Donald Trump e il problema della democrazia

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      Scrivere su chi a più riprese è stato definito da vari  psicologi americani come un  “delusional psychopatic” (psicopatico delirante), un “paranoide schizofrenico”, un "tumore e un cancro per 'America", etc.,  potrebbe apparire come un esercizio ovvio e con uno scenario scontato. Il recente assalto al Campidoglio a Washington, istigato e sobillato poche ore prima da Donald Trump con parole incendiarie e di cui trapelano ogni giorno nuovi particolari sempre più drammatici e feroci, ha tuttavia messo ulteriormente in luce aspetti che riguardano non solo il Presidente degli Stati Uniti ma anche i suoi milioni di seguaci, i suoi pavidi sostenitori repubblicani del Congresso e Senato, gli stili di comportamento degli organi di polizia e anche l’atteggiamento dei mass media grazie ai quali costui è riuscito a salire al potere e a guadagnarsi un immenso uditorio. Ma procediamo per ordine.

      La sequenza dei fatti degli ultimi giorni è degna delle saghe più ribalde, evocando ad un tempo la vecchia nozione greca di ùbris (tracotanza) e quella germanica di un incipiente Goötterdämmerun. (Crepuscolo degli Dèi).

      Un facinoroso caporione che incita i suoi sostenitori ad intervenire in modo duro al fine di contrastare la votazione finale di Joe Biden a Presidente; il furioso assalto al Campidoglio; lo strano (e verosimilmente intenzionale) scarso presidio di forze di polizia e la docilità con cui poi i poliziotti praticamente fanno entrare i più scalmanati; i morti; il ritardo nell’intervento della guardia Nazionale (sollecitata per ore dal Governatore del Maryland, visto che il Sindaco di Washington non ne disponeva e che poteva essere autorizzata solo dal Governo federale (leggi: Casa Bianca); l’uscita quasi trionfale dei vandali sotto gli occhi della polizia; il prosieguo della certificazione e le obiezioni al conteggio riconfermate da vari senatori Repubblicani con tanto di applauso di un centinaio di deputati del loro partito…

      Queste, le fasi surreali di un episodio destinato a rimanere per generazioni come una ferita nella memoria collettiva americana e la cui enormità, pratica e simbolica, non è stata ancora realmente metabolizzata sia in America che nel resto del mondo. Esso era peraltro nell’aria e maturava già prima delle elezioni, grazie alle paranoiche e tracotanti affermazioni di Donald Trump, secondo cui, se lui non vinceva, esse sarebbero state “truccate”. Come noto, gli ultimi due mesi sono stati poi marcati da un giornaliero diluvio di suoi messaggi su Twitter, costituiti da accuse di frode dello stesso tenore, peraltro regolarmente smentite da ben 62 corti di giustizia e dalla stessa Corte Suprema.

      Non c’è bisogno di continuare in questa sommaria e provvisoria ricostruzione degli eventi e tanto meno di ricordare gli antefatti di un quadriennio all’insegna del nepotismo, della gestione mafiosa e dell’abuso di potere (vedi il dossier Muller). Tutti questi elementi sono stati sottolineati a iosa dentro e fuori gli USA.

      In realtà, la miseranda parabola di quest’uomo, di cui non è ben chiaro l'esito finale, è solo un aspetto e il sintomo di una situazione che supera di gran lunga costui e che riguarda l’identità della società americana e dell’America come nazione.

       Egli ha agito come cartina di tornasole e prisma magnificante di umori, situazioni e tensioni che già esistevano. Il fatto stesso che un reality show-man, senza nessuna esperienza politica o plausibile serbatoio  intellettuale e per giunta protagonista di ripetuti scandali e fallimenti finanziari sia stato eletto come presidente, già questo sposta il focus su una parte considerevole della società americana. Il suo stesso non nascosto razzismo è del resto speculare  a quello di una fetta consistente di società americana. Milioni di individui si sono riconosciuti in lui, nel suo bullismo da strapazzo, nel suo trionfalismo superficiale, velleitario e condito di ignoranza. La frequenza degli episodi di violenza e abuso a carico di negri e ispanici mostra del resto quanto tale razzismo sia radicato e diffuso, nonostante le oleografiche proiezioni di un’America arci-democratica ed egualitaria. Paradossalmente, sono stati proprio il suo atteggiamento e le sue ripetute dichiarazioni razziste a stimolare l’attenzione, come raramente era avvenuto in precedenza, sugli episodi di violenza della polizia avvenuti durante il suo quadriennio.

