Il ritorno della Madonna Litta a Milano

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Quella manina paffutella di Cristo bambino che stringe il seno della madre che lo guarda con amorevolezza e lo scarto lieve del suo piccolo corpo robusto catturano l’osservatore nel quadro della Madonna Litta, opera di straordinaria fattura stilistica e memore di  un colore che si traduce in luce.  L’opera attribuita a Leonardo da Vinci  nel museo dell’Ermitage di San Pietroburgo  e che è tornata nel tardo autunno a Milano, dove è stata concepita e realizzata negli ultimi anni del Cinquecento, sarà visibile  fino al 10 febbraio al Museo Poldi Pezzoli. Il pulviscolo dell’aria caro a Leonardo e, nelle aperture delle finestre, quelle cime azzurre che si stagliano lontano, ricreano l’atmosfera viva di un paesaggio  che sembra naturale attraversare anche solo con lo sguardo. La fine sostanza dei capelli castani della Vergine, ornati da una preziosa e raffinata acconciatura, incorniciano un volto che possiede la  bellezza che si origina dal piacere per l’eleganza e l’armonia e allo stesso tempo riflette la  dolcezza dell’essere madre. Questo dipinto, uno dei massimi capolavori dell’Ermitage, torna dopo trent’anni nella città meneghina: un fatto eccezionale reso possibile grazie  al sostegno della Fondazione Bracco,  a cui si uniscono la Regione Lombardia e il Comune di Milano. Nella mostra Leonardo e la Madonna Litta sono presentate venti opere: undici straordinari dipinti, sette disegni e due incisioni che furono eseguiti da Leonardo, dai suoi allievi  e seguaci in buona parte durante gli anni in cui egli operava alla corte di Ludovico il Moro. La rassegna, che è stata inclusa fra le celebrazioni nazionali dei 500 anni dalla morte di Leonardo promosse dal Ministero per i beni e  le attività culturali e per il turismo, ha il merito di ricreare quel milieu culturale nuovo che la lezione leonardesca aveva introdotto nel Nord Italia e, in particolare, in area lombarda. Il grande artista fiorentino e  i suoi discepoli più importanti, come Giovanni Antonio Boltraffio e Marco d’Oggiono e altri, come l’ancora misterioso Maestro della Pala Sforzesca, si mostrano  artefici consapevoli del ruolo intellettuale dell’artista, attenti ad un  diverso uso del colore e ad una concezione dello spazio che rimodula il rapporto con i soggetti del quadro. La rassegna è stata curata dagli  studiosi Andrea Di Lorenzo e Pietro C. Marani e reca gli  importanti contributi delle ricercatrici  Maria  Teresa  Fiorio e Annalisa Zanni. Le analisi diagnostiche: riflettografie ai raggi infrarossi, UV, radiografie, infrarosso in falso colore, rese possibili grazie al sostegno della Fondazione Bracco, che da sempre persegue un impegno che si fonda sulla valorizzazione del rapporto fra arte e scienza, hanno rivelato e in alcuni casi confermato attribuzioni, stili e metodologie di lavoro di Leonardo e della sua scuola, imbevuta di umanesimo e arricchita dal contatto con uomini di lettere. Maria Teresa Fiorio e Pietro C. Marani ritengono  che i due più antichi allievi del genio fiorentino, Marco d’Oggiono e Giovanni Antonio Boltraffio, non solo devono essere considerati i principali diffusori delle novità vinciane già nel primo quinquennio dell’ultima decade del Quattrocento, ma sono anche gli esecutori materiali di alcune pitture uscite dalla bottega di Leonardo, che come tali venivano recepite quali opere originali del maestro, essendo egli responsabile dell’invenzione. La bottega di Leonardo come quella di Andrea Verrocchio, il suo maestro, doveva essere ben organizzata e prevedere diverse specializzazioni per rispondere alle numerose commissioni e richieste. Il committente della Madonna Litta, precisa  Andrea di Lorenzo,  opera che egli invece attribuisce a Giovanni Antonio Boltraffio, pittore di cultura umanistica e di estrazione nobile, fu eseguita per la devozione di un raffinato e facoltoso committente, come indicherebbero la qualità dell’esecuzione e la preziosità dei pigmenti adoperati nel quadro. Il blu oltremare impiegato infatti per il manto della Madonna fu  realizzato con polvere di lapislazzuli che aveva un costo maggiore dell’oro. In mostra i visitatori avranno modo di comprendere  come si attribuisce la paternità di un’opera d’arte vedendo gli strumenti  scientifici adoperati, il significato dei documenti storici e il valore dell’interpretazione stilistica.  La studiosa Zoya Kuptsova,  poi ci spiega nel catalogo,  le vicende dell’acquisizione del dipinto della Madonna Litta da parte dello zar Alessandro II dal conte Antonio Litta, a metà degli anni Sessanta dell’Ottocento, e insieme, anche racconta  le vicissitudini  di alcune rilevanti raccolte private italiane  vendute all’Ermitage, che testimoniano il grande interesse della famiglia degli zar per la cultura italiana. Si illustra la storia  della Madonna Litta che diventa così  testimonianza  dell’apprezzamento  che Leonardo ebbe  da subito nel mondo lombardo, se si considerano  solo  il numero delle  copie  richieste alla bottega e ai suoi seguaci.  L’opera  rimane ancora  oggi non solo icona esemplare  del Museo di San Pietroburgo, ma emblema di un’espressione artistica preziosa, in grado di tradurre il significato dell’umano nelle sfumature  della luce  e del colore.

