Ricordatemi come vi pare

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Michela Murgia è stata una donna forte e leggendo il suo libro postumo, testamento intellettuale e politico, brillano al sole le caratteristiche che la definiscono come  figura coraggiosa, spinta a guardare le cose in profondità. Si mostra da piccola, bambina curiosa, già diversa, avventurosa. Si fa leggere e comprendere grazie alle donne che l’hanno circondata durante la sua infanzia e adolescenza: la nonna, la madre, la zia, mentre al contrario, al negativo, emerge un padre che non esita a menare lei, la madre e il fratello. Da quel padre scapperà scegliendo la famiglia della  sorella della madre. Sarà filla de anima, un’adozione che in Sardegna è comune, ma nel suo caso, creò scompiglio.  

Ricordatevi come mi pare, edito da Mondadori, è il titolo del  libro, ed esso indica già una personalità vulcanica e contestata. Qui noi scopriremo una vita piena, dove  le occupazioni e gli interessi si rincorrono, in momenti e luoghi diversi e, tutti contribuiscono a restituirci  la necessità di Murgia di osservare il reale nelle sue stratificazioni, secondo  l’insegnamento fecondo del suo professore di Bibbia,  Antonio Pinna che le aveva fatto conoscere l’analisi e l’esegesi del testo.

“Ho cinquantun anni, ma ho vissuto dieci vite … Ho incontrato persone meravigliose. Non è vero che il mondo è brutto, dipende da quale mondo ti fai. Non mi sono mai rassegnata che non mi spettasse la felicità  …  Questo mi ha permesso di fare una dozzina di lavori disparati senza mai interrompere la mia felicità. … Riconoscere la felicità è una forma di intelligenza.

Già in queste  poche frasi emerge  la determinazione che la accompagnerà tutta la  vita, poco “usa” ad accettare compromessi, buttandosi forse anche troppo, come lei stessa rivelerà verso la fine, quasi bruciando la vita  nell’intensità del suo svolgersi. Scrittrice, cristiana, come ama sottolineare e come le sue pagine chiariscono nella sua specificità, femminista, politica. Dirà: in Italia mi conoscono come scrittrice, in Sardegna come politica. In Sardegna si svolge la sua corsa per la presidenza della Regione, dove si stacca dalle forze politiche di centro destra e di centro sinistra per inseguire il sogno e forse mito di una “rivoluzione”.  Un’indipendenza, come disse,  frutto della somma di  molte libertà in grado di cambiare la realtà, a suo avviso coloniale, di questa terra.

Murgia non ha mostrato troppe esitazioni nel trasformare il corso della sua vita, come quando lasciò il lavoro di insegnante di religione, dopo aver letto il libro  L’ultima tentazione, il più discusso romanzo di Kazantzakis, quello per cui fu scomunicato e divenne celebre in tutto il mondo.  Quello dove anche si narra  di  un Cristo che immagina di scendere dalla croce, fare una vita normale e rinunciare a morire. Il sacrificio della propria vita,  fare della propria esistenza uno strumento di lotta e di sfida è stato un argomento che lei ha spesso discusso con un altro intellettuale  simbolo: Roberto Saviano.

 Sicuramente Murgia ha cercato una rivoluzione e lo ha fatto a partire dalle parole perché convinta che esse potessero cambiare il contesto e anche ottenere la felicità delle persone che le stavano a cuore o anche solo la sua. Spesso non si è sentita capita e ci è rimasta male come con il famoso studioso Luigi Serianni sulla questione del femminile nella lingua italiana.  Oppure  quando il regista Paolo Virzì  “traduce” in film il suo libro del 2006, Il mondo deve sapere, pubblicazione che mette alla berlina il precariato nel mondo del lavoro. Tutta la vita davanti di Virzì, dice Murgia, è un bel film, ma io avevo addosso una rabbia politica, Virzì rappresenta un’amarezza malinconica.

