Giovanna Garzoni, pittrice dell'Universo

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Un ritratto quasi monacale l’immagine di Giovanna Garzoni, dipinta dall’artista del Seicento Carlo Maratta, in cui le grandi pupille scure  racchiudono nello sguardo, il gusto e lo spirito  d’osservazione della natura che la pittrice e miniaturista italiana, le cui opere sono visibili nella mostra che si apre oggi, nell’antica reggia medicea di Palazzo Pitti, fu un’interprete  attenta e curiosa. Il ritratto fa da contrappunto musicale ad un  suo autoritratto giovanile, dove la pittrice, nel biennio 1918-1920, forse neppure ventenne, si dipinge nelle vesti di Apollo e sigla il suo nome  sopra lo strumento del dio. Amica del mecenate ed erudito Cassiano Dal Pozzo, seppe districarsi nelle maglie ristrette della socialità, per una donna  del Seicento, intessendo come la solerte Aracne della mitologia greca, relazioni con le più importanti famiglie nobiliari italiane delle città di Firenze, Venezia, Roma e Napoli. La sua intraprendenza e le sue capacità relazionali la condussero anche alle corti inglesi e francesi. Già nel suo Libro de caratteri cancellereschi di calligrafia, fra le pagine decorate a pennino, con preziose fioriture, troviamo infatti copie delle lettere inviate a vari signori, con lo scopo di farsi conoscere. Pergamene sono spesso i luoghi dove l’estro creativo di Giovanna Garzoni si esprime ribaltando davanti a noi un mondo fatto di frutti, fiori e farfalle che hanno acquistato, grazie ai suoi inchiostri colorati, una vivacità ed una persuasione di vita che sembra convincere della bontà di quella bellezza naturale. Bellezza che si legge anche attraverso la delicatezza e la sensibilità del tratto che disegna e del pennello che riempie, lievemente gli spazi dei petali di quel ranuncolo screziato rosso, con accanto due mandorle ed un imenottero che appartiene al Gabinetto delle stampe e dei disegni degli Uffizi di Firenze e, che vediamo nell’esposizione di Palazzo Pitti che rimarrà aperta fino al 28 giugno.  Il contatto con gli usi e le abitudini delle corti come quella dei Savoia, dei Medici, quella francese di Luigi XIII o XIV o ancora quella inglese di Carlo I, le permisero di accedere a quelle  stanze delle Meraviglie, Wunderkammern, come si è soliti chiamarle, dove si potevano vedere da vicino oggetti preziosi, bizzarri o rari provenienti da paesi lontani. Fra queste opportunità anche quella di osservare da vicino erbari, dove l’acribia tradotta nella ricchezza di particolari e della quantità di specie, offriva un repertorio di spunti d’invenzione e, al tempo stesso, un serbatoio di verità per la pittrice. Le cento opere ammirabili  in questa rassegna dedicata a Giovanna Garzoni, regina di fiori ma non solo, come precisa nel catalogo il   direttore di Palazzo Pitti, Eike Schmidt, evidenziano come i soggetti scelti dall’autrice potevano comprendere anche opere di soggetto sacro, ritratti di dame e sovrani.  Sempre Schmidt nei testi introduttivi a questa esposizione spiega: nuovi studi e scoperte hanno reso maturi i tempi per la mostra monografica di quest’anno, che contempla la produzione dell’artista lungo tutto l’arco della carriera. Il percorso, in questo caso, non è esclusivamente concentrato sulle nature morte e include opere diverse e oggetti che rievocano quelli riprodotti nei dipinti, dove la resa pittorica vibrante conferisce ai soggetti vitalità eterna, siano essi i personaggi eleganti dei ritratti o le meraviglie della natura. Gli eventi di quest’anno hanno fatto sì che fosse proprio l’arte della Garzoni a sancire la rinascita della Reggia dei Granduchi dopo un lungo momento di buio e silenzio”. Quei vasi e piatti ricolmi di fiori e frutta, quelle ceramiche e porcellane cinesi accanto ai ritratti di antichi sovranimostrano la maturità della Garzoni che in vita riuscì a far parte, privilegio  straordinario concesso nel Seicento ad una donna, dell’Accademia di San Luca e di ottenere che le venisse dedicato, dopo la morte, un monumento nella chiesa romana dei Santi Luca e Martina. Un’artista universale è definita anche negli scritti di Sheila Barker, curatrice della mostra.  Nel corso del primo soggiorno fiorentino e certamente nel secondo del 1642-1651, Giovanna Garzoni ebbe modo di ammirare le squisite miniature di Jacopo Ligozzi, artista della corte medicea definito “pittore universalissimo” per i suoi molteplici talenti. Lo status di ‘artista universale’ andrebbe riconosciuto anche alla Garzoni. Ella, infatti, si distinse in un gran numero di tecniche e formati e i generi praticati spaziano dalle immagini devozionali, ai ritratti, alle nature morte, dalle copie in miniatura  alle illustrazioni botaniche fino alle opere mitologiche. Nell’ambito dei progetti ed iniziative dedicate alla pittrice, l’associazione Advancing Woman Artists (Awa) ha  lanciato una sfida  ad artisti e istituzioni, a livello globale, a realizzare nuove creazioni cogliendo ispirazione dalle opere di Giovanna Garzoni. “Creando una challenge dedicata a questa mostra, noi speriamo che l’esposizione stessa possa diventare un ponte culturale tra persone di svariate nazioni, ha commentato la direttrice di Awa, Linda Falcone. Speriamo che gli artisti contemporanei si uniscano a questa conversazione globale sull’arte e attraverso i loro lavori possano dirci quanto i risultati raggiunti dalla Garzoni colorano la loro creatività di oggi”. Il catalogo è stato realizzato da Sillabe, con un’edizione inglese a cui ha contributo l’associazione Advancing Woman Artists

