Onu dove sei?

Il mondo è in fiamme e le Nazioni Unite hanno dato forfait. Focolai di guerra un po’ dovunque e i leader dei cinque continenti si baloccano le responsabilità e le situazioni belligeranti esplodono a due passi da casa nostra: in Ucraina, nel nord dell’Iraq con le prepotenze dell’Isis, nel medioriente con la lunga battaglia a Gaza tra i palestinesi di Hamas e gli israeliani di Benjamin Netanyahu che ha seminato migliaia di morti, tra cui moltissimi bambini. L’impressione è che ci si stia arroccando intorno alle proprie mura di casa, sottolineando i problemi di un’economia che ha smesso di crescere e cha da oggi riguarda anche la Germania. Segno che le ricette messe in campo hanno clamorosamente fallito e che occorre cambiare passo e direzione di marcia. Nemmeno tanto subdolo

La crescita del pil di un paese è un fatto sicuramente importante, perché significa che c’è lavoro, produzione e consumi. Ma un occhio di riguardo i grandi della Terra dovrebbero riservarlo anche a quel che accade in altri angoli del pianeta. Se l’Onu e la Nato fossero delle organizzazioni che hanno a cuore le sorti dei popoli, non ci sarebbe stato un Vladimir Putin che avrebbe favorito la secessione nella penisola di Crimea, a tutti gli effetti regione dell’Ucraina, uno stato indipendente e sovrano. E’ strano che il presidente degli Stati Uniti sia rimasto silente sulle gravissime mosse dell’uomo del Cremlino. Il quale sta cercando in modo nemmeno tanto subdolo di favorire la disgregazione dell’Ucraina, con la pretese della creazione di un altro stato satellite di Mosca. Del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite meglio non parlare. E’ tristemente assente. A questo punto sarebbe preferibile che venisse cancellato con un tratto di penna e le risorse assegnate agli stati che ne hanno un vitale bisogno (Iraq, Palestina, Libia, Siria, Ucraina, ecc.). Così come sarebbe ora che le seconda sede dell’Unione Europea (Strasburgo) venisse definitivamente abolita, perché costosa e inutile. Con tante grazie ai francesi di Hollande. Lo stesso potrebbe affermarsi per quel che è e che fa la Nato.

Per quel che riguarda le economie dei vari paesi, sarebbe opportuno che venisse preparata una nuova Bretton Woods. Il problema è che i leader in circolazione non sembrano all’altezza di un compito così gravoso. Ma se si vuole salvare il pianeta dalla deflagrazione occorre che i media di tutto il mondo spingano nella direzione di acconciare delle politiche di unione (economica, sociale, militare, ecc.) e non di disunione. Così come sta accadendo da troppi anni a questa parte.

Onu, dove sei? Nato, dove sei? Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, che fate? Il mondo è in fiamme e voi continuate a stare seduti nelle vostre supercomode (e super pagate) poltrone. Agite, prima che sia troppo tardi.

Marco Ilapi

http://www.echeion.it/wp-content/themes/Echeion/images/bg-pattern.png); background-attachment: initial; background-size: initial; background-origin: initial; background-clip: initial; background-position: initial; background-repeat: repeat;">                          Caro Onu, ma dove sei?    

L’estate del 2014 verrà molto probabilmente ricordata come una delle più turbolente, viste le preoccupanti evoluzioni a livello di politica e sicurezza internazionali. Il riaccendersi, qualche mese fa, del devastante conflitto arabo-israeliano nella già triste e martoriata striscia di Gaza e l’insieme degli avvenimenti che in questi ultimi giorni scuotono i territori e le popolazioni dell’Iraq,hanno infatti generato un clima di forte instabilità e tensione, mettendo a dura prova i già fragili e vacillanti equilibri presenti in alcune parti del mondo. E mentre si diffondono indiscrezioni circa possibili interventi diretti (di diverso genere) da parte di singole autorità nazionali, specie nei territori iracheni, sarebbe legittimo chiedersi dove sia e cosa faccia l’Onu, ovvero una forte autorità sovranazionale, di fronte a simili situazioni.

La nascita delle Nazioni Unite, avvenuta nell’ottobre del 1945, fu essenzialmente determinata dal desiderio di conseguire l’obiettivo, tutt’oggi valido, di mantenere la pace e la sicurezza a livello mondiale. Al riguardo, l’articolo 1 della stessa Carta Onu smentisce ogni dubbio: si legge esplicitamente che compito dell’organizzazione è «prendere efficaci misure collettive per prevenire e rimuovere le minacce alla pace e per reprimere gli atti di aggressione o le altre violazioni della pace». Parole queste che, se fossero tradotte alla lettera, potrebbero consentire realisticamente la fine di quelle stesse violenze e aggressioni sparse oggi nel mondo, ma che non riescono a trovare una effettiva applicazione per il prevalere di altri interessi e posizioni.

Sia i recenti eventi palestinesi, sia quelli iracheni hanno visto le Nazioni Unite fino ad ora – e quasi sicuramente anche nel prossimo futuro – limitarsi apronunciare soltanto semplici condanne contro i vari atti di aggressione inscenati. Agli appelli e alle dichiarazioni del Segretario generale, Ban Ki-Moon, pur nobili e di valore con espressioni del tipo: «In nome dell’Umanità, la violenza deve interrompersi!», non hanno fatto cioè seguito precisi, seri ed eventualmente diretti impegni, bensì solo una drammatica impotenza e un triste silenzio.Episodi simili dovrebbero essere affrontati, invece, alla stregua del Diritto Internazionale e delle disposizioni Onu, applicando quindi concretamente i provvedimenti e le soluzioni da esso appositamente previste.

