Cambio di rotta: nasce a Bologna il Nuovo Forno del Pane.

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Un mare in tempesta, con lampi accecanti e tuoni che risuonano nelle orecchie,  piccole barche e grandi transatlantici che si muovono sulle onde, metafore essi stessi di nazioni più o meno potenti, più o meno deboli, entrambi in balia,  oscillando sui marosi  che fanno temere il peggio, mentre le luci della costa, non così lontana, sembrano rinfrancare il cuore con la speranza di una salvezza, e fanno puntare il timone del marinaio verso  la meta vicina. Un cambio di rotta, la nuova destinazione del MAMbo di Bologna, come l’ha definita Lorenzo Balbi, il responsabile dell’Area Arte Moderna e Contemporanea del Museo, che si trasforma ora in centro di produzione d’arte unendola a quella consueta di luogo d’esposizione di espressioni artistiche contemporanee. Un percorsodiverso che nella sua trasformazione diventa àncora di salvezza. Una risposta puntuale all’emergenza del coronavirus, che a partire dal quattro maggio, con l’inizio della fase 2 in Italia, si confronta con la nuova ripresa delle attività nel paese. Risulta vitale ripensare il ruolo del museo, precisa sempre il direttore, la ripresa non può essere uguale a prima. Lo sguardo è rivolto alla futura riapertura degli spazi museali. Gli artisti sono stati colpiti in maniera particolare dall’emergenza sanitaria e per questo il MAMbo mette  a loro disposizione i suoi spazi: la sala delle Ciminiere e parte della gallerie fino alla fine del 2020. Il logo dell’iniziativa, disegnato dall’artista Aldo Giannotti, si ricollega alle origini di questa istituzione museale che era nata come Forno del pane, nel corso della prima guerra mondiale per rispondere ai bisogni della gente. Ora ritorna ad essere luogo di produzione: di idee stavolta, di pensieri che interpretano il nostro vivere quotidiano. A maggio l’Istituzione Bologna Musei lancerà una open call rivolta agli artisti, che sono domiciliati nella città di Bologna e che sono privi di uno spazio dove operare. Il numero delle assegnazioni dipenderà naturalmente anche dagli standard richiesti dall’emergenza sanitaria attuale. Gli artisti  che hanno già uno studio invece, ossia i professionisti, sempre di Bologna, potranno se lo vorranno partecipare a progetti dove spendere e valorizzare  le loro competenze. Il loro intervento potrebbe riguardare: una sala di registrazione/montaggio video, un laboratorio fotografico e una camera oscura, una piccola stamperia, un laboratorio di falegnameria, un'emittente radiofonica, uno spazio per l'editoria artistica, una sala musica, un'area performativa e una dedicata a reading group … Il momento storico apre a nuovi spazi di riflessione e a relazioni diverse anche fra gli artisti, che in quegli spazi del MAMbo si ritroveranno a coesistere. Continueranno comunque le mostre temporanee con riguardo anche all’esposizione  di opere ora  attualmente nei magazzini del museo e perciò poco o per nulla conosciute. Il 4 maggio nasce la volontà di costruire anche una nuova idea di città, come ha spiegato l’assessore alla Cultura e Promozione del Comune di Bologna, Matteo Lepore, in un mondo di realtà culturali che si intersecano, e di cui si vuole far emergere la produttività, come è accaduto anche con il Teatro Comunale, senza procedere a licenziamenti  nel settore museale  come è avvenuto in altri Stati. Senza dubbio si tratta di valorizzare  tutto quel capitale umano che appartiene  al MAMbo, come ha precisato  il presidente dell’ Istituzione Bologna Musei, Roberto Grandi. Si prevede   un incremento della ricerca scientifica e della produzione di schede delle opere, destinato sia a piattaforme digitali e App sia  a nuove produzioni editoriali. Verrà superato il sistema consueto di fruizione delle opere da parte del visitatore con la presenza del guardasala   e in collaborazione con l’Accademia delle Belle Arti e dell’Università di Bologna si sta studiando per formare degli operatori museali qualificati in grande di interagire in modo differente con il pubblico. L’obiettivo è quello di sperimentare una museologia più radicale dove come nei laboratori l’attenzione non sarà rivolta solo all’opera finita ma anche al processo di creazione mentre si cercherà di sviluppare l’attività relazionale propria del museo anche con giornate di open studio con gli artisti.

