Leila Baiardo e i suoi ''Incontri''

Alzi la mano chi non avrebbe avuto il piacere di poter incrociare sulla propria strada personaggi unici e straordinari come Cesare Zavattini, Federico Fellini, Alberto Moravia, Elsa Morante, Amelia Rosselli (figlia dell’antifascista  Carlo, fiero oppositore del regime fascista, la poetessa Alda Merini, Mike Bongiorno, Anna Proclemer, Fred Buscaglione (“eri piccola, piccola, piccola,… così”), Claudio Villa, Paolo Poli, Carla Fracci o Franca Valeri? Ebbene, Leila Baiardo ha avuto nella sua vita la ventura di frequentare personaggi di questo spessore culturale. Tutti noi andiamo al cinema, andiamo a teatro, ascoltiamo la radio, abbiamo insomma i nostri piccoli e grandi idoli e, sovente, ci identifichiamo con loro, ci piacerebbe avere delle relazioni con loro. Ebbene, Leila è stata certamente una persona straordinaria (è morta poche settimane fa), ma anche una come noi.  Esploratrice dell’animo umano che ha avuto la ventura di incrociare sul suo cammino esistenziale, di trattare, di ricevere le confidenze, anche intime, di Fred Buscaglione e di Paolo Poli. Scusate se è poco.

Lo specchio della vita della Baiardo, in un certo senso, è anche quello di ciascuno di noi. Si, perché Mike Bongiorno nei primi anni Cinquanta è entrato in tutte le nostre case. Il giovedì sera ci si raccoglieva intorno al focolare di una neonata televisione per seguire, affascinati, “Lascia o Raddoppia”, la trasmissione a quiz condotta appunto da Mike Bongiorno. Ricordo che mia sorella Giovanna, che abitava in un piccolo paesino di montagna del Centro Italia, era stata una delle prime persone ad acquistare la televisione e proprio il giovedì sera, ricordo, faceva entrare nella sua casa uomini e donne, ragazzi e ragazze, che non volevano perdersi l’appuntamento con il grande Mike chiedendo di essere ospitate. Si portavano dalle loro case le sedie per poter assistere all’imperdibile show televisivo. La casa di mia sorella per qualche ora della settimana diventava il Centro di Incontri della comunità del vicinato. Nella piccola casa della “signora Giovanna” non c’erano a sufficienza le sedie per dieci-venti-trenta persone

Leila Baiardo è nata a Castelsardo, dove ha conseguito la maturità classica. Trasferitasi a Roma, si è iscritta alla facoltà di Lettere dell’Università La Sapienza. Fortemente nutrita di passione giornalistica, ha collaborato a Nuovi Argomenti, rivista diretta da Alberto Moravia, Cronache, Noi Donne e Vie Nuove. Ha avuto esperienze con Cesare Zavattini e Federico Fellini, dicendo la sua su alcuni soggetti cinematografici, ha collaborato con i fratelli Taviani. Ha pubblicato con Bompiani L’inseguimento che ha ottenuto un buon riconoscimento dalla critica. Con l’editrice Libera Stampa ha pubblicato Sogno d’amore, premio Noi donne. Ha dato alle stampa Antiquo e la raccolta di poesie satiriche Ho bussato alla mia porta con l’editore Graus di Napoli. Incontri, l’ultima sua fatica, è un diario personale di Leila. Le relazioni con personaggi famosi che ha incontrato, alcuni legati a lei da amicizia, altri frequentati per lavoro, sono ritratti insoliti. Grandi nomi della letteratura, della poesia, del mondo dello spettacolo, vengono ritratti minuziosamente dal punto di vista privato, facendo scoprire il lato umano da molti sconosciuto. Sembra quasi di guardare dal buco della serratura, cogliendo aspetti intimi inaspettati, sorprendenti. Descritti con precisione chirurgica e con sapienza, viene alla luce anche il carattere di Leila Baiardo. Sarda, determinata, anticonvenzionale, in anni in cui tutti lo erano o cercavano di esserlo, lei lo è stata davvero. Incontri è un piccolo libro ma un grande spaccato di un Italia negli anni in cui la letteratura si respirava nelle strade, nei circoli, nelle case. Un omaggio a persone che nella sua vita hanno lasciato il segno, a volte con relazioni divertenti, come Paolo Poli o Mike Bongiorno o malinconiche come Alda Merini, Anna Maria Ortese. Muovendosi agile tra situazioni e parole, la Baiardo compone una raffinata selezione di ritratti che scalzano l'immagine pubblica del personaggio sotto esame e in pochi tratti lo restituiscono nei suoi punti di forza e nei suoi punti di debolezza, conservando una prospettiva personale, empatica, fuori dalle righe. La Milano e la Roma d'alto bordo nascondono le fragilità e le tristezze di molti; non ne scampano Alda Merini, Carla Fracci, Franca Valeri – tormentate, consumate, sopravvissute. Allo stesso modo la Baiardo porta alla luce l'eccezionale umanità di altri grandi del panorama culturale italiano di quegli anni: Cesare Zavattini, Federico Fellini, Alberto Moravia, Mike Bongiorno. Leila ha incrociato sulla sua strada grandi personaggi del panorama culturale italiano di quegli anni. Di Mike riporta anche le stramberie, come la volta in cui Bongiorno si dileguò per sfuggire ai tanti sfegatati ammiratori, irrefrenabili cacciatori di autografi, a cui la stessa Baiardo, in ragione del suo essere in compagnia di Mike, dovette firmare ricordi su ricordi. Essenziale, ironica, fine, la scrittura della Baiardo contiene tutto quello che di buono c’è nella letteratura, lo svelamento, la capacità di restituire l’anima che sostiene situazioni e persone, senza formalità eppure conservando un raro garbo e una competenza di mestiere che invogliano alla lettura e portano all’ammirazione di una tra le più belle – e purtroppo ancora poco conosciute – penne italiane.