       Per quattro anni egli ha affascinato intere folle al modo di un cobra o comunque le ha mesmerizzate come un intero Partito, quello Repubblicano, non era mai riuscito a fare. Certo, la mesmerizzazione di milioni di individui e lo sconcertante servilismo dI tale Partito (oltre a quella di un inespressivo Vice Presidente) hanno illustri antecedenti. Basta ricordare le osannanti adunanze fasciste e hitleriane e lo stile dei discorsi di un Mussolini e di Hitler per rendersi conto che Donald Trump ha mostrato esattamente la stessa stoffa. Un altro elemento in comune con il fascismo e il nazismo è l’assordante silenzio e l’omertà dei grandi Gruppi economici americani di fronte a una gestione palesemente erratica, autoritaria e socialmente divisoria e destabilizzante.

      Ora, a proposito del laissez-faire dei grandi Gruppi economici, il ruolo facilitante avuto dalle varie piattaforme mediatiche nel diffondere la corrosione e corruzione mentale trumpiana è difficilmente sottostimabile. Senza la melliflua ospitalità di quel grande  Ovile Planetario a nome Facebook e le giornaliere eruzioni di Donald Trump su quell’altro recettore di incontinenze pseudo-dichiaratorie a nome Twitter, il potere mesmerizzante di costui sarebbe stato immensamente inferiore. Sono state la colpevole indifferenza e la furbesca disponibilità di simili piattaforme mediatiche a diffondere le più stravaganti menzogne e distorsioni e a facilitare la corrosione delle intelligenze in milioni di succubi adepti. Ovviamente, quello dei perniciosi e incontrollabili effetti delle piattaforme mediatiche non ha niente a che vedere con Donald Trump, ma è anch'esso un frutto di una maldestra gestione della democrazia.

       Che le sospensioni dell’account di Donald Trump siano avvenute adesso, a tentativo di golpe avvenuto, non esenta le suddette piattaforme dalle loro pesanti responsabilità e non diminuisce il loro ruolo tendenzialmente anarchico e pericoloso, fondato su banali avidità pubblicitarie. Data la loro spudoratezza, le recriminazioni repubblicane secondo cui il blocco dell’account lederebbe sacrosanti diritti di libertà di opinione, non meriterebbero nessun commento. In realtà, dietro di esse si agita un fantasma irriducibile e irrisolto riguardo al senso e alla possibilità di quanto comunemente definito come “democrazia”. E’ stata infatti la democrazia a permettere che ben 74 milioni di Americani totalmente amebici e mesmerizzati votassero un capobanda mafioso. Se facciamo a meno delle tipiche caratterizzazioni politicamente corrette (e ipocrite), difficile non vedere in quei 74 milioni di votanti trumpiani, una sorta di amebica zavorra per l’America, che mette impietosamente in dubbio le pretese di quest’ultima di essere un faro e leader mondiale.

      In altre parole, ironicamente, democrazia e libertà di stampa hanno dato man forte a un personaggio come Donald Trump. Ma nuovamente, bisogna stare attenti a usare il termine democrazia. L’altro fattore destabilizzante, di cui il sistema politico americano non si è ancora liberato, è infatti il suo farraginoso e totalmente anti-democratico criterio dei Grandi Elettori, piuttosto che del voto popolare. Se avesse prevalso quest’ultimo, Donald Trump, con 2,8 milioni di voti popolari in meno rispetto a Hillary Clinton, non sarebbe mai stato eletto nel 2016 e adesso gli sarebbe stato difficile sostenere che i 7 milioni di voti in più di Joe Biden erano un “hoax” (truffa) dei Democratici, così come fece a suo tempo per il Covid.