Patrizia Lazzarin, 5 maggio 2020

Cenni storici sulla nascita, a Bologna, del Forno del Pane

<p dir="ltr">Nel 1914, quando fu eletto, il sindaco Francesco Zanardi si trovò a fronteggiare una situazione difficile sul piano economico. La maggior parte della popolazione del centro della città viveva alle soglie della povertà. Per assolvere al crescente bisogno e rendere un servizio alle fasce più deboli, furono creati gli spacci comunali, formalizzati in seguito nell'Ente Autonomi dei Consumi, dove la merce veniva venduta a prezzi agevolati. L'Ufficio Tecnico comunale rese operativo il progetto del panificio comunale sotto la guida dell'ingegnere Rienzo Bedetti. L' edificio di pianta rettangolare, di sessanta metri per ventisei, fu costruito nello spazio antistante l'attuale in via Don Giovanni Minzoni e con l'entrata posta in via Marghera (ora via Fratelli Rosselli). La costruzione, interamente a mattoni con grandi vetrate, presentava esternamente decori cementizi disegnati dal professore Roberto Cacciari. Internamente, al centro dello stabile, furono disposti dieci forni a vapore di dodici metri quadri ciascuno. Dalla data di inaugurazione, 1 febbraio 1917, il forno fu attivo diciassette ore al giorno con squadre di lavoro di un centinaio di lavoratori, divisi su due turni.

pdir="ltr">Nel 1927 fu ampliata la struttura del Forno del Pane, tramutata ora in l'Ente Autonomo dei Consumi, e modificata la destinazione d'uso: da semplice forno diventò centro di produzione e di conservazione di diverse categorie alimentari. Il progetto, curato dall'ingegner Carlo Tornelli, aumentò la superficie dell'edificio sia verso ovest che verso est. La facciata di via Don Minzoni, che arrivò a misurare 105 metri, fu sormontata nella parte superiore da un frontone centrale e protetta nella parte inferiore dall'ampio porticato. Internamente il fabbricato venne così modificato: nel piano sotterraneo furono disposte le celle frigorifere e i depositi del vino; al piano terra i forni del pane vennero affiancati da celle frigorifere per la conservazione delle carni (lavorate in alcuni locali sempre al pian terreno); al primo piano furono allestiti il pastificio e i locali per la lavorazione dei derivati del latte; l'ultimo piano fu destinato interamente agli uffici dell'Ente. Il nuovo complesso, inaugurato il 28 ottobre 1930, fu attivo fino al 1936, anno del fallimento dell'Ente. La produzione del pane venne quindi affidata alla Cooperativa bolognese di consumo.</p> <p dir="ltr">Du"ante la seconda guerra mondiale l'edificio fu svuotato e parzialmente danneggiato all'angolo tra via Marghera e via Del Porto. Nel periodo post bellico venne rifondato l'Ente Autonomo dei Consumi che, sotto la diretta guida di Zanardi, riprese ad occupare la sede dal 1946 al 1958 (anche se non venne ripristinata la parte produttiva del pane). Negli anni successivi l'edificio venne utilizzato dal Comune di Bologna per vari usi: divenne sede di scuole medie, ospitò l'officina dell'Istituto Professionale Fioravanti (tuttora sulla via Don Minzoni di fornte allo stabile) e si offrì come dimora di alcuni uffici comunali. Successivamente, non più utilizzato dall'amministrazione comunale, venne dato in affitto a diverse attività private. La trasformazione e la conversione del vecchio panificio nella nuova sede del MAMbo - Museo d'Arte Moderna di Bologna prende avvio nella seconda metà degli anni Novanta del secolo scorso. Il progetto di recupero si attua attraverso il rispetto e la valorizzazione delle caratteristiche architettoniche preesistenti. Il restauro è progettato da Aldo Rossi e realizzato dal Comune di Bologna tramite la società Finanziaria Bologna Metropolitana, con la collaborazione dello Studio Arassociati di Milano. A restauro ultimato l'Ex forno del Pane vede una distribuzione su tre piani. Nell'ampio ingresso al pian terreno si affacciano il Foyer e la Sala delle Ciminiere, completa degli originari camini del vecchio panificio, ora adibita a spazio per le esposizioni temporanee. La Biblioteca-emeroteca d’arte contemporanea è raggiungibile al piano amezzato. L'intero primo piano è riservato alle sale espositive della Collezione Permanente del MAMbo e di Museo Morandi.