Patrizia Lazzarin  23 gennai 2020

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Bologna, full immersion nell’arte

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Ha avuto inizio ieri il conto alla rovescia per  l’apertura nell’ultimo weekend di gennaio, nei giorni dal 24 al 26, della 44 Edizione di Arte Fiera a Bologna, che vedrà la partecipazione di centocinquantacinque gallerie italiane e straniere. Un evento che conferma il grande spazio dedicato dalla città bolognese all’arte contemporanea e che è preannunciato da una lunga settimana, che come una  grande matrioska, contiene al suo interno mostre, installazioni e performances, in spazi pubblici e privati, e  che da quanto  si legge nel programma, appare come un rocambolesco e caleidoscopico  viaggio nel mondo odierno della creatività. Il direttore artistico di Art City Bologna  2020, Lorenzo Balbi, ha parlato  durante la conferenza stampa  di  questo progetto, che nasce dalla collaborazione del Comune di Bologna e di BolognaFiere, e che  sarà un’occasione per immergersi, sia per gli appassionati d’arte,  sia per esperti del settore, cittadini e turisti nel clima di effervescente vivacità che le tante proposte articolate in un Main Program, che a sua volta si  sviluppa in un Special Project e 22 Main projects, offriranno  ai visitatori dal 17 al 26 gennaio. Un’occasione per confrontarsi quindi con le più svariate modalità dell’arte contemporanea e per avvicinarsi con consapevolezza ad essa. Quest’anno, l'ottava edizione di Art Week, mostra una grande presenza di artiste donne  che risulta superiore a quella maschile  ed anche un confronto curioso fra le opere di artisti affermati ed emergenti. Focus in particolare, viene fatto sulla pittura, in un connubio felice con Arte Fiera che quest’anno dedicherà uno sguardo più ampio  a uno dei medium o, dir si voglia, linguaggi, più dibattuti nel tempo attuale. L’iniziativa che ha il coordinamento dell’Area Arte Moderna e Contemporanea e dell’Istituzione Bologna Musei  prevede gratuità, agevolazioni e sconti  in molti casi; è inoltre acquistabile una card cumulativa che permette la visita anche alle mostre in corso, come quella su Chagall. Sogno e Magia a Palazzo Albergati  e sugli Etruschi. Viaggio nella terra dei Rasna al Museo Civico Archeologico. L’evento speciale in programma sarà la presentazione venerdì 24 e sabato 25 gennaio, nell’area dell’ex scalo ferroviario Ravone,  della prima nazionale de La vita nuova, l’ultimo lavoro del regista Romeo Castellucci, a cui era stato attribuito il Leone d’oro alla Carriera per il Teatro alla Biennale di Venezia nel 2013. L’opera trae ispirazione da Lo Spirito dell’Utopia di Ernst Bloch, scritto dall’autore durante la prima guerra mondiale, e riflette su un essere umano possibile, non ancora esistente o esistito, un’umanità che diventa anche il fine a cui tende il significato dell’arte. Ogni giorno si festeggia un evento. A Villa delle Rose venerdì 17 gennaio, è stata inaugurata una mostra antologica sull’artista spagnolo Antoni Muntadas, che comprende  le sue opere dagli anni Settanta ad oggi e  che sottolinea i temi abituali della sua pratica di far arte: dalla globalizzazione al capitalismo transnazionale, dal rapporto tra monumenti e memoria alla circolazione delle informazioni  e  poi ancora, sull’immaginario politico veicolato dai media.  Le opere provenienti da collezioni private di Jimmie Durham, lo scultore statunitense che imparò a scolpire la pietra quando fu detenuto nel carcere di Yokohama, in Giappone, sono visibili dal 18 gennaio nello Spazio Kappanoun a San Lazzaro di Savena.  Nello stesso giorno alla Fondazione del Monte di Bologna e Ravenna,  le foto di tre artiste Claude Cahun, Valie Export ed Ottonella Mocellin  documentano l’uso di dispositivi extra artistici come il corpo, la performance e la fotografia, dai primi decenni del Novecento per Cahun ad oggi per Ottonella Mocellin. Nave Nodriza, o Nave ammiraglia tradotto in italiano, è il nome dell’installazione di Eulalia Valldosera,  nell’Oratorio di San Filippo Neri, che si inaugura domenica 19 gennaio. L’artista spagnola  da tempo lavora sul tema dell’acqua come fonte di memoria e di vita, liquido che rigenera e purifica, in una ricerca poetica  delle forze naturali e seminascoste che si nascondono alla vista, ma che guidano l’uomo sulla Terra.  