Chirù, Tre ciotole, Accabadora sono altri suoi libri che parlano di lei, che lei ha amato, come anche  i suoi racconti riemersi e mai editi che scopriamo nel testo. Un’ulteriore rivelazione di una scrittrice che continua a stupirci leggendo queste pagine di Ricordatemi … Sono in scena scambi tra la vita e la letteratura. Murgia attinge e intinge, e combina sulla sua tela universi vivaci, bizzarri, pieni anche del sapore aspro che l’esistenza umana possiede. Ci sono le autrici che lei ha indicato come esempi di buona letteratura, quali Marilynne Robinson, c’è la repulsione per le forme nascoste del fascismo e, a due passi dal suo “andare”, ha sottolineato   il suo credere di un aldiquà e di un aldilà che sono tutt’uno. Non penso a un aldilà, penso a un’ulteriorità che perfezioni le cose che ancora non riesco a vivere con pienezza. La riflessione si rifà alle parole del Vangelo di San Paolo, dove si dice che il concetto di resurrezione è un concetto di trasformazione, senza la negazione dell’origine. Il corpo risorto sarà simile al corpo morto, così come la spiga di grano è simile al chicco di grano.

La maggior parte delle parole di Ricordatemi come vi pare, sono state pronunciate da Michela Murgia, circa un mese prima di morire e riferite all’editor Beppe Cottafavi, che poi le ha messe per iscritto con la supervisione di Alessandro Giammei, professore associato di letteratura italiana dell’Università di Yale e curatore del lascito intellettuale di Murgia. Giammei è anche una delle persone che Murgia considerava un  un fillus de anima e un membro della sua «famiglia queer», cioè della piccola comunità d’elezione delle persone a cui la scrittrice era più legata.

Patrizia Lazzarin, 15 settembre 2024

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L’arte di Vasari torna a risplendere a Venezia

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Pezzi di un vaso antico andato in frantumi  che si riuniscono per noi, come un lampo in un ciel sereno, per svelare una narrazione che si era perduta. Icone dorate della pittura trecentesca e Madonne dentro nicchie e fra la vegetazione di un paesaggio che palpita del respiro della Natura, dentro il quadro, fino a mostrarci la strada per immergerci in esso, ci hanno accompagnato nella mattinata di oggi, fino alla scoperta  della straordinaria e inedita ricomposizione del soffitto ligneo dipinto da Giorgio Vasari, per Palazzo Corner Spinelli, sul Canal Grande a Venezia.

Un evento che si lega alle celebrazioni per la ricorrenza dei 450 anni della morte dell’artista, lo scrittore anche delle Vite che  hanno permesso  una più precisa e approfondita conoscenza  dell’arte del Rinascimento.  Egli, nel suo trattato,  ha disegnato  un’architettura della storiografia dell’arte che è stata adottata per secoli. Firenze, Roma e Venezia sono stati i luoghi della sua formazione e dove si è distinto  come artista.

Egli fu disegnatore, pittore, incisore, architetto, scenografo e storico dell’arte, disciplina che con lui assunse connotati scientifici. Vasari dipinse ispirandosi ai principi della Maniera da lui teorizzati e che egli, come dimostra l’opera composta e svelata stamani, esporta anche nella città di Venezia. Il modello espressivo suggerito, fa propria la lezione di Leonardo, Raffaello, Polidoro, Andrea del Sarto, Baldassare Peruzzi e, soprattutto Michelangelo.

L’opera presentata stamani alla stampa, alle Gallerie dell’Accademia,  in una sala interamente dedicata, situata lungo la loggia palladiana e a soffitto, in un ambiente che ripropone con acribia la camera di Palazzo Corner cui era destinata, restituisce  al  visitatore le sensazioni provate con buon probabilità,  al suo svelarsi ai veneziani del tempo.

La presenza del Ministro della Cultura, accanto alle altre cariche istituzionali, ha evidenziato l’importanza di questo accadimento, che come ha spiegato, lo stesso  Sangiuliano, permette di riunire un prezioso manufatto andato disperso nelle sue componenti sul finire del Settecento.  Grazie ad un’attività di intense  collaborazioni   fra Stato ed enti privati, iniziata sul finire degli anni ’80 e  grazie al restauro di valenti collaboratori, si ricompone ora, anche il significato della stessa opera.

Come è emerso dagli studi, Vasari ideò infatti delle varianti rispetto al tema classico del Trionfo delle Virtù,  avvicinando al soggetto centrale nelle cinque tavole, un esempio positivo che rafforza ed esprime il concetto della virtù e, uno negativo che contrasta e si oppone al soggetto stesso.  Questo dettaglio ha rilevanza poiché è proprio la corretta attribuzione di un esempio negativo, il Giuda che si toglie la vita, per anni ritenuto un brano indipendente dall’opera del Vasari per Palazzo Corner,  ad aver fornito la chiave interpretativa dell’iconologia dei singoli comparti, attribuendo nuovo significato all’intera composizione.