Ugo Pilia, 16 giugno 2020

Incontri di Leila Baiardo, LE COMMARI EDIZIONI Srls - via Giulia, 16 - ROMA - euro 15

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Biblioteche 2.0, cambiano le carte in tavola

  • Pubblicato in Cultura

"La Biblioteca scolastica: una risorsa per la scuola delle competenze". Se ne è parlato venerdì 21 novembre, al Convitto Umberto I di Torino, in un convegno organizzato  da Torino Rete Libri  insieme ad AIB, Biblioteche civiche torinesi,  Cidi, Insegnare, Iter. Si è mostrato, infatti, quanto si sta facendo, pure in una situazione di risorse sempre più scarse, ma anche quanto c’è ancora da fare per promuovere la lettura, attività centrale nella formazione del cittadino.

Lo studioso di letteratura per ragazzi Pino Assandri ha ricordato che nelle riforme sulla scuola è stato riservato poco o nessun spazio alle biblioteche  e ai libri (anche nella proposta “La Buona scuola”) e che la biblioteca è vissuta come un luogo “separato”dal resto della società. Per Caterina Ramonda, saggista e responsabile delle Biblioteche del Fossanese, qui entrano in gioco gli insegnanti, i quali dovrebbero farsi supportare dalla biblioteca civica, per i  validi strumenti di conoscenza che essa offre ai docenti di “tutte” le materie (non solo a quelli di lettere!), visto che la lettura è una competenza trasversale!

Le biblioteche  - come il polo fossanese e quello torinese – possono offrire corsi di apprendimento di lettura veloce e momenti di lettura ad alta voce, ma anche laboratori per l’uso di stampanti in 3D, o ancora le  reti wi-fi protette, perché, oggi si può parlare di lettura come di un “letto a due piazze”  (secondo Fabio Fabbroni). Restano, però, imprescindibili alcune condizioni, non troppo onerose, secondo il professor De Mauro (due anni fa su “La Stampa”): avere libri in casa, leggerli, leggerli ai bambini per sviluppare intelligenza ed emozioni, convincere le autorità a creare luoghi di lettura. Quindi, si deve insistere su alcuni aspetti: 1. leggere come sinergia fra librerie, famiglie, biblioteca, scuola; 2. creare spazi per leggere dentro e fuori dalla scuola; 3. insegnare la strada che porti da lettore apprendente a cittadino-lettore.  Il mondo è cambiato …. sono cambiate le “carte in tavola”; c’è una nuova “narrazione”;  anche se l’esperienza della lettura resta un momento privilegiato.

Del resto, la bozza delle nuove Linee guida IFLA (International Federation of Library Associations and Istitutions), presentata da Luisa Marquardte attualmente al vaglio dell’Unesco, propone di trasformare le biblioteche scolastiche in un ambiente di apprendimento secondo la filosofia anglosassone dei Learning Commons, spazi educativi  e informativi aperti a contributi diversi per natura (es. digitale, con piattaforme o in presenza) e per attività (incontri, studio, discussioni, azioni di tutoraggio, ecc.), ma sempre attenti alla centralità di chi apprende. Il prof. Giovanni Solimene (Università di Roma, La Sapienza) esperto del settore, ha posto la sua attenzione su due aspetti: il ritardo culturale del nostro Paese e le trasformazioni in atto nel mondo della conoscenza. In Italia, non c’è una politica della conoscenza e non c’è spazio per il libro! Lo mostrano con evidenza i dati delle indagini internazionali, che mostrano l’Italia come un paese di ignoranti, con solo il 15% dei laureati ( ai livelli di Messico e Turchia, a fronte del 28% della media UE), con una partecipazione ad attività culturali molto bassa (un esempio: l’alto numero di laureati che non legge più di un libro all’anno), con l’ultimo posto fra i Paesi dell’OCSE per competenze linguistiche e comprensione dei testi. A ciò si aggiunga un altro dato: in Italia la Tv –seguita dal 98% della popolazione mondiale- è ancora per tanti il solo punto di riferimento per “uscire di casa”, il solo momento di fruizione culturale. E’ quindi evidente come per tanti ragazzi, scuola e biblioteche siano in tanti casi l’ unico canale di contatto con i libri. Purtroppo, ha fatto notare Mario Ambel (direttore della rivista on line “Insegnare”), le biblioteche non sono state citate nel documento “La Buona Scuola”, perché lì non si parla neanche di  inclusione, integrazione, territorio, cooperazione, curricolo (ma di “programma”…),  parole-chiave per associazioni come il Cidi (Centro di Iniziativa Democratica degli Insegnanti) che vuole rilanciare un’idea di scuola, a partire da una relazione educativa che si basi sulla serenità e sulla produttività del fare quotidiano.