Il giorno successivo Alessandro Lupi, nello Spazio Arte Cubo  Museo d’impresa del Gruppo Unipol, sarà presente con quattro grandi installazioni che si interrogano sul tema della percezione dello spazio e del tempo e Ann Veronica Janssens,  nella Cappella di Santa Maria dei Carcerati a Palazzo  Re Enzo, con tre specchi circolari che creano una visione alternata tra cielo e terra, trasformerà in maniera radicale la fruizione del luogo da parte del visitatore. A Palazzo Bentivoglio le sculture dell’artista bolognese Sissi, Vestimenti,  sono abiti-sculture, a volte indossabili,  realizzate con diversi materiali, ammirabili nella loro forza comunicativa da martedì ventuno gennaio. Nel Museo Davia Bargellini,  ma anche in luoghi significativi della città, Via libera per volare  è frutto ancora della creatività bolognese. Il duo Antonello Ghezzi, con la partecipazione di Luigi Mainolfi, offre  un tributo, nel  centenario della sua nascita, allo scrittore e pedagogista Gianni Rodari prendendo lo spunto dal suo racconto Il semaforo blu. Il blu che si accende è un invito a volare via con la mente, a sognare …  L’opera Partiture Mute. Note a margine di  Donatella Lombardo trova una sede ideale  nel Museo Internazionale e biblioteca della musica ed è basata su una lunga ricerca condotta su compositrici vissute fra il XII e il XX secolo. La sua è un’interpretazione spaziale con fili,  dei ritmi e dell’intensità delle scritture musicali, inseguendo l’andamento del suono. Nel Salone Banca di Bologna di Palazzo De’ Toschi protagonista torna la pittura e i suoi interrogativi con la  mostra collettiva: Le realtà ordinarie. Mercoledì 22 gennaiosi inaugureranno tre mostre nella sede del MAMbo:  la prima AGAINandAGAINandAGAINand a cui parteciperanno noti artisti provenienti da differenti parti del mondo fra cui Ed Atkins, Luca Francesconi, Apostolos Georgiou, Ragnar Kjartansson, Susan Philipsz, Cally Spooner e Apichatpong Weerasethakul, e che ha la curatela di Lorenzo Balbi e Sabrina Samorì,  intende valutare l’impatto dei nuovi sistemi di organizzazione del lavoro e delle recenti tecnologie sulla vita dell’uomo e suggerisce nuovi modelli di consumo e di produzione fondati su una rigenerata consapevolezza della cultura rurale. La seconda è Figurabilità. Pittura a Roma negli anni Sessanta, nella sala riallestita del museo  dove è appesa l’opera Funerali di Togliatti di Renato Guttuso. Qui potremmo ammirare opere di Franco Angeli, Tano Festa, Giosetta Fioroni, Titina Maselli, Mario Schifano …, un gruppo di giovani artisti degli anni Sessanta  che furono in dialogo con la ricerca artistica e le convinzioni politiche di Guttuso.  In un’altra sala del MAMbo, Ossi di Claudia Losi, artista italiana di profilo internazionale, mette  in evidenza attraverso  sculture che riproducono le costole della Balena, il  senso del mistero legato a questo grande cetaceo che accostiamo alla profondità degli abissi marini. Ne derivano poi altri interrogativi tra natura e storia, tra scultura  e natura. Nei giorni successivi, ma anche in quelli precedenti,  le scoperte   di questa lunga settimana dedicata all’arte, continuano e  sono veramente svariate, difficile da ricordare tutte: da quelle dell’artista e filmmaker Mika Taanila che si dibatte tra passato e futuro, tra ambiente, uomo e tecnologia al progetto fotografico di Silvia Camporesi sulla costruzione dell’impianto di biometano a Sant’Agata Bolognese, dalla visita dello studio del noto pittore scomparso Concetto Pozzati ai disegni della regista e performer Silvia Costa  e alla mostra fotografica collettiva sulle divise da lavoro,  in un viaggio  che si conclude al Foyer Respighi  del Teatro Comunale di Bologna, dove Valentina Vetturi inviterà otto direttori d’orchestra a dirigere la stessa partitura di Ravel, senza alcun musicista,  tutti insieme, disposti in cerchio, nella ricerca ognuno del proprio tempo, forse quello della vita di ogni essere umano.