Nel 1541 Vasari giunse a Venezia con l’incarico di dipingere il soffitto a cassettoni di una sala, la cosiddetta camera nova, del palazzo che Giovanni Corner, appartenente a una delle famiglie più influenti e nobili di Venezia, aveva da poco acquistato dalla famiglia Lando sul Canal Grande.
 
Vasari realizzò una animata e varia composizione costituita da nove scomparti, corrispondenti alle cinque Virtù e a quattro Putti destinati agli angoli della sala, per un totale di 12 metri quadrati di tavole dipinte. Al centro, nel comparto rettangolare, si staglia la Carità, a cui guardano, in un gioco di rimandi, le altre virtù: la Speranza e la Fede, sui lati più lunghi, la Pazienza e la Giustizia, su quelli più corti.

È intorno alla metà del Settecento che le opere vengono smontate dal soffitto di palazzo Corner-Spinelli e trasferite altrove. Sul finire del XVIII secolo comincia la vera e propria dispersione e i singoli pezzi furono divisi fra collezioni private italiane ed estere.

 Le tavole di Fede e Speranza vengono ridotte di dimensione e dall’Allegoria della Speranza viene addirittura ricavato un soggetto autonomo: il cosiddetto Suicidio di Giuda. Quest’ultimo è il primo frammento riacquistato dallo Stato, nel 1980, e destinato al Museo di Casa Vasari ad Arezzo poiché non si riteneva all’epoca facesse parte del complesso di Casa Corner a Venezia.

Nel 1987 comincia la lenta, ma continuativa acquisizione dei comparti a partire dall’Allegoria della Giustizia e Allegoria della Pazienza e due Putti con Tabella che vengono acquistati dallo Stato e destinati al patrimonio delle Gallerie dell’Accademia.

 Nel 2002 si ottiene di un ulteriore Putto con Tabella e, nel medesimo anno, nel patrimonio delle Gallerie entra il comparto con l’Allegoria della Carità, appartenente dall’Ottocento alla Pinacoteca di Brera, ma depositata dagli anni Settanta del Novecento nel Museo di Storia Patria di Gallarate.
 
Nel 2013 viene acquistata a Londra l’Allegoria della Fede e nel 2017 si perfeziona l’acquisto dell’ultimo frammento, l’Allegoria della Speranza.
Gli unici frammenti al momento dispersi sono il quarto Putto con Tabella e due frammenti resecati dal comparto con l’Allegoria della Fede.

Diverse sono le parti che, in accordo con il Ministero della Cultura e la Soprintendenza per il Polo museale veneziano, hanno reso possibile questa straordinaria iniziativa. In particolare, Venetian Heritage, che ha sostenuto le Gallerie dell’Accademia dal punto di vista economico e organizzativo e ha finanziato il volume dove si ripercorre la storia del soffitto. Ad essa si aggiungono Venice in Peril Fund, Pro Venezia Sweden, Fondazione di Venezia, Vela SpA, MSC crociere, SAVE SpA, Consorzio Venezia Nuova e Fondazione Veneto. L’Ambasciata italiana a Londra e il Consolato hanno reso disponibile la sede per sottoscrivere il contratto d’acquisto dell’Allegoria della Fede.

 Marsilio Arte ha pubblicato  un piccolo, ma prezioso volume curato dal direttore delle Gallerie dell’Accademia di Venezia, Giulio Manieri Elia che presenta un saggio che ripercorre le vicende critiche e collezionistiche delle tavole fino alla riunione e all’allestimento museografico. Troviamo all’interno anche  l’intervento di Rossella Cavigli dedicato al restauro dell’opera e il contributo di Luisa Caporossi che ci restituisce una  lettura iconologica del soffitto Corner.

Patrizia Lazzarin, 12 settembre 2024

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La grafica delle avanguardie da Manet a Picasso

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Dopo i successi delle mostre dedicate ad alcuni importanti artisti incisori come Goya, Klinger, e Dürer e della più recente “Strade e storie” che ha svelato i capolavori dell’Ukiyo-e di Hokusai e Hiroshige, sabato 21 settembre alle ore 17.00 negli spazi del Museo Civico delle Cappuccine di Bagnacavallo, apre al pubblico la mostra “La rivoluzione del segno. La grafica delle avanguardie da Manet a Picasso”.