      Come si vede, gli attori-protagonisti di questo disastroso episodio della vita politica americana non sono solo Donald Trump e la sua coorte di parassiti e sostenitori opportunisti. Il capro espiatorio è sempre stato utilizzato per spostare su altri le responsabilità. Le demonizzazioni unilaterali, vedi quella dell’Italia mussoliniana o della Germania hitleriana, supposte vittime di un unico grande colpevole, sono comode ma regolarmente false. Nel caso dell’America di questi giorni, la silenziosa omertà dei grandi Gruppi economici, il sostegno mediatico di varie piattaforme (oltre a quella della Fox, appartenente all’eminenza grigia a nome Murdoch), un sistema elettorale anti-democratico e il ventre molle di un’America credula e priva di capacità di giudizio hanno contribuito allo spadroneggiare di un capo mafioso.

      Esponenti dei due partiti potranno ora parlare della necessità di pacificare gli animi e ri-unire un’America divisa, ma intanto anche dopo l’assalto al Campidoglio, molti parlamentari repubblicani della Camera cercano di minimizzare il ruolo del Presidente nel tentativo di insurrezione, alcuni di essi arrivando addirittura a sostenere che il tono del suo discorso immediatamente precedente l'assalto era "pacifico" (sic). Ciò da solo suggerisce non solo la spaccatura del mondo politico americano ma l'improntitudine di un'intera classe politica conservatrice e ancora asservita a Donald Trump o per pura stupidità o per tema di perdere i favori della SUA base. Inoltre, mentre si moltiplicano le probabilità di un impeachment, gli vengono sbarrati gli accessi ai megafoni mediatici e si parla di cancellazione di lucrosi contratti e chiusura di rubinetti bancari,  costui continua a mostrarsi bellicosamente tracotante e addirittura a minacciare lo stesso Joe Biden. Chi nutre ottimistiche speranze in miracolosi dissolvimenti del suddetto zoccolo duro repubblicano e cambiamenti di indirizzo della famigerata zavorra si illude. Se le pacificazioni, come le prediche ecclesiastiche, non possono che avvalersi delle parole e dell’invito al buon senso e alla verità, è ingenuo pensare che degli ostinati settari e delle folle umane, che per 4 anni hanno passivamente bevuto una serie infinita di menzogne e di deliranti stupidità, possano miracolosamente rinsavire dall’oggi al domani. 

      E comunque entrambi questi lamentevoli attori della scena politica americana continueranno a godere (immeritatamente) del diritti politici. Questi sono i vantaggi-svantaggi della democrazia.

Antonello Catani, 11 gennaio 2021

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Trump lascia, in Italia restano gli orfani trumpiani

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Il numero dei consiglieri, ministri e consulenti in procinto di lasciare la Casa Bianca, aumenta per l’impossibilità di frenare l’indignazione dinanzi al comportamento del suo principale inquilino, peraltro a forte rischio di morosità. A sollecitare lo sfratto potrebbero essere infatti anche diversi parlamentari repubblicani, diventati improvvisamente ansiosi di votare alla velocità della luce una seconda procedura di impeachment. Il commento di Francesco Cundari su Linkiesta.

Donald Trump al capolinea

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La fatica (non scontata) che tocca a Biden

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Con il tragico epilogo di Capitol Hill l’America ha perduto quel che restava della propria autorità morale. Occorrerà del tempo, probabilmente molto tempo perché possa ancora stagliarsi sulla collina la città che per milioni di uomini e donne di ogni Paese – soprattutto quelli schiacciati dalle dittature, dall’intolleranza, dall’arretratezza e dalla povertà – era stata a lungo il faro cui guardare con speranza. Di quel sogno americano oggi resta ben poco. Ben più grave e profondo del turbinoso mandato di Donald Trump è viceversa il solco che si aperto nel cuore dell’America e altrettanto dolorosa la ferita che le è stata inferta. Il commento di Giorgio Ferrari su Avvenire.

Biden riuscirà a far dimenticare Trump?

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