Patrizia Lazzarin, 17 gennaio 2020

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Il mondo di sogni del pittore ebreo Marc Chagall

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Quello che mi attira è la linea curva, libera e sensuale. La linea curva che ritrovo nelle montagne del mio paese, nel corso sinuoso dei suoi fiumi, nelle nuvole del cielo, nel corpo della donna amata. L'universo intero è fatto di curve. L'universo curvo di Einstein … le parole di un architetto di respiro internazionale, il brasiliano Oscar Niemeyer, sono strumentali per definire il mondo di sogni del pittore ebreo Marc Chagall, che come ἀρχιτέκτων, costruttore di spazi di bellezza e d’amore, dove  la guerra e le persecuzioni non trovano il  terreno adatto per  attecchire, si racconta nella mostra in corso a Bologna a Palazzo Albergati che, apertasi ad inizio autunno, ha avuto fino ad ora ottantamila visitatori. Nelle sue opere il pittore e l’amata moglie BellaChagall navigano vicini nel cielo   o fluttuano in forme morbide e sinuose, nella narrazione sempre incantata del poeta-pittore, dove i ricordi dell’infanzia e dell’adolescenza vissute a Vitebsk, una cittadina della Bielorussia, popolano, colorandolo, l’universo creativo dell’artista. Nato nel 1887 e vissuto in un piccolo quartiere ebraico del paese, proprio al di là del fiume, dove nelle vie si mescolavano agricoltori con i loro attrezzi, musicisti che suonavano il violino e commercianti ambulanti, egli condensa nella sua espressione artistica le emozioni vissute e  gli incontri fortuiti, accaduti o immaginati.  Cavalli, mucche, gatti, galli e capre popolano le strade e diventano gli abitanti privilegiati del suo mondo che egli, con tenerezza, trasferisce sulle tele e nelle stampe delle sue illustrazioni. Persone, animali ed anche cose, come l’orologio a pendolo, il samovar, la lampada della sua casa o il violino dello zio Neuch sono le lettere dell’alfabeto  di cui si serve per consegnarci  il significato dell’esistenza umana.  Una piccola società quella in cui era vissuto, ma ricca  del senso del sacro che aveva permeato  la sua vita  e che si riflette, in particolare, nelle illustrazioni della Bibbia.  E poi i colori del circo che lo affascinarono sin dalla tenera età poiché egli forse vedeva, nelle acrobazie dei circensi, la leggerezza e la fragilità dell’essere umano, che si arricchiva  di venata malinconia nei clown, figura molto presente nel caleidoscopico mondo di Chagall. Un poeta con le ali di un pittore, così lo scrittore  Henry Miller definì Marc Chagall. Arte e letteratura  si mescolarono nell’esistenza dell’artista che ebbe molti amici letterati e spesso ne illustrò  i testi. Molti autori come Blaise Cendrars, André Breton, Guillaume Apollinaire, André Salmon, Paul Éluard, Max Jacob e André Malraux furono suoi ammiratori. Egli stesso scrisse due libri: il primo intitolato La mia vita, composto in russo e tradotto in francese dalla moglie Bella, venne presentato a Parigi nel 1931 ed il secondo Poèmes, una raccolta delle liriche composte tra il 1909 e il 1965, fu pubblicato a Ginevra nel 1975. La