Il MAMbo è collegato esternamente al complesso della Manifattura delle Arti attraverso il giardino del Cavaticcio (Parco 11 settembre 2001).</p>"

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Bologna, full immersion nell’arte

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Ha avuto inizio ieri il conto alla rovescia per  l’apertura nell’ultimo weekend di gennaio, nei giorni dal 24 al 26, della 44 Edizione di Arte Fiera a Bologna, che vedrà la partecipazione di centocinquantacinque gallerie italiane e straniere. Un evento che conferma il grande spazio dedicato dalla città bolognese all’arte contemporanea e che è preannunciato da una lunga settimana, che come una  grande matrioska, contiene al suo interno mostre, installazioni e performances, in spazi pubblici e privati, e  che da quanto  si legge nel programma, appare come un rocambolesco e caleidoscopico  viaggio nel mondo odierno della creatività. Il direttore artistico di Art City Bologna  2020, Lorenzo Balbi, ha parlato  durante la conferenza stampa  di  questo progetto, che nasce dalla collaborazione del Comune di Bologna e di BolognaFiere, e che  sarà un’occasione per immergersi, sia per gli appassionati d’arte,  sia per esperti del settore, cittadini e turisti nel clima di effervescente vivacità che le tante proposte articolate in un Main Program, che a sua volta si  sviluppa in un Special Project e 22 Main projects, offriranno  ai visitatori dal 17 al 26 gennaio. Un’occasione per confrontarsi quindi con le più svariate modalità dell’arte contemporanea e per avvicinarsi con consapevolezza ad essa. Quest’anno, l'ottava edizione di Art Week, mostra una grande presenza di artiste donne  che risulta superiore a quella maschile  ed anche un confronto curioso fra le opere di artisti affermati ed emergenti. Focus in particolare, viene fatto sulla pittura, in un connubio felice con Arte Fiera che quest’anno dedicherà uno sguardo più ampio  a uno dei medium o, dir si voglia, linguaggi, più dibattuti nel tempo attuale. L’iniziativa che ha il coordinamento dell’Area Arte Moderna e Contemporanea e dell’Istituzione Bologna Musei  prevede gratuità, agevolazioni e sconti  in molti casi; è inoltre acquistabile una card cumulativa che permette la visita anche alle mostre in corso, come quella su Chagall. Sogno e Magia a Palazzo Albergati  e sugli Etruschi. Viaggio nella terra dei Rasna al Museo Civico Archeologico. L’evento speciale in programma sarà la presentazione venerdì 24 e sabato 25 gennaio, nell’area dell’ex scalo ferroviario Ravone,  della prima nazionale de La vita nuova, l’ultimo lavoro del regista Romeo Castellucci, a cui era stato attribuito il Leone d’oro alla Carriera per il Teatro alla Biennale di Venezia nel 2013. L’opera trae ispirazione da Lo Spirito dell’Utopia di Ernst Bloch, scritto dall’autore durante la prima guerra mondiale, e riflette su un essere umano possibile, non ancora esistente o esistito, un’umanità che diventa anche il fine a cui tende il significato dell’arte. Ogni giorno si festeggia un evento. A Villa delle Rose venerdì 17 gennaio, è stata inaugurata una mostra antologica sull’artista spagnolo Antoni Muntadas, che comprende  le sue opere dagli anni Settanta ad oggi e  che sottolinea i temi abituali della sua pratica di far arte: dalla globalizzazione al capitalismo transnazionale, dal rapporto tra monumenti e memoria alla circolazione delle informazioni  e  poi ancora, sull’immaginario politico veicolato dai media.  Le opere provenienti da collezioni private di Jimmie Durham, lo scultore statunitense che imparò a scolpire la pietra quando fu detenuto nel carcere di Yokohama, in Giappone, sono visibili dal 18 gennaio nello Spazio Kappanoun a San Lazzaro di Savena.  Nello stesso giorno alla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna,  le foto di tre artiste Claude Cahun, Valie Export ed Ottonella Mocellin  documentano l’uso di dispositivi extra artistici come il corpo, la performance e la fotografia, dai primi decenni del Novecento per Cahun ad oggi per Ottonella Mocellin. Nave Nodriza, o Nave ammiraglia tradotto in italiano, è il nome dell’installazione di Eulalia Valldosera,  nell’Oratorio di San Filippo Neri, che si inaugura domenica 19 gennaio. L’artista spagnola  da tempo lavora sul tema dell’acqua come fonte di memoria e di vita, liquido che rigenera e purifica, in una ricerca poetica  delle forze naturali e seminascoste che si nascondono alla vista, ma che guidano l’uomo sulla Terra.  