Patrizia Lazzarin, 28 maggio 2020

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Orate pro pictora

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Pregate per la pittrice, o più correttamente in latino Orate pro pictora, è la frase con cui si firma l’artista del Cinquecento Plautilla Nelli nel dipinto ad olio dell’Ultima Cena che ora è ritornata sulle pareti di Santa Maria Novella a Firenze, dopo un restauro durato quattro anni. Una dichiarazione estremamente moderna perché Plautilla Nelli era una monaca ma soprattutto perché in quel periodo storico non era consueto indicare l’autore di un’opera. Quell’Ultima Cena che nel movimento degli apostoli intorno a Cristo rivela gli attimi di tensione proprio nel momento in cui Gesù allude al tradimento di uno di loro, Giuda Iscariota, traduce la lettura di questo avvenimento nel pensiero e nell’arte di Plautilla e delle sue consorelle. Un’interpretazione che è testimonianza della vivacità dei conventi, dove spesso giungevano a farsi monache ragazze di ricca famiglia che le vicende patrimoniali dei loro congiunti destinavano a questi luoghi appartati e che diventavano grazie alla loro azione e presenza centri di cultura. Giovani colte e preparate che come nel caso di Plautilla trasformavano i chiostri in luoghi dediti all’arte, alla letteratura, alla filosofia e alle scienze. Ricordiamo ad esempio la badessa del Monte Sainte-Odile in Alzazia, Herrat di Landsberg che promosse alla fine del dodicesimo secolo la prima enciclopedia illustrata della storia o nel quattordicesimo secolo Giovanna Petroni, direttrice nel convento di Santa Maria a Siena di uno scriptorium dedito alla produzione di libri miniati. Plautilla Nelli che fu elogiata nelle Vite del 1568 da Giorgio Vasari, storico dell’arte per antonomasia del nostro Cinquecento, torna in questa antica chiesa che l’ospitava, già da due secoli, quando con le soppressioni napoleoniche l’originario monastero di Santa Caterina da Siena in Cafaggio, dove si trovava il dipinto, venne soppresso e i beni in esso contenuti furono dispersi. Questa collocazione rende Visible come si legge nel titolo del catalogo edito per quest’occasione da Florentine Press, l’artista fiorentina togliendo come nel quadro, dopo il restauro, quella patina nebbiosa e untuosa e quelle ridipinture che avevano cancellato le fisionomie dei soggetti e restituisce così un volto anche a Plautilla. Per le monache e per le donne in generale era veramente impegnativo nel passato dipingere quadri di storia o di argomento sacro poiché non potevano studiare anatomia e non potevano entrare nelle botteghe d’artista che allora sostituivano le Accademie. Il restauro che è stato promosso dall’Associazione no-profit statunitense Advancing Women Artists (AWA) si è realizzato in collaborazione con la Soprintendenza di Firenze e la comunità dei Frati Domenicani di Santa Maria Novella. La fondatrice di AWA, Jane Fortune, scomparsa solo un anno fa, si chiedeva perché non ci siano o siano poche le donne artiste nei musei e nei libri d’arte. Potremmo chiederci tutti: dove sono finite tutte quelle pittrici di cui raccontava