La rassegna è curata da Davide Caroli e Martina Elisa Piacente e vede  la collaborazione di Marco Fagioli. L’esposizione promossa dal Comune di Bagnacavallo e organizzata dal Museo Civico delle Cappuccine conclude  la programmazione che ha caratterizzato nell’ultimo triennio le proposte delle istituzioni culturali bagnacavallesi, basate sul tema del paesaggio e che quest’anno è dedicata al paesaggio umano.

Parte da questa idea il percorso dell’esposizione, riprendendo il filo del discorso da dove si interrompeva l’ultima grande mostra dedicata all’Ukiyo-e, cioè al momento in cui si diffuse il  Japonisme tra gli artisti che vivevano a Parigi. 

La rivoluzione dell’arte tra Ottocento e Novecento ha modificato irreversibilmente i linguaggi artistici, cartina al tornasole  della ricerca di un nuovo senso dell’io e della costruzione di una nuova concezione del mondo.

La mostra intende ripercorrere questo viaggio di profonda revisione del sé e della rappresentazione della realtà attraverso le mutazioni dei segni nell’arte dell’incisione a partire da alcune grafiche di Goya, primo artista dalla sensibilità moderna e da una rarissima matrice xilografica di Doré, uno dei più noti incisori dell’800.  Passando poi attraverso l’iconico e ironico tratto di Daumier  arriva alle poco conosciute grafiche impressioniste, con fogli di Manet, Renoir e Degas e ai così detti post-impressionisti, quali Toulouse-Lautrec, Matisse, Wlaminck, Gauguin, Cezanne e Bonnard.

 In un momento di tale vivacità artistica moltissimi furono i movimenti che nacquero e nei quali gli artisti si unirono per sostenere le novità espressive di cui erano portatori: dall’espressionismo tedesco con Ensor, Grosz,  Kirchner, Kokoschka, Kollwitz, Masereel, Nolde, Pechstein e Schiele, al Simbolismo di Redon e Alberto Martini, dall’astrattismo di Kandinskij e Klee al Surrealismo di Ernst, Man Ray, Magritte, Dalì e Picabia.

 

Non vengono tralasciate poi, le esperienze di quegli autori che sono difficilmente circoscrivibili in movimenti codificati. Sono gli italiani Arturo Martini, De Chirico, Morandi, Wildt, Boccioni, Marini, Manzù, Carrà, Campigli e gli europei Chagall, Rouault, Giacometti e Léger, con una spazio importante riservato al lavoro di Picasso, l’autore che ha segnato in modo particolare l’arte del’900 e che ha utilizzato tutto lo spettro delle tecniche artistiche, comprese quelle calcografiche, per esprimere il suo pensiero.

In mostra, a fianco di quasi cento opere su fogli sciolti, saranno esposte anche diverse pubblicazioni, grazie alle quali si diffusero più rapidamente le nuove stampe. Sono  veri e propri libri d’artista, come quelli realizzati interamente ad esempio da Matisse, o riviste e volumi nei quali venivano pubblicate litografie di quegli artisti ritenuti i più grandi innovatori del segno grafico, a testimoniare come anche grazie alla comunicazione di massa le correnti più innovatrici e lontane dalle accademie si affermarono pian piano nell’immaginario collettivo.

Un’esposizione che attraverso l’analisi delle opere di alcuni tra gli artisti più importanti degli ultimi due secoli ripercorre fondamentali tappe della storia dell’umanità che hanno visto trasformazioni nella concezione del mestiere dell’artista e delle finalità dell’arte stessa, portandola da una dimensione più accademica ad una più intima e personale, che permette che ancora oggi queste opere appaiano ai nostri occhi contemporanee e vicine alla nostra sensibilità.

La mostra, realizzata grazie alla preziosa collaborazione di diversi musei e al prestito di generosi collezionisti, è accompagnata da un catalogo che include le fotografie di tutte le opere esposte.

Durante l’esposizione saranno organizzati eventi che approfondiranno diversi aspetti della cultura a cavallo tra i due secoli presi in esame e, workshop dedicati alle tecniche incisorie.

L’esposizione sarà aperta al pubblico nei seguenti giorni e orari: martedì e mercoledì: 14.30-18.00; giovedì: 10.00-12.30 e 14.30-18.00; venerdì, sabato e domenica: 10.00-12.30 e 14.30-19.00.

Dal 26 al 28 settembre, in occasione della Festa di San Michele, l’orario sarà ampliato dalle 10.00 alle 12.30 e dalle 14.30 alle 23.00. Domenica 29 settembre orario continuato 10.00-23.00.

Patrizia Lazzarin, 6 settembre 2024

        

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