Il giorno successivo Alessandro Lupi, nello Spazio Arte Cubo  Museo d’impresa del Gruppo Unipol, sarà presente con quattro grandi installazioni che si interrogano sul tema della percezione dello spazio e del tempo e Ann Veronica Janssens,  nella Cappella di Santa Maria dei Carcerati a Palazzo  Re Enzo, con tre specchi circolari che creano una visione alternata tra cielo e terra, trasformerà in maniera radicale la fruizione del luogo da parte del visitatore. A Palazzo Bentivoglio le sculture dell’artista bolognese Sissi, Vestimenti,  sono abiti-sculture, a volte indossabili,  realizzate con diversi materiali, ammirabili nella loro forza comunicativa da martedì ventuno gennaio. Nel Museo Davia Bargellini,  ma anche in luoghi significativi della città, Via libera per volare  è frutto ancora della creatività bolognese. Il duo Antonello Ghezzi, con la partecipazione di Luigi Mainolfi, offre  un tributo, nel  centenario della sua nascita, allo scrittore e pedagogista Gianni Rodari prendendo lo spunto dal suo racconto Il semaforo blu. Il blu che si accende è un invito a volare via con la mente, a sognare …  L’opera Partiture Mute. Note a margine di  Donatella Lombardo trova una sede ideale  nel Museo Internazionale e biblioteca della musica ed è basata su una lunga ricerca condotta su compositrici vissute fra il XII e il XX secolo. La sua è un’interpretazione spaziale con fili,  dei ritmi e dell’intensità delle scritture musicali, inseguendo l’andamento del suono. Nel Salone Banca di Bologna di Palazzo De’ Toschi protagonista torna la pittura e i suoi interrogativi con la  mostra collettiva: Le realtà ordinarie. Mercoledì 22 gennaiosi inaugureranno tre mostre nella sede del MAMbo:  la prima AGAINandAGAINandAGAINand a cui parteciperanno noti artisti provenienti da differenti parti del mondo fra cui Ed Atkins, Luca Francesconi, Apostolos Georgiou, Ragnar Kjartansson, Susan Philipsz, Cally Spooner e Apichatpong Weerasethakul, e che ha la curatela di Lorenzo Balbi e Sabrina Samorì,  intende valutare l’impatto dei nuovi sistemi di organizzazione del lavoro e delle recenti tecnologie sulla vita dell’uomo e suggerisce nuovi modelli di consumo e di produzione fondati su una rigenerata consapevolezza della cultura rurale. La seconda è Figurabilità. Pittura a Roma negli anni Sessanta, nella sala riallestita del museo  dove è appesa l’opera Funerali di Togliatti di Renato Guttuso. Qui potremmo ammirare opere di Franco Angeli, Tano Festa, Giosetta Fioroni, Titina Maselli, Mario Schifano …, un gruppo di giovani artisti degli anni Sessanta  che furono in dialogo con la ricerca artistica e le convinzioni politiche di Guttuso.  In un’altra sala del MAMbo, Ossi di Claudia Losi, artista italiana di profilo internazionale, mette  in evidenza attraverso  sculture che riproducono le costole della Balena, il  senso del mistero legato a questo grande cetaceo che accostiamo alla profondità degli abissi marini. Ne derivano poi altri interrogativi tra natura e storia, tra scultura  e natura. Nei giorni successivi, ma anche in quelli precedenti,  le scoperte   di questa lunga settimana dedicata all’arte, continuano e  sono veramente svariate, difficile da ricordare tutte: da quelle dell’artista e filmmaker Mika Taanila che si dibatte tra passato e futuro, tra ambiente, uomo e tecnologia al progetto fotografico di Silvia Camporesi sulla costruzione dell’impianto di biometano a Sant’Agata Bolognese, dalla visita dello studio del noto pittore scomparso Concetto Pozzati ai disegni della regista e performer Silvia Costa  e alla mostra fotografica collettiva sulle divise da lavoro,  in un viaggio  che si conclude al Foyer Respighi  del Teatro Comunale di Bologna, dove Valentina Vetturi inviterà otto direttori d’orchestra a dirigere la stessa partitura di Ravel, senza alcun musicista,  tutti insieme, disposti in cerchio, nella ricerca ognuno del proprio tempo, forse quello della vita di ogni essere umano.

Patrizia Lazzarin, 17 gennaio 2020

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