storico della città. I suoi  luoghi diventano così gli spazi che fanno da sfondo agli episodi e ai protagonisti dei dipinti e che pian piano prendono possesso del cielo e della terra che avevano, agli inizi della bottega, forme e colori che si ispiravano alla pittura di paesaggio fiamminga. Per narrare le vicende della dinastia si è aggiunto anche il contributo intellettuale della scrittrice Melania Mazzucco, autrice di romanzi storici come La lunga attesa dell'angelo e L'Architettrice e che ha scritto  un libro per questa occasione, edito dal Museo Civico, in un numero limitato di copie. L’autrice ha ricevuto numerosi riconoscimenti all’estero e in Italia, fra cui il premio Strega nel 2003.

L’idea di questa collaborazione con Melania Mazzucco, spiega Barbara Guidi, Direttrice dei Musei Civici di Bassano del Grappa, nasce dal desiderio di far conoscere, in un modo nuovo, inedito e sorprendente, l’inestimabile patrimonio conservato nei nostri Musei Civici, facendo entrare il visitatore nelle opere di questi grandi protagonisti della pittura veneta del XVI secolo anche attraverso le storie e vicissitudini dei loro autori e dei luoghi che hanno nutrito la loro opera.  Raccontando le passioni e le aspirazioni di Jacopo Bassano e dei suoi figli con le parole di Melania Mazzucco si potrà dunque comprendere il senso più profondo e poetico della loro grande arte.

Essa è  una “mostra racconto”  visitabile fino al 2 maggio 2023, dove i visitatori potranno ammirare quaranta opere dei Bassano assieme ad oggetti e documenti preziosi. Aggiunge valore all’esposizione anche il Ritratto di uomo in armi di Jacopo Bassano, in prestito dalla sede londinese della galleria Robilant-Voena che  esplora il genere della ritrattistica, assai poco praticata dal maestro veneto. Il  nuovo allestimento si è reso necessario da alcuni lavori che interessano il Museo e in particolare i saloni monumentali. La nuova disposizione avrà il beneficio di avvicinare lo spettatore, nell’alternanza fra storia e poesia, a una lettura più sentita della loro pittura.

Patrizia Lazzarin, 3 dicembre 2022

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Palladio, Bassano e il Ponte. Invenzione, Storia e Mito

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Immagini che si rincorrono come stralci di fotografie che fissano un’idea, o un sogno del passato, alla realtà odierna. Il Ponte di Bassano che attraversa il fiume Brenta è un manufatto che collega non solo due rive e due spazi quindi vicini, ma rappresenta il centro di un mondo di attività e di commerci che da sempre si svolgono nelle alacri botteghe lì intorno. Da lungo tempo è soprattutto il punto focale di strade ed uomini che lo attraversano da Nord a Sud, da Est ad Ovest e si colora guardandolo, di una fantasmagoria di luci ora fredde, mentre si osservano in inverno le cime innevate, ora invece, quasi vaporose e calde, in direzione della foce del fiume nell’Alto Adriatico. Il Ponte di Bassano si qualifica come piazza: luogo d’incontro di persone, come ha sottolineato la Direttrice dei Musei Civici della città, Barbara Guidi, in occasione della presentazione alla stampa della mostra che si apre oggi, dal titolo: Palladio, Bassano e il Ponte. Invenzione, Storia e Mito che segue di pochi giorni la sua riapertura al transito, dopo il restauro durato sette anni, e precede l’inaugurazione a ottobre, con il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella. Le prime testimonianze della sua esistenza risalgono al 1200, ma la sua progettazione e realizzazione si lega al nome del grande Palladio e alla sua opera I Quattro Libri dell’Architettura, editi a Venezia nel 1570. Un “carnet” di ponti di carta, di legno e di pietra dell’architetto veneto: i secondi sono stati i più costruiti, ma spesso i più effimeri ed i primi, invece di valore imperituro, sono diventati modelli che sono stati utilizzati in più continenti e in archi cronologici differenti. Il suo gusto per un classicismo che si riallaccia al mondo romano fu spesso alla base dei tanti progetti che ritroviamo all’interno del tomo sopracitato. Un ponte in pietra, costruito in stile classico, l’architetto vicentino sognerà anche per Bassano che invece verrà costruito in legno. A quel progetto si ispireranno tuttavia i successivi rifacimenti seguiti alle rovinose inondazioni e alle sue distruzioni per esigenze militari. La mostra “intriga” perché unisce la storia di questo manufatto, con tutte le sue “rocambolesche” vicende, a partire proprio dal quel progetto di Palladio, alle immagini di esso dipinte che vengono poi accostate, a loro volta, a quelle di altri ponti come quello di Rialto a Venezia, città da sempre sospesa tra gli azzurri delle sue acque e del cielo, ma anche ai ponti di centri come Verona, dove il fiume Adige, ne disegna i contorni e la plasma nella sua fisionomia. Il saggio di Guido Beltramini nel catalogo della mostra a cura dello stesso, di Barbara Guidi, Fabrizio Magani e Vincenzo Tinè, offrel’occasione di addentrarci nella fase di ideazione di alcuni progetti palladiani, e in particolare del Ponte di Rialto, di cui si riproduce l’idea originaria nell’esposizione, grazie al modello ricostruito da Ivan Simonato sulla base di un disegno autografo di Palladio. La mostra diventa quindi un excursus dentro la gestazione di queste “passerelle fantastiche”, a cui si legano sogni ed aspettative, necessità ed immagini visionarie di architetti, ma soprattutto delle persone per cui il ponte svolge una funzione essenziale. Nell’esposizione si ammira anche il grande modello del Ponte di Bassano di Palladio che divenne fonte di ispirazione per il suo rifacimento alla fine degli anni sessanta del 500’. Un secondo ponte che compare nei Quattro libri era destinato al territorio bassanese e attraversava il torrente Cismon. Esso abbandonava la lezione antica romana per avvicinarsi alla maestria dei carpentieri veneziani che sostenevano i tetti delle chiese e dei palazzi con grandi travi composte di più elementi e collegava le rive, in maniera straordinaria, senza piloni infissi nel suolo. Una mappa dalpontiana, visibile nella rassegna, ci restituisce il respiro di una cittadina come Bassano animata di attività e caratterizzata, in quel tempo, da traffici di tessuti, alimenti e legname. Avvenimenti straordinari interessano il ponte come la sua distruzione per una potente inondazione nel 1748 e la successiva ricostruzione, molto discussa, dell’umile orologiaio di Solagna, Bartolomeo Ferracina, seguita dopo sessant’anni, dal suo incendio ad opera delle truppe di Napoleone in fuga. Sarà l’ingegnere Angelo Casarotti di Schio a ideare il nuovo disegno del ponte, più fedele alla progettazione che troviamo nei Quattro Libri di Palladio. Esso traduce l’immagine cara che ci restituiscono i dipinti di quel periodo e poi le prime foto. Demolito ancora, dai bombardamenti della seconda guerra mondiale, nel 1945, ritornerà alla sua bellezza grazie al contributo del Corpo degli Alpini e verrà inaugurato il tre ottobre del 1948, alla presenza del presidente della Repubblica Italiana, Alcide De Gasperi. L’ultima parte della mostra mette in luce il genio del Palladio che diventa Mito: nel Settecento i suoi progetti trovarono spazio nelle ville russe ed inglesi, ma soprattutto diventarono il soggetto amato di vedutisti come Luca Carlevarjis, Bernardo Bellotto o delle immagini visionarie di Piranesi e di Canaletto nel celebre Capriccio con edifici palladiani.

Patrizia Lazzarin, 29 maggio 2021

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