l’esistenza Christine de Pisan, donna di grande cultura, nel 1405 nel suo libro Citè des dames (Città delle dame). L’associazione statunitense ha come finalità quella di riportare alla luce e di far conoscere il ricco patrimonio di creatività femminile che è fiorito in Toscana e dal 2009, anno della sua fondazione, ha restaurato sessantacinque opere di artiste di un arco di tempo che copre cinque secoli. Interesse condiviso anche dall’amministrazione del Comune di Firenze che ha insignito della massima onorificenza: il Fiorino d’oro, Jane Fortune, per l’impegno profuso in questa missione. Un’azione profonda e capillare che si è arricchita anche di brillanti iniziative per raccogliere fondi per i restauri come quella Adopte-an-Apostle che figurano nell’Ultima Cena di Plautilla. Il primo ad essere adottato fu San Giovanni, il personaggio reso con maggior dolcezza e circondato dall’abbraccio di Cristo. Gli altri donatori scelsero gli apostoli con il nome dei loro familiari o amici. L’impresa più difficile riguardava l’adozione di Giuda Iscariota. La soluzione fu ottenuta grazie al principio che non importa quanto discutibile sia l’atto commesso, l’autore ha sempre diritto ad un processo e su questo presupposto dieci donatori della Gray’s Inn, una delle storiche associazioni per avvocati britannici di Londra, si sono uniti per finanziare il restauro di Giuda Iscariota, convinti anche dall’avvocato inglese Nicolas Davidson che con ironia, potremmo dire tipicamente inglese, ha dichiarato che gli avvocati come i tassisti sono obbligati a prendere il primo cliente in fila. La tela dell’Ultima Cena costruita da tre pannelli uniti insieme da cuciture ha un’ampiezza di cm 192 x 671 x 6 e i restauri hanno rilevato la caratteristica pennellata di Plautilla, densa di colore, dove i chiaroscuri non sono resi da velature sovrapposte ma da colore a corpo: una pennellata vigorosa. La sua pittura è ispirata ad una essenzialità narrativa che frate Savonarola aveva raccomandato nel suo libro: De simplicitate Christianae vitae, dove dichiarava che i concetti più profondi si celano spesso sotto apparenze umili e dimesse. L’Ultima Cena di Plautilla Nelli è un invito a pensare alla Comunione come a un modo per mettere in relazione i fedeli e Cristo. Il suo dipinto ad olio racconta anche delle fornaci di Firenze a lei coeve e della qualità dei vetri prodotti come bottiglie, calici e bicchieri ma allo stesso tempo mostra su quella tavola elegante l’esistenza nella città fiorentina di esempi della migliore porcellana cinese. Plautilla Nelli dopo la monografica dedicatagli agli Uffizi dove erano visibili quindici delle venti opere, tra oli e disegni a lei attribuiti, torna ad essere una presenza significativa a Santa Maria Novella. Secondo la stima di Jane Fortune ci sono in Toscana ancora 1500 opere di donne artiste esposte o in deposito nei magazzini. Un impegno dunque che continua per Advancing Women Artists che ha curato anche il restauro delle opere di Plautilla Nelli esposte in mostra nel 2017.

Patrizia Lazzarin, 21 ottobre 2019

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