La biblioteca scolastica è condizionata dai soggetti che vi operano (bibliotecari e insegnanti), dai tempi, dagli spazi e dagli oggetti fisici (che sempre più si smaterializzano …. ), oggi però sottoposti a dei cambiamenti che sono delle vere e proprie “torsioni”. Che può fare un allievo, allora? Immergersi  nelle novità e diventarne padrone. Per questo, si può parlare di “nuovo umanesimo” delle biblioteche, che può essere ottenuto facendo sperimentare al giovane lettore tutta la varietà di relazioni umane che stanno intorno all’atto di lettura (individuale o sociale, per piacere o per studiare)

Per tutte le trasformazioni in atto, se ieri era chiaro dove si potevano cercare le fonti e le conoscenze sembravano  la cosa più importante per l’uomo “colto” (si pensi alle trasmissioni di Mike Bongiorno, tanto per intenderci!), oggi sono enormemente aumentate le opportunità di accesso alle informazioni, sempre più elaborate, grazie alla Rete (ormai anche … in tasca con gli smartphone).ma solo come  frammenti di sapere, per cui si deve  oltre che saper cercare, anche saper scegliere e rielaborare. Ebbene,  biblioteche e libri sono strumenti che educano alla complessità (e non solo, fare zapping!). Si tratta, perciò, di sviluppare la Information Literacy, l’educazione ad un uso consapevole del sapere, competenza a cui dovrebbe essere dedicato parte dell’insegnamento disciplinare, che ha il compito sì di dare contenuti, ma anche di fornire strumenti per conoscere la disciplina. Utile per questo motivo, anche la “Settimana della lettura” nelle scuole, durante la quale al posto delle solite lezioni si legge, si discute e si parla di libri, cercando di coinvolgere le famiglie, alle quali bisogna far capire come non sia una perdita di tempo ma parte del programma, anzi un arricchimento per i ragazzi.

Per i “nativi digitali” è indispensabile  recuperare la consapevolezza delle differenze fra vari tipi di “fonte” per riconoscerne l’autorevolezza di caso in caso. E questo, a cominciare dalla scuola superiore, dove ci sono ragazzi che confondono “editore” con “autore” …. Certo, c’è  internet,dicevamo, ma per capire le cose devi possederne la “grammatica” , una struttura logica- informatica che oggi manca ai giovani. Perché? Perché non leggono! Solo se leggi puoi avere una grammatica culturale, che oggi i più non possiedono, per cui si vive un senso di perdita, come ha sottolineato la pedagogista Anna Anfossi, responsabile del progetto Nati per Leggere, con cui ci si propone di diffondere i libri nei luoghi frequentati da bambini e  famiglie (rioni marginali, Asl, ambulatori pediatrici, ecc.).

Molti gli esempi di “buone pratiche”. Dalle iniziative di TorinoRetelibri (19 scuole e 38 biblioteche), con mercatino di libri,  concorso fra studenti per la produzione di trailer, video, grafica, corsi di vario genere, letture ad alta voce, a quelle della  Biblioteca civica di Venaria, aperte al territorio e ad una rete di scuole (una per tutte: il  “Gioco dell’Oca”, per le classi quinte della primaria, con titoli di libri,  nelle caselle) fino al “Book stock” e al Salone off 365, del Salone del Libro di Torino. C’è poi l’attività delle biblioteche civiche torinesi, diretta principalmente ad accrescere le competenze dei cittadini e ad evitare l’esclusione di tanti dall’informazione e dalla conoscenza, nonché ad aiutare la creatività, per una crescita corale della reazione al cambiamento (obiettivi UNESCO).

Di grande interesse, due esperienze lontane tra loro: la bibliomediateca di Bella (PZ), attualmente in difficoltà per risorse finanziarie e umane, che ha fatto per anni da polo culturale per le scuole e il territorio, e il centro di letteratura infantile e giovanile di Bolzano, Jukibuz (Iung Kinder Book Center), con seminari e letture ad alta voce per bambini, adolescenti e adulti, spot televisivi di libri preparati dai ragazzi, laboratori di lettura  per le classi su un tema, fino alle uscite dal centro culturale per “leggere” “la” e “nella”  natura. Perché la lettura dovrebbe seguirci ovunque. … come lo spazzolino da denti!

Insomma, meno risorse, più idee!

Come diceva Lionello Sozzi, la Biblioteca è più di altri “luogo dell’anima”, perché racchiude sogni, progetti e valori interiori.  

 Clara Manca - Cidi - Torino

 

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