 

Le Nazioni Unite, insomma, hanno il dovere certamente giuridico e morale di intervenire e ciò va consentito, almeno in questi gravi casi, eliminando tutti gli esistenti ostacoli, a cominciare da quel bloccante diritto di veto esercitato da alcuni Paesi in seno al Consiglio di sicurezza. Quella pace e quella sicurezza tanto ricercate e predicate non possono essere né interrotte da fanatiche imprese e smanie di potere di alcuni, né assicurate o disposte da singoli “big” in via esclusiva. Poiché esse sono, e devono rimanere, diritto e pretesa di tutti.

Loris Guzzetti

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L’Europa getti il cuore oltre l’ostacolo!

I leader della Germania sembrano essere più d’uno. Angela Merkel, in primis, poi Wolfgang Schauble, l’austero ministro delle finanze, quindi Jens Weimann, il governatore della Bundesbank. Il portavoce del cancelliere sostiene che si può essere più solidali con i paesi in difficoltà. Due secondi dopo il capo di Buba lo smentisce, chiedendo di rendere i vincoli sanciti dal patto di stabilità ancor più stretti. In una morsa che, alla fine della fiera, soffocherà tutti i tentativi di riprendere un cammino di crescita. La lezione di Gran Bretagna (che sta in Europa, anche se fuori dall’euro), Stati Uniti (che hanno superato la crisi innescata a casa loro), Giappone e Cina non ha davvero insegnato nulla ai teutonici. Come non ha insegnato nulla all’Europa quanto sta accadendo nelle sue periferie. Ucraina docet, così come Siria docet. Per non parlare del problema dell’immigrazione che sta assumendo contorni assai più che preoccupanti. L’Europa non esiste. E’ risaputo. Così come non esistono più le Nazioni Unite, in particolare, l’ organo esecutivo, il governo dell’Onu, il Consiglio di Sicurezza (cui potrebbe essere mutato il nome in Consiglio di Insicurezza). Il mondo sta franando e nessuno sembra non comprenderlo. La Libia non è sull’orlo della guerra civile. Laggiù regna l’anarchia più totale. Il suo territorio è fuori da ogni controllo di legalità. Con l’assassinio di Gheddafi non è stato risolto alcun problema. Semmai è stato aggravato. E di molto. Le responsabilità sono da ascrivere alla Francia di Nikolas Sarozy e agli Stati Uniti di Obama, che gli ha dato corda. La Tunisia non è un paese democratico. Così come l’Egitto de dopo Mubarak e Morsi. Non parliamo dei fatti di Siria e Turchia. Per non pcitare l’Iraq del dopo Saddam e l’Afghanistan di Karzaj. Non dimentichiamo i conflitti sanguinosi in Africa. Noi europei ci stiamo guardando l’ombelico e il mondo piange. Le fiamme devastano interi territori del pian eta e l’Europa fa finta di nulla. Le guerre di oggi non sono più (almeno non solamente) conflitti militari. Sono anche (e soprattutto) guerre economiche. Per il gas (Russia-Ucraina-Europa insegnano). Per l’acqua. Per il petrolio. E intanto la gente muore. Di fame. Di malattie che si potrebbero curare con qualche vaccino di una multinazionale occidentale. Ma, Dio Santo, le armi dei filo russi nell’Ucraina dell’Est chi le ha prodotte?  Magari sono russe e allora si viene a scoprire chi è che fomenta il conflitto in quella regione.  Il discorso va esteso ai fatti siriani, a quelli iracheni e a quelli africani. Sembra che al mondo non interessi più la pace. Sì, tante parole si spendono, anzi, si sprecano, ma di risultati concreti nella direzione di un mondo in cui regnino finalmente pace e concordia, neanche a parlarne. L’Europa non esiste più. Non ci sono più statisti degni di questo nome. Barack Obama,  David Cameron, Angela Merkel e Francois Hollande non lo sono di certo. Matteo Renzi è ancora troppo giovane e imberbe. E’ un fuori rosa. Si farà. Certo che personalità come Eisenhauer, Schumann, Adenauer e De Gasperi che hanno dato il proprio contributo allo stabilirsi di un lungo, lunghissimo, periodo di pace e di benessere economico non ci sono più. E si avverte. Ci vorrebbero una nuova Yalta, un nuovo Bretton Woods, una nuova organizzazione delle Nazioni Unite e non Disunite. Solo così Stati Uniti e Russia, Europa, Asia e Africa potrebbero riacquistare quella dignità di Stati-guida che da tempo hanno perduto. L'Europa getti il suo cuore oltre l'ostacolo! Si faccia promotore di una vera e rivoluzionaria iniziativa per dimostrare al mondo intero che esiste. Per quanto riguarda la sua economia, se l'Europa vuole tenere il passo dei grandi (Usa, Cina, Giappone e India) veda di accelerare il suo processo di integrazione verso gli Stati Uniti d'Europa.

Marco Ilapi – 15 maggio 2015

 

gno 2014

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