rassegna intitolata Chagall. Sogno e Magia che resterà aperta fino al primo marzo 2020, è curata dalla studiosa  Dolores Durán Úcar, ha il patrocinio del Comune di Bologna ed è prodotta ed organizzata dal Gruppo Arthemisia. In essa possiamo vedere 160 opere dell’artista costituite da dipinti, disegni, acquarelli ed incisioni. Buona parte di essi provengono da collezioni private e quindi, di solito, non sono facilmente accessibili al pubblico. Parte del ricavato della mostra sarà devoluto a Komen Italia, un’organizzazione in prima linea contro i tumori del seno e a favore  della tutela della salute femminile, ed anche Charity partner dell’esposizione. Lo scopo della raccolta è promuovere  l’ampliamento dello spazio Donne al centro nell’Ospedale Bellaria dell’Ausl di Bologna, grazie alla costruzione  per le pazienti di un’area polivalente destinata alla musicoterapia, arte-terapia, scrittura creativa, Yoga e Qi Gong.  La vita si sposa così all’amore, sentimento essenziale nella storia di Marc Chagall. Quell’amore che lo farà volare sopra i cieli di Parigi con la sua Bella, moglie e innamorata, di cui scriverà nel La mia Vita: I suoi occhi sono i miei. È come se Bella mi conoscesse da tanto tempo, come se sapesse tutto della mia infanzia, del mio presente, del mio avvenire … I suoi occhi sono la mia anima. L’amore, la sposa e i mazzi di fiori s’incontrano con facilità nell’opera del pittore che li associa alla bellezza dell’esistenza e li potremmo apprezzare in mostra, nel gioco armonioso delle forme rappresentate. La sua cultura figurativa unisce la tradizione ebraica degli ornati dei manoscritti assieme a quella russa, sia popolare, attraverso le immagini dei luboki, sia quella religiosa  delle icone, con la storia della pittura occidentale, da Rembrandt alle Avanguardie. Un’occasione per esplorare l’animo umano sono per Chagall l’illustrazione delle Favole di Jean de La Fontaine, commissionategli  nel 1927 dall’editore Ambroise Vollard, che gli permettono anche di esprimere la sua ricca immaginazione ed  ora visibili in mostra a Bologna. Nella terza delle cinque sezioni della rassegna, ammiriamo  una serie d’incisioni colorate e gouasch che fanno parte della Bibbia che egli corredò d’illustrazioni per l’editore Vollard. Quest’opera come anche Esodo, di carattere religioso, furono precedute da un viaggio di Chagall in Palestina, un itinerario di ritorno sui luoghi simbolo della storia del popolo ebraico per assimilare nella loro profondità, la spiritualità e la luce intensa di quei luoghi.  Accanto alla gioia di vivere  di città come Parigi o amate come Vitebsk  spesso infatti, in Chagall, compare il senso dello sradicamento, conseguenza della  guerra e delle persecuzioni: è una sottile vena che penetra la sua vicenda artistica ed esistenziale e che rafforza i sentimenti d’amore e di fratellanza che costituiscono il suo patrimonio ideale. Il catalogo dell’esposizione Chagall. Sogno e Magia che è sostenuta da Generali Italia attraverso Valore Cultura, è edito da Skira.

Patrizia Lazzarin, 11 gennaio 2020

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